Rischio idrogeologico, Bagnoli maglia nera
09.11.2011, Il Mattino (di Amedeo Picariello)
Il Dossier “Ecosistema rischio 2011” di Legambiente e Protezione Civile: in Irpinia su 119 comuni 108 in fascia rossa. Bagnoli Moschiano e Quindici i peggiori della Campania. Il sindaco Chieffo: «Dati sbagliati …».
La quasi totalità dei comuni irpini è a rischio frane e alluvioni: l’88 per cento del territorio provinciale è gravemente esposto e, rispetto al 2010, poco o nulla è stato fatto permettere in sicurezza valloni, colline, costoni e corsi d’acqua.
Gli allarmanti dati sono contenuti nel dossier «Ecosistema rischio 2011», monitoraggio sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico curato da Legambiente e dal dipartimento della Protezione civile. Sotto i riflettori sono finite quelle realtà locali classificate nel 2003 dal ministero dell’ Ambiente e dall’Unione delle Province italiane «a potenziale rischio idrogeologico più alto».
Dei 119 comuni della provincia di Avellino nella fascia rossa ne rientrano 108. Ma nell’edizione di quest’anno le tre situazioni peggiori fanno riferimento tutte all’Irpima. Sul fronte degli interventi di mitigazione, in Campania hanno rimediato la maglia nera Bagnoli Irpino, Moschiano e Quindici. A questi tre comuni Legambiente e Protezione civile hanno riservato uno zero in pagella. Secondo il report sono 474 i comuni della Campania che presentano aree a rischio idrogeologico: in termini percentuali l’86% del totale (di cui 193 a rischio frana, 67 a rischio alluvione e 214 a rischio sia di frane che di alluvioni). Il primato negativo in regione va a Salerno con il 99% dei comuni a rischio. Peggio di Avellino anche Benevento (96%). Seguono poi Caserta (77%) e Napoli (62%). All’interno del rapporto sono presenti anche le classificazioni dei comuni. Quelli più attivi sono Pollica e Sapri: per loro un 8 in pagella. «Abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sugli interventi per un corretto uso del suolo, che sappia limitare l’urbanizzazione eccessiva delle zone particolarmente esposte a rischio idrogeologico – è scritto nel rapporto – abbiamo valutato anche l’eventuale avvio di pratiche per la delocalizzazione di strutture presenti nelle zone soggette a maggiore pericolo e il recepimento nel piano urbanistico dei vincoli all’edificazione delle zone a rischio. Abbiamo chiesto, inoltre, se sia stata realizzata dal comune o da qualunque altro ente preposto una manutenzione ordinaria delle sponde o delle opere di difesa idraulica; se siano state realizzate opere di messa in sicurezza e di quale tipologia. Inoltre, abbiamo ritenuto opportuno valutare la realizzazione di un efficiente sistema locale di protezione civile da parte delle amministrazioni comunali».
Tutti questi dati sono stati poi messi insieme e ne è venuto fuori un voto finale da 0 a 10.«In altre parole -hanno spiegato da Legambiente – è stata realizzata una vera e propria classifica che tiene conto dell’azione dei comuni nella mitigazione del rischio idrogeologico. L’indagine vuole essere uno strumento utile non solo per valorizzare l’esperienza dei comuni più attivi, che dimostrano come una buona gestione del territorio sia possibile e che devono diventare un esempio per tutta la regione, ma vuole servire soprattutto per stimolare le amministrazioni locali ancora in ritardo».
Le uniche due realtà irpine che rimediano un sei in pagella sono Petruro Irpino e Sant’Angelo dei Lombardi. La restante parte è tutta al di sotto della sufficienza, a partire da Avellino che non va oltre un 5,5. Così Baiano. Ancora più giù Carife, Cervinara, Forino e San Mango sul Calore (voto 4,5) e poi Chianche (voto 4), Gesualdo e Santo Stefano del Sole (voto 3,5), San Martino Valle Caudina (voto 3). Quattro, invece, i comuni con un due e mezzo in pagella: sono Melito Irpino, Roccabascerana, Zungoli e Castelfranci. Ospedaletto rimedia un 1,5. Chiudono con 0,5 Bagnoli Irpino, Moschiano e Quindici.
LE REAZIONI
Chieffo non ci sta e va al contrattacco: «Dati sbagliati, questo paese è sicuro»
«È arrivata la bufera, è arrivato il temporale, chi sta bene e chi sta male, e chi sta come gli par». All’indomani del rapporto Ecosistema rischio 2011,viene in mente Il ritornello cantato da Renato Rascel nel 1939. La speciale classifica fotografa una situazione decisamente allarmante. Chi sta bene e chi sta male, appunto, sarebbe presto detto, ma i dati utilizzati da Legambiente sono alquanto opinabili se si pensa che possono risalire anche al 2003, anno dell’ultimo rapporto dell’Unione delle province: ormai 8 anni fa, l’Irpinia risulta per l’88 per cento a rischio idrogeologico, con 105 comuni su 119 interessati da frane e alluvioni.
