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Bomba

22.05.2012, di Carlo Galli (LA Repubblica)

(voce onomatopeica) Ordigno esplodente. La bomba è in primo luogo uno strumento di comunicazione e d’intimidazione; un mezzo di minaccia. In questo caso, la bomba può perfino servire senza non essere usata, ed è quindi uno strumento di pressione; un esempio tipico è stata la bomba atomica durante la guerra fredda, la cui mera esistenza era sufficiente a costituire una minaccia. Ma lo stesso effetto-messaggio vale per le bombe fatte esplodere contro persone ricattate, al fine di produrre danni e ferimenti, come ‘primo avvertimento’ che persuada il destinatario a uniformarsi alla volontà del ricattatore.

La bomba, quindi può essere se non ‘intelligente’ almeno ‘comprensibile’. Ma può anche implicare la fine del messaggio stesso: in questo suo aspetto di pura violenza la bomba è la decisione per la interruzione radicale del dialogo, attraverso la soppressione fisica della controparte. I bombardamenti sui civili nel corso della seconda guerra mondiale, e lo stesso uso della bomba atomica contro le città giapponesi, rientrano in una logica che è prima di tutto d’annientamento e solo subordinatamente di comunicazione (ciò che viene comunicato è appunto la volontà d’annientamento).

Anche le bombe ‘politiche’ hanno questa valenza differenziata. Possono essere bombe piene di significati  –  almeno per coloro che devono capire  – ; le bombe mafiose  di solito sono di questo tipo, anche le più sanguinarie. Servono a qualcosa, insomma; fosse anche a dichiarare guerra allo Stato, per entrare poi con esso in trattativa (se lo Stato si piega a ciò, naturalmente). Ma vi sono anche le bombe nichiliste, che non significano nulla se non una volontà di morte, di scontro senza quartiere: sono le bombe anarchiche, rivolte sì contro i simboli del potere (che possono essere anche persone) ma intrinsecamente nichiliste, perché non intendono aprire nessuna trattativa con nessuno, e sono quindi un gesto senza fini; e sono le bombe fasciste, terroristiche, i cui responsabili non sono interessati ad altro che a spargere panico e a seminare dolore, cioè a minare la coerenza morale e  la coesione civile della cittadinanza.

La bomba di Brindisi può essere un messaggio (criminale, evidentemente) per qualcuno; oppure può essere un atto terroristico volto a mostrare al mondo un’Italia debole e piegata, o a interferire con le elezioni; oppure ancora può essere una manifestazione di potenza omicida, di odio per la vita, per la pace, per la legalità  –  il modo con cui la mafia festeggia il ventennale della strage di Capaci e afferma la propria esistenza  – ; e in tal caso c’è da sperare che questa volta nessuno voglia vedere in questa violenza un messaggio a cui rispondere intavolando trattative con gli assassini. C’è anzi da augurarsi che, al di là dello straziante dolore di tutti, nessuno tremi, e che questa bomba sia interpretata per quello che è: una sfida allo Stato, un insulto alla civile convivenza, uno sfregio mostruoso alla giovinezza innocente, un’ignobile vergognosa barbarie. E che abbia  –  umanamente, politicamente, socialmente, giudizialmente  –  la fermissima e  durissima risposta che merita.

                                                                                                       

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