L’articolo 18
02.01.2012, Articolo di Pasquale Sturchio
Oggi, inizio del 12° anno nel XXI secolo d.C., anche la democrazia politica è in pericolo cioè la libertà è minacciata se essa non si dimostra capace di intervenire nelle contraddizioni e negli squilibri della società, nei meccanismi interni della produzione secondo obbiettivi che garantiscano lavoro qualificato e quindi cambino il senso e la dignità del lavoro.
Non si può delegare ad un pugno di tecnocrati … bisogna fare avanzare una democrazia capace di trasformare la società! Questo è possibile solo fondandosi sul consenso democratico e sulla sua organizzazione, saldando sempre più fortemente, come sancisce la costituzione, democrazia politica e democrazia sociale, può essere realizzato cioè solo da forme di democrazie, da rappresentanze elettive che si diramino nel Paese e siano collegate in modo continuo a masse di cittadini, in modo da favorire la partecipazione, il controllo, l’educazione all’autogoverno.
L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, la norma che ne rappresenta il cuore – l’impossibilità di licenziare senza giusta causa- è oggi, ancora una volta, attaccato dal Governo e dalla Confindustria.
Lo Statuto dei Lavoratori venne approvato il 20 maggio 1970 sulla spinta delle lotte operaie degli anni precedenti ed ha rappresentato uno spartiacque nella storia sociale italiana, nella storia di uomini e donne che hanno lottato per migliorare le condizioni di lavoro e di vita di tutti. È stato ed è una conquista di civiltà!!! (purtroppo ancora limitatamente alle aziende con più di quindici dipendenti ).
La lotta a difesa dell’articolo 18 è una lotta per salvaguardare la dignità e la libertà di chi lavora, ma anche una lotta che riguarda tutti, non solo i lavoratori, perché quando si attaccano i diritti ognuno è colpito! Il ripristinare la libertà di licenziamento non può che riflettersi anche sui diritti primari e su ogni altra forma di tutela. Chi può essere licenziato senza alcuna ragione legittima è privato della possibilità di ottenere un reintegro legale, difficilmente si opporrà a soprusi e ingiustizie nello svolgimento del rapporto di lavoro.
A niente è servito il referendum del 21 maggio 2000 quando quasi dieci milioni di italiani hanno detto NO all’abrogazione dell’articolo 18?
Il 23 maggio 2002, forte della coscienza di essere un cittadino (e non un suddito!) della Repubblica Italiana “c’ero anch’io” all’imponente manifestazione sindacale per difendere l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Se la costituzione Italiana sancisce che l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul Lavoro…
Se la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto… se la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme di applicazione… se l’organizzazione sindacale è libera… se il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano … se l’iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana … allora l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non si tocca!!! (semmai lo si estende anche alle aziende con meno di quindici dipendenti!)
L’attacco combinato Governo-Confindustria (Monti –Marcegaglia) contro il sindacato (Camuso e company) non è (caro Bersani) una cosa da pazzi …
L’obiettivo vero è quello di indebolire i lavoratori e chi li rappresenta. L’obiettivo finale è che il lavoratore non abbia un contratto da difendere (la Fiat di Marchionne insegna!) neanche con l’aiuto di un avvocato o del sindacato, ma diventi uno dei tanti fattori della produzione, addirittura subordinato alle materie prime, alla finanza, alla tecnologia, ai cicli economici, in una parola al Dio-Profitto!!!
P.S. Buon Natale e Buon 2012 a tutti! (anche a Monti – Marcegaglia – Marchionne … A Berlusconi – Bossi – Bersani … Alla Mussolini, alla Carfagna alla Bellucci …)
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Le vignette …