La Zingara
di Giovanni Corso
(Articolo pubblicato sul sito di “Palazzo Tenta 39″ il 01.06.2010)
In un pomeriggio abbastanza caldo e assolato, sono entrato in un negozio di alimentari poverissimo. Mi sembrava di ritornare indietro di almeno trent’anni. Davanti c’era un gruppo di zingari, che in portoghese si chiamano “ciganos”; erano seduti a terra a piedi nudi, le donne con le gonne lunghissime. Mangiavano così, con le mani nude e sporche, ignari di tutti e disinteressati a ogni cosa. E’ da un po’ di tempo che seguo questo popolo senza dimora, né patria, apolidi; passando con la metropolitana durante una mattina per andare a lavoro, ho notato che loro vivono sotto i ponti costruendosi delle tende di stoffa; forse per riscaldarsi o anche per ritrovarsi accendono il fuoco all’aperto, non avendo ovviamente il camino della Palazzetti in marmo di Carrara.Ritornando al mio pomeriggio di Maggio, ho vissuto un momento straordinario e che mai dimenticherò; entrato nel negozio vedo una bambina zingara, forse aveva otto anni, che camminava a piedi scalzi con una treccia di capelli lunghissima e un abito che scendeva fino a terra. Dallo scaffale prende un pomodoro e lo porta al banco dove arrivava appena con il mento, la donna della cassa dopo averlo pesato le chiede venticinque centesimi; la piccola zingara non aveva la minima concezione del denaro, aveva solo venti centesimi, e non sapeva affatto cosa fossero quei due pezzi di metallo dorati. La “ciganita” non conosce la crisi economica che funesta si abbatte sul vecchio continente; la sua non-conoscenza è più grande del problematico crollo finanziario, il suo limite conoscitivo sembra superare l’estensione infinita delle ritorsioni economiche bancarie. Comunque sapeva solo che quei due pezzi dorati erano il pezzo di ricambio del suo obiettivo, cioè del pomodoro. La cassiera prende quei venti centesimi li guarda e con un aria severa, ma buona, le dice: “Figlia, questi non bastano”. L’ha chiamata “figlia”, probabilmente perché la conosceva bene, stando spesso lì davanti a gironzolare e rincorrere i piccioni a piedi nudi. A questo rimprovero materno, la piccola zingara la guarda attonita, probabilmente non aveva capito neanche cosa le chiedesse, perché i “ciganos” parlano una lingua differente. La sua felicità era solo voler mangiare quel pomodoro, così senza lavarlo, senza olio, né posate e né piatto, a mani nude. La cassiera, anche lei una donna povera ma con dignità, comprende l’infinità semplicità ed ingenuità della “ciganita” e le da lo stesso il pomodoro, anche se mancano cinque centesimi. Lo sguardo della cassiera, è stato un atto di amore grandissimo; non ho mai visto due esseri umani amarsi così fino in fondo. Vivendo oggi la definizione di amore solo come oggetto di piacere sensuale, ho visto invece in un ambiente grigio l’amore più grande che fino ad oggi mi sia potuto capitare. Nella stessa condizione sociale gli uomini si comprendo, si amano di più. Perché il povero comprende il povero in quanto suo simile, ma il ricco no, proverebbe solo compassione. La povertà non sarà mai cancellata, come diceva Gesù infatti “I poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete” (Semper enim pauperes abeti vobiscum et, cum volueritis, potestis illis bene facere-Mc 14, 7). A questa citazione segue la riflessione che la povertà sarà sempre presente nel mondo, e che tutti possiamo aiutare un povero in tanti modi; non è necessario che un cantante salga su un palco e canti “cancella il debito!”, perché se anche questo non avvenisse, l’Africa, triste centro di eccellenza della povertà mondiale, non avrebbe mai le risorse economiche per saldare il suo debito.
“Amor est passio”, l’amore è una passione secondo Aristotele come riporta Tommaso d’Aquino nel “de Passionibus” della Summa Theologiae. Passione è tutto ciò che genera piacere o sofferenza secondo Aristotele stesso. Nel significato di sofferenza, la passione più grande è stata quella di Cristo sulla strada del Calvario; ma nel significato di piacere la passione si trova nell’Amore, come quello di Dio, come quell’amor che move il sole e l’altre stelle. Qui Dante dimostra l’autonomia dell’Amore di Dio, la non necessità di una fonte energetica per generare; quello che in Dio si definisce Amore è fonte stessa di energia che regge l’Universo.
L’Aquinate dice che l’amore è atto, cioè che sta a se stesso e non ha moto, e la carità aggiunge una perfezione all’amore. Continuando su questa linea di filosofia teologica, l’amore è unione (virtus unitiva), sant’Agostino dice che tramite la conoscenza l’amore unisce chi ama all’oggetto amato (nullus potest amare aliquid incognitum, nessuno può amare ciò che ignora). E’ certezza che alla base di tale processo conoscitivo ci sia il “bene” tra oggetto (amato) e soggetto (chi ama).
Nel caso della zingara, l’Amore ha generato uno stato di piacere, l’attualizzazione di questo atto di amore ha dato gaudio, ovvero la felicità gratuita a quella bambina.