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Gli Hirpini e il Sannio ritrovato

02.10.2012, Articolo di Domenico Cambria (da “Il Corriere” del 30.09.2012)

Oggi le due comunità si contendono la titolarità della provincia ma in passato erano unite, parte dello stesso ceppo sannita, pronte a combattere insieme contro il comune nemico rappresentato da Roma.

Chi ci parla in maniera storicamente chiara degli Hirpini, termine che deriva da “hirpo”, lupo in lingua osca, sono Strabone e Festo. Il primo riferirsce che: “Viene poi il popolo degli Hirpini, anch’esso di ceppo Sannita. Ricevettero questo nome dal lupo che fece da guida alla loro migrazione: i Sanniti chiamano hirpus il lupo. Confinano con i Lucani dell’entroterra”. Il secondo: “gli Hirpini sono così denominati dal nome del lupo, che i Sanniti chiamano (h) irpus; avendo infatti seguito quello come guida, occuparono il territorio”.

Il territorio occupato era quello dell’Alta valle del Calore, quando essi giunsero alle sorgenti del fiume. Razziatori e predoni, i Sanniti si spostavano con un rito detto “Ver sacrum”. E’ certo che con un primo rito essi giunsero nella nostra penisola, occupando successivamente buona parte del centro Italia. Chi meglio di tutti narra il rito del “Ver sacrum” è ancora Strabone, che così lo descrive: “Circola una tradizione secondo la quale i Sabini, impegnati da molto tempo in guerra contro gli Umbri, fecero voto (come certe popolazioni greche) di consacrare agli dei tutto ciò che sarebbe nato in quell’anno. Conseguita la vittoria, parte ne immolarono, parte consacrarono; ma scoppiata una carestia, qualcuno sostenne che bisognava consacrare anche i figli. Così fecero, e consacrarono ad Ares i figli nati durante l’anno. Non appena divennero adulti, li inviarono a fondare una colonia: fece loro da guida un toro. Poiché il toro si fermò a riposare nel Paese degli Opici (l’attuale Molise), essi li scacciarono, si stabilirono sul posto e lì sacrificarono il toro ad Ares, che lo aveva dato come guida.

Da questo primo “Ver sacrum” discesero tutti gli altri: i Piceni seguendo un picchio si stabilizzarono a Nord, tra l’attuale confine delle Marche con gli Abruzzi; i Marsi seguendo un orso si stabilizzarono ad occidente, al confine con gli Aequi, pressappoco nella zona di Avezzano e Tagliacozzo in Abruzzo; i Pentri si stabilirono dove appunto il toro si fermò, in Molise; i Frentani seguendo un cervo si stabilirono lungo la costa tra Guglianese e Vasto; gli Hirpini, seguendo un lupo, detto “hirpo” in lingua Osca, discesero il Volturno e risalirono il Calore sino alla sua sorgente. Da questa zona, detta zona “madre, i sanniti hirpini occuparono tutto il territorio circostante giungendo sino ai monti cilentani e in Sila. Altri gruppi occuparono tutte le zone limitrofe ai fiumi, quali il Sabato, l’Ufita, il Miscano, il Cervaro, il Sele e l’Ofanto. Il territorio occupato dagli Hirpini andava dall’attuale confine con il Molise sino ad Acerno, Campagna, Giffoni Valle Piana e Pontecagnano. Strada facendo essi conquistarono città importanti quali Telesia, Caudium, soprattutto Malventum, che successivamente divenne la capitale di tutto il vasto territorio conquistato. Il nome di quel territorio era Hirpinia. Quelli che oggi si dichiarano essere i soli sanniti, i beneventani, erano Hirpini. L’Hirpinia era la regione più estesa, gli Hirpini i più irriducibili. I reperti rinvenuti tra Bagnoli, Nusco e Montella confermano la loro origine di stampo pre-celtico. Il sistema abitativo era strutturato sul tipo paganico-tribale. L’unità più piccola era rappresentata dal”vicus”; più vicus costituivano un “pagus”; più pagus un “touto”. Il Meddix era l’autorità più rappresentativa e svolgeva un ruolo che andava dal magistrato al sacerdote. Il Meddix-Tuticum era l’autorità del “touto”.

