Riappropriamoci delle risorse del territorio
03.01.2013, Articolo di Aniello Memoli (da “Fuori dalla Rete” – Dicembre 2012, Anno VI, n.5)
La tremenda situazione economica dell’Italia e del sud in particolare da una parte inibisce anche i nostri più timidi tentativi di reazione alla crisi ma dall’altra ci offre una clamorosa possibilità di ragionare seriamente sui risvolti occupazionali che il momento potrebbe offrire. Per aumentare l’occupazione è necessario percorrere nuovi canali e modificare il tradizionale approccio al problema lavoro.
La nostra economia industriale e post-industriale è in ginocchio per diverse ragioni e di errori ne abbiamo fatto e continuiamo a farne. I governi si affannano a trovare risorse per foraggiare, giustamente, le aziende in crisi la cui produzione non riesce a concorrere con quelle dei cosidetti paesi emergenti. Non possiamo continuare a produrre automobili se il mercato interno è depresso e se quelle degli altri sono migliori anche nel prezzo. Allora è inutile è dannoso insistere: bisogna cambiare registro, bisogna tornare alla terra. E’ ora che il turismo venga messo a centro delle politiche di sviluppo e che l’agricoltura torni ad essere il perno centrale della nostra economia, della nazione, della Campania, del nostro comune. Turismo ed agricoltura sono due aspetti complementari ma che, a mio parere, non hanno mai avuto una degna cabina di regia. In questo senso, in scala ridotta, il nostro paese può essere considerato un comune “campione”.
Bagnoli oggi è un paese vocato al turismo. D’altro canto i nostri avi hanno vissuto di agricoltura ed allevamento. Noi di cosa vogliamo vivere? Cosa auspichiamo per i nostri figli? Il nostro turismo è immaturo e la nostra agricoltura è primordiale. Le aziende turistiche e/o agricole indigene non fanno sistema e, soprattutto in periodi come questi, si azzannano a vicenda. I nostri giovani sono disorientati, non hanno ahimè prospettiva, né possono pensare di agire come negli anni passati, nemmeno l’emigrazione è una alternativa praticabile. Allora è necessario trovare da soli il rimedio: riappropriamoci delle risorse del territorio e reimpostiamo il nostro modello di sviluppo. Se facciamo un’analisi attenta e senza pregiudizi dei fattori di debolezza della nostra economia possiamo pensare di modificarli.
In un studio che nel 2008 l’amministrazione comunale in seno ai progetti del POR 2007-2013 presentò alla regione Campania (Dossier di candidatura denominato “PIANO INTEGRATO DI SVILUPPO TERRITORIALE LACENO” ) l’analisi critica di questi fattori fu ben messa in evidenza. Nel succitato documento di circa 30 pagine che si proponeva nel suo prologo di <<dinamizzare da un punto di vista socio-economico l’area dell’altopiano del Laceno attraverso importanti interventi mirati al recupero del sistema ambientale ed alla realizzazione\recupero di infrastrutture pubbliche e\o private da adibire a fini turistico-sportivi>>, l’analisi dello stato di fatto asseriva testualmente che “ l’area del Laceno è caratterizzata da una dimensione estremamente esigua del mercato locale, questo limite è tuttavia compensato – almeno potenzialmente – dalla notevole vicinanza a mercati di grande estensione ed elevato livello di sviluppo, rappresentati dalla fascia costiera, che ingloba il capoluogo provinciale di Salerno con gli insediamenti della sua cintura che lo unisce all’area metropolitana napoletana. I rapporti con il mercato costituiscono tuttavia un elemento di debolezza per una parte significativa delle attività tradizionali (agricoltura, artigianato, turismo), anche per la limitatezza (e la qualità non sempre adeguata) delle risorse finanziarie, umane e organizzative che le imprese sono in grado di destinare alle attività di commercializzazione “ . L’idea proposta del PIST è di “incidere sulle condizioni di sistema che possono favorire la ripresa di un processo di sviluppo economico e sociale equilibrato, diffuso e sostenibile, puntando sulla valorizzazione delle risorse endogene, ma in una strategia di apertura all’esterno, e sulla collaborazione fra gli attori locali (istituzioni pubbliche e private, imprese e loro associazioni, rappresentanti delle categorie sociali)”.
Nell’ambito di questo obiettivo generale – idea forza furono identificati tre ambiti di operatività fondamentali:
- consolidare ed ampliare il tessuto produttivo dell’area, nel rispetto della sua sostenibilità dal punto di vista ambientale e con particolare attenzione all’impatto occupazionale e all’innalzamento del livello qualitativo sia dei prodotti che dei processi produttivi;
- accrescere la qualità della vita dei cittadini e degli operatori economici, con particolare attenzione a favorire, da un lato, condizioni di crescita diffusa e, dall’altro, uno sviluppo economico sostenibile anche dal punto di vista sociale e culturale;
- valorizzare turisticamente le risorse naturali dell’area secondo un approccio integrato con le funzioni rurali, promuovendo lo sviluppo di attività quali la tutela del paesaggio, il presidio del territorio, la rivalutazione delle tipicità enogastronomiche locali, ecc.
