Inno all’Immacolata Concezione
17.06.2012, Commento di Aniello Russo
L’inno alla Madonna, musicato dal maestro Satriano nella seconda metà del secolo XIX, è tanto bello quanto di non facile comprensione; e la difficoltà nasce dal linguaggio erudito del testo letterario, scritto dal sacerdote bagnolese S. Pescatore. Diversamente è capitato agli altri canti religiosi, come quelli del Venerdì Santo (Quannu Gesù stìa ncroci e muribondu oppure La Morte r’ Gesù Maria s’affanna), di cui presto si impossessò l’immaginario collettivo della gente di Bagnoli, riproponendo in dialetto un testo ugualmente di origine dotta, ma che nell’immediatezza dei sentimenti palesa il sentire drammatico del nostro popolo. Per questo motivo, mi è parso opportuno proporre, nella ricorrenza festiva di quest’anno, un commento esplicativo nella speranza di rendere accessibile a tutti la lettura delle strofe.
testo commento
O del mar lucente stella, O tu che sei la stella luminosa del mare o del Ciel alma Reina, e la benefica Regina del Cielo, Vergin Santa, Vergin Bella, Vergine santa e bella, degna Madre di Gesù, la degna madre di Gesù,_____________________________________________________________
Licenza Congedo
Vergin bella, Vergin santa, Vergine bella, o tu vergine santa, degna Madre di Gesù, tu sei la degna madre di Gesù, qual Ti crede onora e vanta ogni gente che vive sulla terra ogni popolo quaggiù. ha fede in te, ti elogia e ti onora.***
L’inno si configura come una preghiera dell’intero popolo bagnolese, rivolta alla Vergine Immacolata da un Coro di giovinette, che ancora non hanno conosciuto le insidie del mondo (guida tu la loro sorte).
La scena è come divisa su tre piani: il primo, il più alto, è rappresentato dal carro (che è un pezzo di Paradiso sceso sulla terra di Bagnoli) in cima al quale è ritta la Madonna, circondata dal corteo degli angeli, disposti come petali di una rosa (l’immagine è dantesca, ma riproduce pure la disposizione di tanti dipinti del Rinascimento), e protetta dall’arcangelo San Michele, che vigila con la spada sguainata; il secondo piano è rappresentato appunto dal Coro delle Verginelle che stando in piedi si rendono interpreti delle preghiere dell’intero popolo bagnolese, che sta prostrato più in basso (terzo piano).
Dopo l’elogio alla Patrona e il riconoscimento del suo infinito potere presso il figlio Gesù, il Coro espone i meriti della gente di Bagnoli, che si distingue per i tanti ingegni a cui ha dato i natali, per pietà filiale e per amore paterno (affetti volti alla terra), ma anche per la profonda fede cristiana (affetti volti al cielo).
Nelle strofe quinta e sesta si racchiude la preghiera che si leva dal cuore di tutto il paese: la Madonna conceda aiuto e protezione ai commercianti costretti a partire per terre lontane, ai pastori impegnati in una attività disagevole, agli artigiani che realizzano prodotti con le loro mani, agli agricoltori per le dure fatiche nei campi. L’intercessione della Vergine presso il suo Figliolo potrà restituire al paese la grandezza di un tempo. Questi due versi (render sol potrìa a Bagnuolo / quell’antico suo splendor) testimonia la decadenza del nostro paese accentuatasi dopo la chiusura del convento di San Domenico (1807) e l’interruzione dell’attività industriale del Palazzo della Ténta con l’Unità d’Italia (1861).
Nelle due strofe successive il poeta ricorda il primo miracolo della Vergine, al tempo della peste che nel Seicento si propagò a Bagnoli, provocando la morte di centinaia di cittadini; fu allora che i nostri antenati invocarono l’aiuto della Madonna la quale intervenne stroncando l’epidemia. In segno di gratitudine la popolazione deliberò di istituire questa festa in Suo onore.
Le ultime tre strofe (licenza) riprendono l’elogio alla Vergine della strofa iniziale con tante parole d’amore, che partono dal nostro cuore, innumerevoli quanti sono i raggi che sprigiona il sole.
Struttura metrica dell’inno: undici quartine di ottonari; la rima: ABBC-DEEC per le prime otto strofe; ABAB per le ultime tre strofe del Congedo; l’ultimo verso di ogni quartina è tronco.