Ad Aequum Tuticum, la vecchia Ariano, risiedeva un Meddix-Tuticum. Ma è meglio chiamare questa città sotto il suo vero nome: Touxion, la città più potente del Sannio dove le tribù si riunivano in caso di guerra sotto la protezione di una dea apportatrice di vittoria, l’Afrodite Nicefora, trasportata successivamente a Roma dal console romano Fabio Gurgens, pro console in Hirpinia dopo la battaglia di Aquilonia e la sconfitta dell’intero Sannio. Nei 400 anni che i Sanniti furono impegnati contro Roma per la difesa del loro territorio, essi si organizzarono in una “lega” che comprendeva solo quattro delle numerose tribù: i Caraceni, i Pentri, i Caudini e gli Hirpini. Ma i Caraceni e i Caudini non erano altro che due appendici dei Pentri e degli Hirpini, ragion per cui il Sannio era composto a Nord dalla tribù dei Pentri, a sud dagli Hirpini. La prima guerra (343-341.C.) non toccò direttamente il territorio hirpino e dei pentri in quanto Roma stava occupando quello posto a nord, con la presa di una prima Bovianum e di Alfedena (311 a.C.). Stessa cosa dicasi per la seconda guerra sannitica (326-304 a.C.), dove vi fu la famosa battaglia delle Forche Caudine. Roma intenta a penetrare nel Sannio Hirpino attraverso la valle Caudina, con la sonora sconfitta che conosciamo. Nella II guerra sannitica, Roma occupò una seconda Boviaum, l’attuale Bojano, vale a dire la capitale riconosciuta di tutto il Sannio. Quindi già nella II guerra sanitica gli hirpini furono interessanti da importanti dispute belliche.

La III guerra sannitica invece (298-290 a.C.), toccò direttamente tutto il territorio hirpino, accesa dal fatto che questi avevano invaso alcuni pascoli lucani situati lungo il confine. Ma fu solo un “casus bellicum”. Roma inviò subito sul posto delle operazioni il console Cneo Fulvio Centumalo il quale nel 298 a.C. conquistò prima Romulea (Bisacia), poi Murgantia (Una murgia del Calaggio), poi ancora Ferentinum (Lioni), infine una ennesima Bovianum posta prima dell’Aufidus (Ofanto) e prima della Lucania stessa, dove il console di seguito si portò. Questa Bovianum era posta alla località Valle Romana di Bagnoli, tra due roccaforti sannite ben conosciute, Batulum (Bagnoli, casale detto del Tara-Turo) e Nucras (Nusco). Ma equivoci ed incomprensioni sorsero verso il 1600-1700, quando per la prima volta si ricompose la storia del Sannio, nati dalla frase di Tito Livio quando dice: “…la nobiltà ed i reduci di Aquilonia, si rifugiò a Bovianum…”. I molisani ritennero fosse la loro Bovianum, quindi spostarono tutta la III guerra sannitica in Molise e le località interessate, oggi duplicate! Nessuno se ne accorse. Pochi. Tra questi lo storico nuscano Nunzio Maria della Vecchia, il quale non solo avvisò gli irpini dell’errore storico commesso, bensì di tutti i reperti rinvenuti a Fontigliano e dintorno, venduti per quattro soldi ai commercianti di arti.

Ma mentre i Pentri si assuefecero alle leggi di Roma, questo non accadde mai per gli Hirpini. Cinquanta anni dopo la sconfitta di Aquilonia, approfittando del fatto che Pirro si trovava presso i tarantini, chiesero aiuto al condottiero epiro. Ebbe così inizio quella che per molti storici è considerata la IV guerra sannitica, tutta portata avanti degli Hirpini. E per Hirpini intendiamo sempre dire il territorio che andava dal confine con il Molise sino a Giffoni valle Piana. Pirro si portò sul nostro territorio scorazzando con i suoi elefanti da una parte all’altra, senza avere però dentro quella voglia di vendetta che contraddistingueva gli hirpini. Per cui, alla fine ai Sanniti toccò l’ennesima sconfitta: il console romano Manlio Curzio Dentato conquistò finalmente Malventum (Benevento), che ancora non era caduta nella mani dei romani. La pace che ne seguì fu molto dura per gli Hirpini, soprattutto per quelli delle montagne che l‘avevano avviata, vale a dire per i Sanniti di Volturara, Montella, Bagnoli, Acerno, la Baronia ecc.

