Niente fondi, salta il Laceno d’Oro: sconfitta per l’Irpinia
28.12.2011, Ottopagine (di Rossella Strianese)
La Regione non liquida il contributo, lo sponsor si ritira. La storica rassegna cinematografica rischia l’oblio.
L’edizione 2011 del Premio Camillo Marino – Laceno d’Oro è saltata tra il silenzio e l’indifferenza generale. Per dieci anni, grazie ad una passione che ha sempre avuto più il sapore della “resistenza” civile che dell’impegno culturale tout court, il circolo ImmaginAzione ha portato avanti questo progetto, riempiendo il dicembre irpino con un calendario denso di eventi culturali e cinematografici, animando i licei, i circoli e le sale dell’intera provincia per una settimana che si chiudeva immancabilmente con l’incontro conclusivo con l’autore. E che autori. Da Scola a Pontecorvo, da Ken Loach ai Fratelli Dardenne, e poi Bellocchio, i Taviani e lo scorso anno Olivier Assayas. Registi che in questi ultimi decenni hanno davvero spostato il confine di ciò che è raccontabile attraverso le immagini, riducendo la distanza che separa il cinema dalla grande letteratura.
Niente fondi c’è la crisi. Tutto con poche, pochissime risorse e tante idee: solo un contributo regionale, qualche patrocinio e uno sponsor, l’Air, che ha sostenuto per diverse edizioni la rassegna. L’ultimo contributo da Palazzo Santa Lucia risale al 2009. Deliberato, pare, ma mai liquidato. Comune e Provincia di Avellino si sono tirati indietro: nelle casse non ci sono fondi. E alla fine anche l’Air ha ceduto sotto i colpi della crisi. Grazie al Premio Camillo Marino, almeno una volta all’anno, il pubblico degli appassionati di questa terra si riscattava dal cinepanettone, e finalmente godeva di una straordinaria opportunità, quella di avvicinarsi fino a toccare con mano la scintilla che anima gli spazi di autonomia e qualità del cinema italiano e internazionale. Sempre con estrema soggezione, in punta di piedi, mai un’edizione urlata, niente red carpet, lontano dai lustrini e dal gossip che hanno reso celebri altre rassegne. Perché lo spirito che ha animato questo evento per dieci anni si è sempre alimentato alla fonte, quel Laceno d’Oro, festival del cinema neorealista fondato da Camillo Marino, Giacomo D’Onofrio e Pier Paolo Pasolini, che si affermò per circa 30 anni come uno dei festival più militanti e popolari d’Europa.
Un’eredità difficile. Arte cinematografica, ideologia e memoria storica sono le tre direttrici epigonali lungo le quali si è mosso in questi anni il Premio, portando con fatica ma sempre con onore il logo e l’eredità di quella incredibile esperienza culturale, che per coraggio, forza e innovatività rappresentò per l’Irpinia un vero atto fondativo. Fino all’ultimo Antonio Spagnuolo, vero deus ex machina di questa rassegna, ha tentato di mettere in piedi un’edizione degna del Laceno D’Oro. Ma ci sono battaglie che non possiamo combattere da soli. «Non è stato mai facile, ma questa volta devo ammettere con grande amarezza che era diventato impossibile – confessa il professore -. Abbiamo pure preso in considerazione l’idea di cambiare tutto, renderla magari più popolare, e quindi più appetibile per qualche sponsor privato. Ma fino a che punto, ci siamo chiesti, potevamo arrivare a svilire la rassegna? Non avrei mai reso il Laceno d’Oro una caricatura o un evento collaterale di un programma natalizio per la promozione dei prodotti enogastronomici irpini. Abbiamo sempre difeso con abnegazione e coerenza il carattere specifico di questo festival, e non mi sarei mai perdonato una virata da festa paesana».