Sempre nel PIST l’analisi degli obiettivi specifici possibili portava a ribadire che “ L’area del Laceno , pur potendo contare su di una consolidata vocazione turistica, con buone potenzialità di sviluppo verso i sistemi limitrofi e di interconnessione al suo interno, soffre attualmente di sintomi particolarmente critici quali il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione, ma anche delle conseguenze legate ai rischi di degrado idrogeologico ed ambientale, segnali emblematici, questi, di un pericolo di isolamento e di perdita di competitività dell’Altopiano del Laceno. Il sistema ricettivo alberghiero nel comprensorio, pur testimoniando la chiara vocazione turistica dell’area, presenta una strutturazione probabilmente non più adeguata sia alle mutate dinamiche dei flussi turistici sia ai più attuali standard qualitativi. La maggior parte delle contraddizioni presenti su questo comprensorio, ovvero quelle che hanno maggiori ripercussioni sui sistemi di sviluppo locale sono riconducibili ad alcune tematiche fondamentali di ordine sociale, economico e culturale. Il sistema socio-economico analizzato sconta, prima di tutto, una forte tradizione particolaristica, tipica delle località interne e rurali.(………) La mancanza di innovazione, per quanto attiene al mondo agricolo come a quello produttivo industriale o dei servizi, è un tratto che si ripete con insistenza nella storia di questi luoghi, mancanza colmata da una forte tradizione popolare che si mantiene ancora oggi intensa. Se da un lato quindi la chiara tendenza al particolarismo ha permesso di preservare i tratti specifici di una tradizione, dall’altro ciò è stato a lungo la causa principale del ritardo e della limitatezza dello sviluppo locale. Un posto a parte, all’interno di questa problematica è occupato dai temi legati all’agricoltura. Il progressivo abbandono del settore agricolo e produttivo legato alle attività rurali ha provocato un vuoto nella manutenzione del territorio montano che si sta rivelando sempre più pesante, anche alla luce dei gravi fenomeni di erosione idrogeologica verificatesi negli ultimi anni. Tali contraddizioni pagano anche il prezzo di una accentuata frammentazione fondiaria che ostacola la promozione di competitive politiche di sviluppo. (………) . Il territorio è qui considerato come una risorsa da utilizzare pienamente, sviluppando tutte le sue opportunità nel pieno rispetto della cultura, della realtà economica e sociale e dei valori dell’ambiente e del paesaggio (………) .Da qui l’esigenza che le proposte di coinvolgimento di operatori economici, investitori istituzionali e di settore, tengano conto della necessità di valorizzare le risorse locali in una prospettiva di condivisione delle scelte che dovranno, comunque, essere recepite negli strumenti di programmazione locale e comunitaria. Gli obiettivi che bisogna porsi sono quelli di diversificare, potenziare e promuovere un’offerta turistica non più incentrata esclusivamente sulle risorse della montagna e della neve durante i mesi invernali, ma che si sviluppi in sinergia con le altre risorse locali (natura, produzioni tipiche, tradizioni, storia, cultura), in alcuni casi già esistenti ma da valorizzare e implementare sotto l’aspetto del servizio, in altri da recuperare e promuovere. Obiettivo principale è integrare un turismo settoriale, quello “invernale-sciistico”, a un “turismo rurale” comprensivo di turismo verde, di eco-turismo, di turismo alternativo, in montagna, di turismo intelligente, culturale e didattico che renda fruibile il Laceno nella dimensione di un sistema di risorse complesso, diversificato e disponibile durante tutto l’arco dell’anno.”
Come il lettore attento può notare l’analisi fornita nel succitato PIST , aldilà delle progettazioni poste in essere e del suo fine, fornisce un’accorta analisi delle peculiarità del territorio e delle sue ancorate deficienze . Rispetto al 2008 la situazione economica è tristemente peggiorata ma le analisi ed i rimedi sono gli stessi. E’ di questi giorni la vendita ad un’asta pubblica del materiale legnoso proveniente dalla sezione detta dell’”Impiccato“. Coma già succedeva in passato un’azienda non locale si è aggiudicata la gara. Il legname sarà tagliato da gente non locale, trasportato altrove e li inserito nella filiera del legno. Ancora una volta la montagna che produce economia diretta è bistrattata. Perché negli anni recenti nessun imprenditore ha ritenuto di investire nel settore: seppure ci siano ditte apposite queste si occupano sono di una piccola parte della filiera costituita dal legname da ardere che tra l’altro mi sembra alquanto inflazionata.
