Il sogno fuori dal cassetto
22.06.2012, Articolo di Antonella Iuliano (da “Fuori dalla Rete” – Giugno 2012 – Anno VI, n.2)
I libri sono rifugi dalla cattiveria del mondo, sono finestre di luce aperte li dove la vita ci rinchiude nel buio. (Antonella Iuliano, Come petali sulla neve)
Esistono sogni che ti porti dentro da sempre, magari all’inizio non li riconosci nemmeno, pero poi arriva un giorno in cui tutti gli indizi sparsi nel tuo passato diventano improvvisamente prove. Allora ti senti pronto, avverti quella carica, quella spinta, quell’energia che non ti permetterà di fermarti davanti a niente. Se e vero che ognuno di noi ha un talento, un dono, una predisposizione, nel corso della mia vita scrivere si è rivelato il più essenziale dei doni.
E’ necessario un piccolo viaggio all’indietro perché non si diventa autore di un’opera a caso, no, dietro quell’opera c’è sangue che pulsa, ci sono notti di silenzio dove l’unico rumore e il battere delle dita sulla tastiera del proprio pc. Proust sosteneva che l’unica vita veramente vissuta e la letteratura, ho fatto mia questa frase perché guardandomi indietro ogni volta che ho aperto un libro, specie se di letteratura, mi sono sentita viva. Mi sono sentita viva quando da bambina esprimevo il mio mondo interiore con il disegno, raffigurare la realtà sopperiva la capacita di scrivere di cui ancora non disponevo. Gli anni d’istruzione, di formazione e di crescita umana, con i loro alti e bassi, sono sempre stati accompagnati da libri che non erano scolastici, ma erano le opere di uomini che in quelle righe avevano firmato la loro immortalità. C’è sempre stato un libro, un racconto, nelle mie giornate, come un compagno fedele. Anche solo una settimana senza era quasi un dolore fisico. E mentre le letture si accumulavano negli scaffali della mia mente quelli reali appoggiati alle pareti della mia stanza iniziavano a traboccare. Mi sono sentita viva quando alle medie il tema o il compito in classe consisteva in una traccia libera, erano quelli i primi sintomi della voglia di scrivere. Quindi non c’è da stupirsi se mi sono sentita viva anche le volte in cui un libro lo chiudevo per lasciare spazio alla mia inventiva.
E se ne avessi scritto uno io? Quella era la fedele domanda che mi portavo dietro, o meglio dentro. Magari nessuno lo avrebbe mai saputo, magari se ne sarebbe stato lì nel cassetto della scrivania o nell’hard disk del computer e forse tra cento o duecento anni – almeno così mi suggeriva la mia indole romantica – sarebbe stato ritrovato da qualcuno, lo avrebbe letto e sarebbe stato un po’ come riportare in vita qualcosa di me. Nel corso degli anni scrivere la storia che oggi è raccontata nel mio romanzo è stato come un’alba che prometteva una bellissima giornata di sole, ma il sole non arrivava mai a mezzogiorno, le nuvole erano sempre in agguato e così iniziavo e lasciavo morire la cosa. Tanto era un sogno, solo un sogno in una realtà piccola, stretta.
Nel Settembre del 2011 qualcosa è cambiato, credo di aver capito che non dovevano esserci nuvole a fermarmi, tanto ci sarebbero sempre state, poteva scatenarsi anche l’uragano, quel libro, il mio libro era quello che più desideravo al mondo, era dentro di me e la mia anima era pronta al parto. Così pian piano, sorprendentemente quel cassetto in cui il sogno riposava si è socchiuso e quando due mesi dopo ho raggiunto quella piccola ma grandissima parola a cui ogni romanziere anela e cioè la parolina “fine”, credo sia stato il momento in cui ho centrato perfettamente il mio essere.
Il cassetto era aperto finalmente, il manoscritto stava lì. FINITO. Cosa fare ora? Qualcuno lo doveva leggere, qualcuno doveva darmi una certezza o una delusione colossale per farmi, in entrambi i casi, andare avanti. Così pochi giorni dopo ho seguito di nuovo il mio istinto, volevo un editore, piccolo o grande che fosse,perché il mio libro non poteva restare un manoscritto sepolto in un paesino di montagna. Lo dovevo al mio romanzo, lo dovevo a me stessa. Una semplice e-mail ad una casa editrice che avevo colto subito come ideale per me ed è iniziata una nuova attesa. Ora immaginatemi, immaginate questa ragazza che spera di diventare madre di un’opera e non di un figlio, questa raragazza che per altri due mesi controlla ossessivamente la sua posta elettronica nella speranza che quel SI arrivi. Alla fine la sospirata e-mail è arrivata portando con sé un carico di emozioni indescrivibili.
Ora autrice, scrittrice, sinonimi del termine o no, io questo momento particolare non lo so descrivere. È uno di quei momenti che si possono solo vivere. Il mio romanzo, ha visto la luce nella sua forma definitiva nello scorso Marzo, averlo tra le mani, sfogliarlo e sapere che qualcuno, in qualsiasi luogo d’Italia magari lo sta leggendo, è la mia realizzazione. Quando mi è stato chiesto di preparare questo articolo non ero sicura di come improntare il racconto di questa esperienza che ha segnato il mio piccolo, umile ingresso nel fantastico mondo della letteratura, allora ho deciso semplicemente di lasciar parlare il mio amore per essa. Spero di esserci riuscita. Il mio sogno oggi è fuori dal cassetto e lo è perché io ci ho creduto con tutta me stessa. Ho fatto quello che sentivo da sempre e l’ho fatto quando ho avuto la maturità per farlo. Le cose non accadono a caso, le cose accadono quando le vogliamo davvero. Il mio romanzo è la mia prova a cui mi auguro ne seguiranno tante altre perché questo è un sentiero della mia vita che spero diventi strada maestra.