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Viaggio nella terra di BOKO HARAM, i talebani della Nigeria

14.11.2011, Articolo di Danilo Di Mita (Pubblicato sul sito Agenzia Giornalistica Italiana il 26.10.2011)

Volentieri pubblichiamo l’articolo del concittadino Danilo, coraggioso giornalista di frontiera impegnato a  lavorare in condizioni assai difficili in un’area geografica da anni falcidiata da guerre civili e da continui atti terroristici compiuti dai talebani.

In Nigeria nessuno si chiede se Boko Haram colpira’ ancora. Lo si da’ per scontato: le domande giuste sono dove, quando e chi verra’ colpito dopo l’attentato del 26 agosto contro la sede Onu della capitale Abuja, in cui morirono 24 persone. A Maiduguri, capoluogo dello stato nord-orientale di Borno e roccaforte della setta fondamentalista islamica nata nel 2002, il terrorismo di Boko Haram e’ un’esperienza quasi quotidiana e accresce le sofferenze di uno dei luoghi piu’ isolati e poveri del gigante africano. Tra le strade caotiche, i mercati brulicanti di merci e persone, uno sviluppo urbano scriteriato, l’unica cosa che sembra avere un ordine e’ proprio Boko Haram.

BOKO HARAM HA COLLEGAMENTI INTERNAZIONI CON AL QAEDA

Il docente di Comunicazione di massa all’Universita’ di Maiduguri e coordinatore del centro studi dell’ateneo per la ‘Pace, i diritti umani e il buon governo’, Abubakar Mu’azu, tra i maggiori esperti di questo gruppo terroristico, ne e’ convinto: “Hanno una strategia chiara, un vertice che li guida, sempre maggiori capacita’ finanziarie e tecniche, collegamenti internazionali, tra cui al Qaeda“. Boko Haram, spiega Mu’azu, affonda le proprie radici in piccole sette definite i “Talebani della Nigeria” debellate dall’esercito nigeriano a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000 negli stati confinanti di Yobe e Bauchi.
Molti di loro cercarono rifugio nel vicino Borno dove in quel periodo viveva un imam che tra gli abitanti della citta’, senza alcuna distinzione, emerge come una figura quasi leggendaria: parliamo di Mohammed Yusuf, il fondatore di Boko Haram, che in lingua locale (Hausa) significa “l’istruzione occidentale e’ sacrilega”. “Era un oratore eccezionale”, prosegue Mu’azu, “dotato di un carisma unico e grandi capacita’ di convinzione.
Ma bisogna fare attenzione”, sottolinea il professore, “Yusuf non si scagliava contro la cultura occidentale in genere, tipo il consumo di alcolici, l’ascolto della musica, il modo di andare vestiti; non era un talebano insomma, nel suo mirino finiva il sistema scolastico, l’istruzione occidentale con cui sono educati i politici nigeriani attuali. Li’ Yusuf individuava la genesi della dilagante corruzione, considerata la cuasa principale della poverta’ e delle diseguaglianze della societa’ nigeriana moderna”. Per anni Yusuf predico’ con successo, ascoltato da fedeli sempre piu’ numerosi e vari, dall’analfabeta al professionista, fino a diventare molto, troppo potente.

LA SVOLTA VIOLENTA NEL 2009

L’anno che cambia tutto, e segna la svolta violenta del Boko Haram, e’ il 2009, e cioe’ quando l’esercito nigeriano interviene pesantemente: i carri armati distruggono il posto dove la setta e’ nata, la moschea di Yusuf, nell’ambito di un’operazione in cui vengono uccisi 800 seguaci (anche se tutti dicono che questo numero vada moltiplicato per tre, quattro volte). Lo stesso imam viene arrestato e ucciso quando si trovava nelle mani dei poliziotti. “Da allora l’escalation della violenza e’ inarrestabile” – dice Hamza Idris, responsabile per l’edizione nord-orientale del quotidiano nazionale Daily Trust – “i suoi seguaci, che preferiscono essere identificati con il nome arabo Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad, o semplicemente Yusufia, e non Boko Haram, una semplificazione giornalistica, sono scesi in battaglia, radicalizzando lo scontro, dichiarando la guerra santa (jihad) contro il governo centrale per estendere a tutto la Nigeria la sharia“, attualmente in vigore, seppure solo sulla carta, in 12 dei 36 stati confederali.