Gli Hirpini furono separati dal restante Sannio e confinati sulle attuali montagne. Una fascia di rispetto che andava da Benevento a Lucera, larga da Taurasi circa sempre sino a Benevento, li confinava come in una riserva indiana sui loro monti. Ma restò loro il nome di Irpini, cosa che nessuna tribù o territorio odierno ha. Eppure fuori dal Sannio. Una colonia di Piceni venne a ripopolare le nostre terre. Loro capitale fu Picentia. Quando anni dopo Augusto divise l’Italia in regioni, gli hirpini non furono inclusi nel Sannio (IV Regione), ma in Apulia (II Regione). La striscia di terreno che fu loro tolta, l’Agro Taurasino, fu per molti anni ager publicus romano e venne affittato come terra da pascolo oppure occupata dai reduci romani. Malventum fu trasformata in una colonia latina con il nome più augurale di Beneventum. A rimpiazzare l’antica capitale hirpina fu Compsa. Ma la voglia di riscatto era sempre viva nel cuore degli hirpini. L’occasione si presentò ancora una volta dopo la battaglia che Annibale aveva vinto a Canne contro i romani, località posta a pochi passi da Compsa. Stazio Trebio, avversario della fazione filo romana dei Mopsi e dux compsano, chiese l’aiuto del condottiero cartaginese il quale inviò subito il fratello Magone, che nel 216 a.C. conquistò dapprima Compsa poi tutte le città limitrofe. Ma, come in tanti altri casi, Roma non cede: aveva conquistato il mondo, come poteva non conquistare il centro e sud dell’Italia? A questo punto occorreva chiudere il conto. Nel 209 a.C. gli Hirpini furono indotti a sottomettersi nuovamente a Roma, arrendendosi al console Q.Fulvio Flacco. A seguito di questa seconda disfatta, una colonia di 45.000 liguri venne a ripopolare i famosi “campi taurasini”, poi tutto il territorio interno irpino. Questi sono stati gli Hirpini. Questo siamo stati noi. E bisogna dirlo ai beneventani, in questi giorni, seduti sui loro scranni di città e di provincia a guardarci in cagnesco. Altrimenti si corre il rischio di aprire una disputa tra comunità che una volta appartenevano alla stessa tribù.

Nell’82 a.C., arriviamo alla fine dei sanniti hirpini. Al termine delle guerra sociale, gli hirpini, che intanto si erano alleati a Mario, con a capo il caudino Gavio Ponzio detto il Telesino, riorganizzarono le forze e si diressero a Porta Collina per affrontare ancora una volta, l’ultima, il nemico di sempre: Roma. Si combatté sino all’alba. Silla uccise tutti gli hirpini e i caudini poi li massacrò a colpi di scure, prese i cadaveri dei condottieri più in vista, mozzò loro il capo e li conficcò sui pali che circondavano il campo, secondo un antico rito celtico. In quell’occasione la sua ferocia fu tale da impietosire gli stessi romani. “Mai Roma potrà vivere in pace sino a che un solo sannita (e questa volta il riferimento valeva soprattutto per gli hirpini) avrà formato una comunità a sé”. Da allora degli hirpini non si parlò più. Cosa era, quindi l’Hirpinia durante il periodo sannita? L’Hirpinia era un vastissimo territorio che vedeva in Malventum la capitale, Abellinum (Atripalda) con Sabazia, ricche città del Sabato; Compsa, detta l’ornata per la sua bellezza naturalistica; Trevicum, il centro della nobiltà sannita; Bovianum un insediamento che ripeteva il nome della capitale pentra; Touxion, la città politicamente più potente del Sannio; infine la Valle d’Ansanto con il tempio più importante sempre del Sannio dedicato alla dea Mefite. Tutto cancellato.

Oggi tutto riscoperto. Non sarebbe più opportuno, invece che ingaggiare un aguerra fratricida, cercare la strada giusta per unire ciò che nessuno di noi era mai riuscito a realizzare? Unificare l’antico territorio Hirpino, ringraziando Monti per questo? Come si fa a combattere contro chi, per secoli, è stato al nostro fianco ed ha costituito il nostro territorio? Ma questo i beneventani devono saperlo, occorre dire loro che Benevento era potente anche perché dai due fiumi hirpini, il Calore e il Sabato, alla loro città giungeva ogni tipo di ricchezza. E per farlo occorre subito aprire un dibattito. Ariano deve fare questo.

A chi il capoluogo? Si vedrà. L’importante è capire che siamo seduti per costruire non per distruggere, e che dinanzi a noi non c’è un nemico ma un amico da capire. Uno di fronte all’altro, al di là degli interessi personali, solo per costruire qualcosa che sino ad ieri per tanti era un sogno. Un’occasione storica irripetibile che non possiamo sciupare, un treno unico che non passerà mai più. E la questione diventa ancora più importante, se si pensi che alla nostra Hirpinia potrebbe improvvisamente aderire anche il Molise. Questo perché essendo rimasta con una sola città e un territorio esiguo, rischia di essere assorbita dagli Abruzzi. E al Molise conviene più andare con gli Abruzzi oppure ricostruire l’antico Sannio in una regione che non potrebbe essere inferiore neppure all’Umbria.

                                                                                                       

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