Ne sa qualcosa il sindaco di Bagnoli Irpino, comune che insieme a Quindici e Moschiano chiude la speciale graduatoria totalizzando appena mezzo punto su 10. «Questo report è una vera baggianata», sostiene Aniello Chieffo, primo cittadina del paese del tartufo nero. «Siamo letteralmente basiti da una simile analisi – tuona –. La conformazione dei depositi superficiali del territorio, il terreno compatto composto per lo più da roccia carsica e i pochi canali che percorrono Bagnoli e che non hanno una goccia d’acqua fuori posto raccontano un’altra storia». Una storia che si può riannodare andando al 2005, anno del ridisegnamento perimetrale delle zone R4, quelle a elevato rischio geomorfologico, come richiesto dal ministero dell’Ambiente e dalla stessa Upi. «Quando si è provveduto alla riperimetrazione delle zone con il potenziale rischio idrogeologico più elevato – racconta Chieffo – interi quartieri e borghi costruiti tra il XIII e il XIV secolo sono stati inseriti nel calderone, senza tenere conto dell’assetto morfologico del paese. Un grave errore di valutazione reso possibile anche dalla scarsa attenzione dell’ amministrazione bagnolese del tempo. Appena mi sono insediato, infatti, ho provveduto a intavolare un contraddittorio con il comitato scientifico dell’ autorità di bacino, facendo notare che la conformità del terreno pone questo paese tra i meno a rischio di tutta l’Irpinia».
Nel 2008 la lista civica che appoggia Aniello Chieffo vince le elezioni comunali e subito si inizia a prendere provvedimenti. «Come facciamo a difenderci da un rischio che non c’è? – si domanda il primo cittadino Se Bagnoli fosse realmente a rischio, sono sicuro che la Regione ci avrebbe finanziato degli interventi per migliorare i valloni, cosa che invece non è avvenuta. Ma, visto che nessuno smottamento, frana o esondazione hanno colpito l’area, abbiamo predisposto dei sondaggi e dei carotaggi sul territorio comunale per risolvere questa situazione paradossale».
Il contesto rurale di Bagnoli è composto da seimila ettari di bosco tutti ascrivibili al parco regionale dei Monti Picentini e la conformazione idrogeologica non offre scenari apocalittici come quelli del Vallo di Lauro. «L’ultimo sopralluogo commissionato ad una task force di geologi lo scorso mese di agosto – sottolinea – ha escluso rischi di qualunque natura e abbiamo provveduto a depositare un’istanza definitiva a Caserta con tutte le nostre osservazioni. Abbiamo provveduto a una mancanza amministrativa precedente, e sono sicuro che anche la prossima classifica sarà diversa. Per fortuna, Bagnoli non ha e non avrà mai le stesse problematicità di Quindici. Inviteremo Legambiente per farlo constatare anche a loro».
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09.11.2011, Ottopagine (di Alessandro Calabresi)
Frane e alluvioni, la maglia nera a Bagnoli, Moschiano e Quindici
Secondo l’indagine di Legambiente e il dipartimento di Protezione civile sono 105 i comuni irpini su cui pende un forte rischio idrogeologico.
Frane e alluvioni, in Campania Protezione civile e Legambiente assegnano la maglia nera del rischio idrogeologico a tre comuni irpini: Bagnoli, Moschiano e Quindici i paesi della nostra provincia dove le amministrazioni hanno realizzato una messa in sicurezza assolutamente insufficiente. Ma non è tutto, nella classifica delle municipalità che corrono i pericoli maggiori su questo versante figurano ben 105 centri irpini.
Ecco, dunque, alcuni dei risultati più interessanti emersi dall’indagine realizzata nell’ambito di “Operazione fiumi 2011”. La campagna nazionale di monitoraggio, prevenzione e informazione per la mitigazione del rischio idrogeologico. Un report che analizza l’attività svolta dalle amministrazioni locali nel contrasto ai fenomeni devastanti che in questi giorni stanno falcidiando Liguria e Toscana.
Sotto la lente d’ingrandimento, dunque, la pianificazione e la gestione del territorio; gli interventi di delocalizzazione di abitazioni e fabbricati rispetto le aree a rischio; ma anche l’adeguamento alle norme di salvaguardia e la manutenzione delle sponde dei corsi d’acqua. La valutazione, inoltre, s’interseca anche con la redazione dei piani di emergenza. Insomma, tutto ciò che si traduce in mitigazione del rischio e, quindi, nei famosi Piani per l’Assetto Idrogeologico. Elementi e perimetrazioni che dovrebbero essere inseriti nei piani urbanistici comunali ma che solo raramente vengono presi in seria considerazione. Ciò si traduce nell’assoluta mancanza della realizzazione di briglie adeguate per i versanti montuosi e collinari franosi e instabili; così come nella carente opera di sistemazione degli argini dei corsi d’acqua e nell’inesistente risagomatura degli alvei fluviali. Nell’ indagine salta agli occhi anche come siano insufficienti, quando addirittura solo in via di progettazione, i Centri operativi comunali e le strutture di protezione civile volte all’azione e all’accoglienza, e i sistemi di monitoraggio e allerta. In base a queste tabelle, dunque, appare evidente come nei comuni di Bagnoli, Moschiano e Quindici (quest’ultimo già provato nel 1998 dalla tragedia dell’alluvione, ndr) non sia stata tenuta in debito conto l’area a rischio nella definizione dello sviluppo urbanistico. E non siano stati considerati le possibili fonti di rischio nell’azione di manutenzione, messa in sicurezza e aggiornamento dei piani di emergenza Nel monitoraggio complessivo, inoltre, viene fuori anche come scarso sia stato l’impegno per avviare una doverosa opera di rimboschimento, laddove negli anni gli incendi estivi hanno bruciato ettari di vegetazione. Dunque, non basta un buon sistema di protezione civile. Questo deve essere valorizzato e coadiuvato da una serie di accorgimenti che in primis il Comune deve realizzare per porre le basi della difesa del suolo. Inoltre, fondamentale risultano le campagne di informazione e sensibilizzazione sugli eventi franosi e alluvionali. Ciò per permettere ai cittadini di conoscere rischi e pericoli derivanti da fenomeni di dissesto del territorio che vanno gestiti in collaborazione e sinergia con le amministrazioni locali, provinciali e regionali.