IL NUOVO LEADER, EX BRACCIO DESTRO DI YUSUF

Il nuovo leader e’ l’ex braccio destro di Yusuf, Mohammed Abubakar Shakau, i suoi piu’ stretti collaboratori sono Abu Darda e Abu Zaid, che funge anche da ‘portavoce’ insieme all’altro esponente di spicco del gruppo, Abul Qaqa. Su di loro si concentra la caccia all’uomo delle forze dell’ordine nigeriane, senza successo: si muovono infatti tra i vicini Niger, Chad e Camerun (Borno e’ l’unico stato confederale del Paese ad avere tre confini internazionali), i Paesi dove si trovano anche i loro campi di addestramento. Diversi testimoni, comunque, dicono all’Agi che Shakau si trovava a Maiduguri a inizio ottobre, in una di quelle visite che di norma fungono da preambolo a operazioni su scala nazionale. Sono loro ad avere inaugurato la svolta fondamentalista e la strategia stragista degli ultimi due anni, grazie anche al consolidamento dei collegamenti internazionali: “Shekau lo ha detto apertamente, ‘qualunque gruppo che ha la nostra stessa matrice o ideologia e’ un nostro fratello'”, riporta Idris, che scrive dell’argomento da otto anni.

Il primo a parlare dei legami internazionali del gruppo fu Aliyu Tishau, agente segreto nigeriano spedito a Maiduguri per infiltrarsi tra i fedeli di Yusuf. Ne scalo’ la gerarchia, fino a diventare suo braccio destro e rimanerne affascinato lui stesso, tanto da essere prima espulso dai servizi e poi arrestato. Tishau confesso’ che gia’ nel 2009 diversi nigeriani erano stati spediti in Mauritania e Mali per prendere contatti ed essere addestrati dagli affiliati ad Aqmi, i gruppi di al Qaeda nel Maghreb islamico.

LA RETE SI E’ ESTESA A NIGER, SUDAN, SOMALIA E AFGHANISTAN

Da li’ la rete si e’ estesa a Niger, Sudan, Chad, agli Al Shabaab della Somalia, addirittura all’Afghanistan, dove alcuni ex terroristi hanno confessato di averci messo piede negli ultimi due anni per periodi di addestramento di tre mesi, con la promessa che al ritorno sarebbero stati ricompensati con 35mila dollari. Dei collegamenti di Boko Haram con Aqim e la stessa al Qaeda parlano apertamente, dopo l’attentato al palazzo Onu di Abuja, anche i servizi segreti nigeriani (State security service, Sss) e, tra gli altri, i vertici militari americani dell’Africa Command. In Somalia si e’ formato per esempio Muammar Nur, l’ideatore dell’attentato all’Onu, in possesso di tre passaporti (nigerino, somalo e nigeriano): su di lui pende una taglia di 160mila dollari, una cifra astronomica a queste latitudini. Per Mu’azu l’instaurazione e il rafforzamento di legami “con gruppi simili dell’Africa e con al Qaeda“, puo’ rappresentare una minaccia sempre maggiore per la Nigeria: “l’islamizzazione di tutto il Paese appare un obiettivo tutto sommato poco realistico, ma di sicuro rappresentano un fattore di rischio per l’affermazione di un regime democratico gia’ precario e per la tenuta stessa dell’integrita’ territoriale”.

Sta di fatto che a Maiduguri, dove gli affiliati hanno scuole coraniche e moschee proprie, oramai il terrore ha preso il sopravvento su tutti. Di sera per le strade, a parte i militari, si avventurano in pochi, sempre meno bar vendono alcolici, in una citta’ di 1,5 milioni di abitanti e’ rimasta in funzione una sola discoteca, al ristorante si cena alle 18.
E’ difficile che qualcuno parli in pubblico di Boko Haram, ci si guarda intorno, si sceglie un luogo appartato e chi si convince a dare qualche informazione lo fa il piu’ rapidamente possibile, con circospezione, quasi con un filo di voce. Del resto reclutare aspiranti terroristi e’ semplicissimo in un posto dove regna la disoccupazione, l’analfabetismo e l’80 per cento della popolazione vive con due dollari al giorno. E sono sempre di piu’ i potenziali bersagli degli AK-47, il kalasnikov ‘in dotazione’ ai terroristi: gli obiettivi si sono infatti estesi, anche se i target preferiti restano gli uomini delle forze dell’ordine, esponenti del clero musulmano moderato, politici, gli impiegati delle banche da assaltare per ricavare bottino utile alla causa. Il risultato e’ che tutto si sovrappone e sotto l’ombrello, sotto il nome Boko Haram finiscono anche episodi e uccisioni riconducibili a criminalita’ comune o omicidi politici, sempre utili per eliminare scomodi concorrenti.

La radicalizzazione del gruppo ha fatto finire nel mirino anche bar e locali che servono alcolici, oltre alla minoranza cattolica della regione. “Siamo delle vittime, a giugno abbiamo subito due attacchi”, dice padre David Bridling, rettore della chiesa cattolica di Saint Patrick, che coincide con la cattedrale della diocesi di Borno e di Yobe. “Nel 2006”, prosegue, “fu ucciso un nostro fratello, padre Michael, oggi le minacce sono costanti e abbiamo dovuto sospendere tutte le nostre attivita’, chiudere la scuola elementare”. Sotto i colpi dei Kalasnikov di Boko Haram e’ finita adesso anche la stampa: sabato 22 ottobre e’ caduto il primo giornalista, Zakariya Isa, reporter della tv di Stato Nta. (AGI) .

                                                                                                       

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