Con un libro non si è mai soli!
15.02.2012, Articolo di Pasquale Sturchio
La “poesia” nei racconti di Luciano Arciuolo.
“Immobili/ ci vegliano le cose./ E d’esser lasciate/ in un sordido oblio/ sopportano mute./ Occhi non hanno/ per sorridere piangere/ o anche solo stupirsi./ Ma portano seco/ soffrendo/ impronte umori/ brandelli di noi.”
Questa toccante lirica introduce uno dei dieci racconti di Luciano Arciuolo. “Dieci Volte ‘90” Delta 3 Edizioni, euro 10,00 illustrato da un disegno di Chiara Roberto che offre una chiave di lettura personale e vivissima …
“Era sveglio da un pezzo, Vincenzo, quando decise di farsi forza e alzarsi… la luce inondò la stanza da letto e lui si affacciò alla finestra spalancata, come faceva ogni giorno, da anni… Si svegliava solo, nel lettone, Vincenzo, da una decina di giorni. La moglie, quella dolce silenziosa donna che aveva riempito la sua vita non ce l’aveva fatta a restare al suo fianco… da dieci giorni non metteva il naso fuori di casa, non andava in piazza, al circolo anziani, a trascorrere i pomeriggi con gli amici, giocando a carte o semplicemente parlando e ricordando.
Non ne aveva voglia… trascorreva sempre più tempo in casa, tra le sue cose, ammonticchiate senza alcun ordine in cantina… il tempo trascorso laggiù, in cantina, gli sembrava speso meglio che in qualunque altro modo, ne gli pesavano tra quelle cose vecchie e povere, il silenzio o la solitudine!!!
Avrebbe trascorso li anche quella domenica mattina… e finalmente scese giù, a sedersi su quel vecchio scranno tremolante, posto giusto a ridosso della piccola montagna di oggetti. Prese ad osservarli con la solita attenzione, come a volerne carpire segreti o sensazioni… E poi le cose volevano stare insieme. E volevano, tutte assieme stare con lui. Cosa avrebbero mai fatto da sole? Cosa avrebbero fatto, magari separate l’una dall’altra?
Quali storie avrebbero mai potuto raccontarle? E a chi avrebbero potuto raccontarle? …
Non riusciva più a staccarsi dagli oggetti che gli erano stati vicini per lungo tempo. Aveva paura di tradire quella loro silenziosa fedeltà. Le cose ci stanno vicino senza chiederci nulla: le usiamo e a volte ne abusiamo senza ritegno, senza rispetto. Poi pretendiamo di buttarle via, senza preoccuparci del fatto che, magari, si sono affezionate a noi, che riconoscono i nostri profumi o i nostri difetti. E se anche loro avessero un’anima? Esse portano con loro, fin dall’inizio, l’impronta di chi ha contribuito a farle, di chi le ha pensate e realizzate. Poi arrivano a noi e ci viviamo accanto per anni, diventano parte di noi, ci strappano poco alla volta gocce di sudore o brandelli invisibili di pelle. Imparano a sopportarci, forse ad amarci: Come possiamo disfarcene senza fare un danno a noi stessi, oltre che a loro…?
Ecco, più che ammirare, Vincenzo stava lì ad ascoltare quel silenzio pieno di voci!!!…
Ma come poteva spiegare a Clara (l’unica figlia di Vincenzo che con il marito si era trasferita a casa del padre per non lasciarlo solo, pieno di acciacchi in quella casa cosi grande e fredda e ora anche così vuota!) che a ottant’anni, i ricordi dei momenti e degli affetti vissuti, delle emozioni provate, non sono solo un modo di passare il tempo, ma l’unica certezza? Era troppo giovane per capire che, man mano che il futuro si accorcia, vivere significa sempre di più guardare indietro, scoprire il passato! E che tuffarsi nell’abitudine, nella dolce, serena prevedibilità dell’abitudine è l’unico modo per sfuggire alla disperazione dell’inevitabile. Non si può sempre vivere organizzandosi il domani. E comunque a quell’età non ci si riesce, non ci si crede più. E allora fermarsi, come a fare il riassunto, non solo non dispiace, quanto diventa un modo dignitoso di vivere senza sentirsi morire ad ogni momento…”
Non è facile né semplice articolare alcuna riflessione su questo racconto ma provo, modestamente, a farne almeno due!
1) La lezione che possiamo trarre è un’ attacco ferocissimo alle barbarie del consumismo (U S.A. e getta).
2) Un invito, in particolare alle giovani generazione, a scoprire valori autentici quali la solidarietà, l’altruismo, l’amicizia, l’amore per la vita, il rispetto per la natura, la lotta per la giustizia, la lotta contro l’edonismo, l’individualismo, l’egoismo, l’avere, l’apparire…
Altro non aggiungo se non l’invito a leggere questi dieci racconti, a percorrere questo tour in dieci tappe, a mettere in primo piano (non in bella mostra!) nella propria biblioteca personale o familiare, questo quadro di dieci quadretti naif e l’augurio che mi sento di fare a questo libricino è che diventi una “cosa” di cui non si può disfarsene perché possa “raccontare a qualcuno e sempre una storia su cui riflettere per far crescere quel <fanciullino> di pascoliana memoria che è in ognuno di noi”.
Con un libro si è in ottima compagnia!