L’alternativa: puntare sui giovani. L’alternativa, più economica, ma ugualmente interessante, potrebbe essere puntare sui nomi giovani della cinematografia italiana. «E’ un’idea che stiamo accarezzando da qualche mese – continua Spagnuolo – Ci sono autori come Daniele Gaglianone (regista teatrale e di documentari e lungometraggi a soggetto come “I nostri anni) che per temi e ricerca aderiscono pienamente allo spirito del Laceno d’Oro. Ma anche in questo caso c’è bisogno, inutile negarlo, di un investimento iniziale, che sostenga la rassegna almeno nella parte logistica. Altre volte ci siamo autotassati per mantenere alto il livello dell’evento, ma venuti meno i contributi essenziali della Regione, anche autotassarci stavolta sarebbe stato insufficiente». Ora si è deciso per uno stop, che non è una fine, ma solo una pausa, assicura Spagnuolo, necessaria a valutare con attenzione il futuro di un Premio che per Avellino e l’Irpinia ha un peso specifico ben più grande di quanto si possa immaginare. Un peso che Spagnuolo però non può più portare da solo con il suo circolo di cultura cinematografica. E’ giunto il momento allora che qualcuno si faccia avanti. Investire nella cultura, in tempi di crisi (morale ed economica) può apparire impresa fallimentare, ma la storia e quei paesi emergenti che stanno puntando su creatività e innovazione ci dimostrano il contrario. Ci vuole un pizzico di coraggio. E la capacità di mettere insieme le forze. La soluzione, forse, può arrivare proprio da una sinergia.
Il grande evento che manca. Il progetto è quello di mettere insieme, per la prima volta, le tre storiche rassegne cinematografiche irpine: il Laceno d’Oro, il Festival del cinema per le scuole di Pietradefusi e la rassegna “Scrivere il cinema” di Mirabella Eclano. Tre eventi diversi certo per temi e modalità di approccio, ma tutti posati sul binario della coesione tra individui e identità che condividono idee, progetti e territorio. Un unico grande evento, che potrebbe intercettare misure di finanziamento regionali ad hoc. Il progetto, che è stato illustrato al vicepresidente della giunta regionale Giuseppe De Mita, per ora è ancora sulla carta. Spagnuolo, Belmonte e Assanti però sono pronti a sottoscriverlo. E chissà che non possa incrociarsi, in qualche modo, con il progetto Eliseo, o meglio la Casa del Cinema di Avellino, che stiamo ancora aspettando. «Sarebbe l’evento che manca – conclude Spagnuolo – Consorziare le tre manifestazioni potrebbe davvero rappresentare il salto di qualità che questa provincia merita, malgrado tutto». Non resta che sperare nell’iniziativa politica, o in quella privata. Magari entrambe. Nel frattempo il dicembre avellinese è andato, tra una pizza fritta al mercatino del Corso e le battutacce anni ottanta del film di Parenti, per la gioia di quelli che entrano in una sala cinematografica solo a Natale.
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29.12.2011, Ottopagine
Laceno d’Oro, progetto unico per salvarlo
L’intervento di Giuseppe De Mita (Vice PresidenteGiunta Regionale della Campania)
“Racchiudere in un unico contenitore le rassegne ed i festival dedicati al cinema presenti sul territorio della provincia di Avellino può senza dubbio rivelarsi un’idea convincente e di impatto. Sotto l’insegna del Laceno d’oro, che ha rappresentato un pezzo di storia della cultura irpina e che ha lasciato una traccia importante anche sotto il profilo turistico, potrebbero trovare ospitalità e visibilità le altre iniziative che pure hanno avuto negli anni una loro rilevanza.Penso al festival di Pietradefusi, alla kermesse di Mirabella Eclano dedicata alla sceneggiatura cinematografica e al premio “Sergio Leone” che negli anni ha avuto il merito di celebrare uno dei cineasti più celebri e più noti a livello internazionale.
Dare vita ad un unico evento significa anche uscire dall’approccio genericista che molto spesso accorcia il respiro a questo tipo di iniziative che vanno, invece, caratterizzate nei temi e nei contenuti attraverso un filone che di per sé ne sia traccia distintiva, peculiarità, affidandovi così un carattere di irripetibilità, anche in collegamento con il territorio dove l’evento stesso si svolge.Il rischio, infatti, è quello di farsi concorrenza in casa con iniziative ormai consolidate quali il Giffoni Film Festival o l’Ischia Film Festival o, ancora, Capri Hollywood.
Per far sì che il progetto possa trovare una sua concretizzazione, è necessaria la determinazione da parte degli interlocutori presenti sul territorio, attraverso l’ideazione di una iniziativa che possa farsi spazio, attirare la dovuta attenzione, coagulare intorno a sé le energie e le risorse necessarie. Se così non fosse, anche una progettazione sulla carta convincente rischierebbe di restare nelle sabbie mobili della rivendicazione territoriale”.