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L’Italia di oggi e l’Irpinia di ieri unite da un grido: FATE PRESTO

10.11.2011, Il Ciriaco.it (di Ros.Car.)

FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla”: con questo titolo si presentò ai suoi lettori il Mattino nazionale, all’alba del 26 novembre 1980. Pochi giorni dopo il terribile sisma che sconvolse l’Irpinia, uno dei maggiori organi di stampa di allora e di oggi, decise di usare tutta l’efficacia che poteva venire dal “quarto potere”, per lanciare un grido d’allarme, di speranza, di paura, di rabbia. FATE PRESTO. Non perdete tempo, non fate i soliti italiani che per stare dietro alla burocrazia fanno passare i giorni, i mesi e gli anni, voleva forse dire Roberto Ciuni, direttore del Mattino dell’epoca e ideatore della titolazione.

Quasi 31 anni dopo, i segni del terremoto irpino ci sono ancora tutti, mentre la natura continua a flagellare un’Italia che, per colpa di una classe dirigente troppo impegnata a contare i propri profitti, rimanda tutti gli interventi necessari a difendere la popolazione da quelle che ancora vengono definite come “imprevedibili calamità”. Allora fu la terra, oggi è l’acqua: non bastano le promesse a fermare la furia degli elementi, e le immagini di una Liguria straziata dalle esondazioni sono più che mai vive e attuali davanti ai nostri occhi.

Ma un altro sisma sta colpendo il nostro paese. Non ne avvertiamo le scosse fisiche, non tutti siamo consapevoli delle immediate conseguenze, ma giorno dopo giorno è sempre più forte e distruttivo: «un “terremoto” finanziario e globale scuote le fondamenta, ne mina pesantemente la tenuta economica e civile; la credibilità perduta ci fa sprofondare in un abisso». A parlare, anzi a scrivere, è un altro direttore, un altro Roberto, dalle pagine di un altro autorevolissimo quotidiano: IlSole24Ore, a firma di Napoletano, così titola l’edizione odierna del giornale e del sito: FATE PRESTO.

La situazione politica in Italia versa in condizione tragiche, il governo è ormai alla frutta. Siamo una nazione allo sbando, senza una guida, eppure nelle stanze dei bottoni prima di pensare al meglio per noi stanno procrastinando una decisione perché intenti a calcolare, ancora una volta, cos’è è meglio per i “loro” interessi.

Governo tecnico o elezioni? Che cosa conviene di più alla destra per conservare le poltrone e cosa alla sinistra per ottenere un consenso che, nonostante la spaccatura nella maggioranza, ancora non possiede? E Berlusconi si dimetterà davvero o sta solo prendendo (altro) tempo nella speranza di recuperare i numeri? Intanto il Paese precipita nel baratro, e mentre la casta conta i giorni passati per verificare se abbia o meno maturato quel che serve per garantirsi una succulenta pensione da ex-parlamentare, le famiglie italiane hanno ripreso a farsi il pane in casa, per risparmiare anche sui beni primari.

Ieri si contavano i morti, le macerie dei palazzi, i danni alle cose. Oggi si contano le ore che ci separano dal fallimento totale: politico, civile, morale, economico. L’Irpinia di ieri come l’Italia di oggi e viceversa. E siccome a niente sono servite le suppliche rivolte alle sfere più alte che si possano immaginare (è di pochi giorni fa la preghiera del Financial Times “In nome di Dio, Berlusconi vattene!” ndr.) ci prova ancora la Bibbia italiana del giornalismo economico, facendo appello all’unico capitale sul quale si possa ancora (forse) contare, quello umano. Per cortesia, per una volta, fate il bene del Paese, e soprattutto FATE PRESTO.

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Il Mattino – 26 novembre 1980


 

                                                                                                       

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