“Roosevelt 2012″
03.10.2012, Articolo di Emilio Sergio (*)
Esistono due letture, che si elidono e tentano di confutarsi a vicenda, dell’attuale crisi economica e sociale. Due teologie che si attaccano a colpi di anatemi e formule ideologiche. Ormai addentro al quinto anno della crisi finanziaria iniziata negli Stati Uniti, il conundrum sul “perché tutto ciò è potuto succedere” è tuttora irrisolto.
Da un lato indignati, neo-keynesiani e sinistre europee e americane vedono nella deregulation iniziata negli Anni Ottanta l’origine dei guai. Dall’altra, economisti e intellettuali liberali considerano i tassi troppo bassi e il conseguente eccesso di debito come il vero vulnus all’economia di mercato. Il loro refrain è pertanto quello classico: non lasciate che i cattivi debitori rimangano in vita. Togliete i lacci e liberate gli animal spirits. La selezione darwiniana farà il resto.
Senonchè dal 1978 ad oggi, come ricorda Federico Rampini nel suo recente libro “Non ci possiamo più permettere uno stato sociale?” nella terra promessa della deregulation reaganiana l’1% degli Americani ha visto aumentare il proprio reddito del 256% mentre il potere medio della famiglia americana è rimasto stagnante. E dalla fine ufficiale della recessione USA (2010) il 93% degli aumenti è stato sequestrato ancora dall’1% dei privilegiati.
Il governo dei ricchi, la plutonomia: il fondo d’investimento Blackrock che amministra 3500 miliardi di dollari, più di qualsiasi banca centrale. Goldman che ha attivi superiore alla Banca Centrale Europea.
Tornare a dividersi, ricorda splendidamente Danilo Taino in un blog, è allora un bene. Occorrono idee su cui litigare per ricostruire le politiche e la politica. Un gruppo di trentanove economisti, politici, artisti, ecc. ha prodotto in Francia nello scorso aprile un manifesto molto tosto che fa appello ad una soluzione rooseveltiana della crisi. Fra i firmatari, anche l’ex calciatore Lilian Thuram.
La situazione spiega il manifesto, è semplicemente più grave di quanto ci dicono. Di fronte al Grande Disastro, i governi prestano ancora ascolto ai professionisti delle “triple A” continuando a proporre ricette che aggravano la disoccupazione L’austerità imposta dalla UE può soltanto spianare la via a regimi autoritari.
Sull’economia mondiale sta per scatenarsi «una tempesta di inaudita violenza», continua il manifesto, forse già nel 2016. Le nubi che si addensano sono i debiti, la disoccupazione, le crisi energetica e climatica e alimentare, il disorientamento europeo, la possibilità che «gli Stati Uniti cadano in una recessione di portata storica», la probabilità che la bolla immobiliare cinese scoppi e i mandarini di Pechino reagiscano in modo autoritario. Come si riprende il bandolo della matassa ? Capendo dov’è la causa. Per decenni, l’economia occidentale ha prosperato in un rapporto fra le retribuzioni dei top managers e quelle dei lavoratori all’incirca di 20 a 1. E se oggi siamo arrivati a 200 volte e più, è chiaro che il sistema non può reggere. E alla favoletta del trickle down, del grasso che dal vertice della piramide dovrebbe colare giù e lubrificare anche la base della piramide, non crede più nessuno. Moment Roosevelt vuole dunque essere l’inizio di una ricostruzione neo-keynesiana della Francia e dell’Occidente.
Come fece Roosevelt all’epoca, il collettivo “Roosevelt 2012” propone quindici riforme da applicare immediatamente. Innanzitutto, bisogna mettere fuori gioco i mercati finanziari. La Banca centrale europea dovrebbe stampare denaro, darlo a tasso zero a certe istituzioni come la Banca europea per gli investimenti o alle Casse depositi e prestiti, le quali poi li girerebbero a tassi dello 0,02 per cento agli Stati. I quali smetterebbero così di pagare interessi sul debito. Dunque: monetizzazione del debito, un’ imposta europea sui dividendi, una nuova tassa sul reddito, una lotta senza quartiere contro i paradisi fiscali, la riduzione del tempo di lavoro per avere meno disoccupati, una tassa sulle transazioni finanziarie, il divieto alle delocalizzazioni produttive, investimenti nell’edilizia abitativa, una dichiarazione «di guerra ai cambiamenti climatici», un nuovo modello di sviluppo basato sull’economia sociale e solidale, maggiori redditi al lavoro e infine un’Europa democratica fondata su un trattato sociale.
E’ questa, secondo voi, la strada per ridurre le bolle che si sono create, da quella del debito a quella immobiliare? Tifate per una impostazione neo-keynesiana che vuole creare prima di tutto occupazione e redistribuzione dei redditi attraverso un ruolo dirigista dello Stato? Oppure pensate sia più serio il rigore monetarista di Herr Weidmann e di Frau Merkel?
Anche se non c’è il tasto verde ed il tasto rosso, invito gli amici di “PalazzoTenta39” e i visitatori del sito ad esprimere il proprio punto di vista.
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(*) Responsabile Divisione Private Banking della Banca della Campania SpA
(Relatore alla 2ª Conferenza Tematica 2009 “Finanza: il comportamento dei risparmiatori nei momenti di crisi. Impresa: come costituire e gestire un’azienda”)
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