Ottima è stata l’iniziativa dell’associazione tartufai che almeno riesce a disciplinare il periodo di raccolta ma della filiera del tartufo non si ha nessuna notizia . Buona parte del prodotto venduto sotto il nome di “Tartufo di Bagnoli” è confezionato altrove: la cosa è perlomeno strana . Significa che una parte della redditività che si trascina il prodotto non rimane sul posto. Anche in questo caso non si riesce a fare sistema ed una evidente dimostrazione di ciò la ritroviamo in come si è affrontato, sin d’ora, il problema dei cinghiali. Il carico di cinghiali attualmente presente non è più sopportato dal territorio e questi animali si sono riversati nelle proprietà private, nei castagneti e nei terreni messi a coltura sull’altopiano Laceno e soprattutto, devastano le tartufaie presenti sul demanio comunale, creando ingenti danni alla produzione. L’amministrazione comunale e l’associazione tartufai, attraverso sollecitazioni e una raccolta di firme hanno sollevato il problema a livello provinciale e regionale ma non abbiamo ancora ottenuto l’autorizzazione all’abbattimento selettivo, come in altri posti.
La castanicoltura mai come adesso sembra in ginocchio per le ragioni note. Quando però ha prodotto economia non è mai riuscita, se non in casi sporadici, a trasformare il produttore in imprenditore. Anche l’approccio al problema cinipide galligeno del castagno mi sembra affrontato un po’ superficialmente, quasi artigianalmente . Mentre in altri posti, come a Roccamonfina si è dato vita ad un progetto affidato alla direzione del Professor Emilio Guerrieri della sezione del C.N.R. dell’Università di Portici con la distribuzione ed il monitoraggio di 100 coppie di esemplari antagonisti (torymus sinesi), noi siamo appesi alle iniziative, sicuramente apprezzabili, di uno sparuto gruppo di produttori.
Sulla piana del Laceno nel passato si produceva un po’ di tutto ed in particolare un’ottima patata che aveva anche un suo mercato. Nessuno mai ha pensato di riproporne una produzione in scala più ampia in un contesto campano dove gran parte dei prodotti agricoli indigeni sembrano provenire da terreni inquinati o quantomeno prodotti con sistemi non prettamente biologici.
Quando al turismo la situazione mi sembra ancora più grave: la crisi economica ha evidenziato molte deficienze della nostra offerta turistica. Quella che noi ancora proponiamo con ottimi cibi e rinomati prodotti non riesce più ad attrarre l’utente medio-alto. Del turismo alternativo, del “turismo rurale” comprensivo di turismo verde, di eco-turismo, di turismo intelligente, culturale e didattico c’è poca traccia. Il turismo “invernale-sciistico” non può da solo garantire un afflusso costante tale da consentire una sola specifica programmazione, ma deve essere integrato con un’offerta del territorio in senso allargato anche agli altri attrattori comprensoriali (“San Francesco” ed il “Monte” a Montella , “San Gerardo” e le “Sorgenti del Sele” a Caposele , il “borgo”di Nusco , il “centro antico” di Senerchia, gli “splenditi scorci” di Calabritto ecc.). Le imprese turistiche non fanno sistema e si continua a fare artigianato del turismo. Il rifacimento degli impianti sciistici, la cui gara di appalto sarà pubblicata in questi giorni, sia per l’importanza del progetto, sia per la possibile attrattività verso nuovi operatori ci offre una clamorosa opportunità per rivedere tutto il sistema turismo Bagnoli.
Quanto sopra non può esaurire tutte le problematiche inerenti il turismo e l’agricoltura ma cerca di spingere per una discussione ed una rivisitazione, non più rimandabili, delle problematiche del lavoro a Bagnoli.
Indubbiamente un bell’articolo, scritto bene, ma sono cose dette e stradette da anni…adesso oltre alle 8mila parole, ci vorrebbero 8mila fatti. Qualcuno ha già pensato di agire, ma purtroppo ogni cosa che viene fatta per Laceno, sembra che sia uno sfregio per qualcun altro. Perchè succede? eppure l’amore per Laceno credo sia un punto comune. Il mio commentare qui non nasce per colore politico (di cui ripeto per l’ennesima volta non frega assolutamente nulla), critica sterile o qualsiasi altra cosa, ma semplicemente perchè quando vedo gente che ama la località in cui io sono cresciuto sin da bambino, sento il mio cuore pieno di gioia, a voi non capita? Purtroppo gente che ama Laceno ce ne è sempre di meno, perchè purtroppo il modo di fare attuale è inconcludente e sempre piu gente punta il dito contro questa bellissima località.