Alta Irpinia: cresce il dramma nel settore della castanicoltura
16.10.2011, Il Corriere (di Domenico Cambria)
Bagnoli e Montella hanno raccolto finora solo il 10% della produzione media degli altri anni.
Una volta, dinanzi a una crisi, si diceva: “Governo ladro!!!” Ora, dinanzi a una crisi che è solo meteorologica, per il clima che sta cambiando, e lo sta facendo sempre di più in maniera palese e repentina, con chi te la prendi? Con il Governo, il buon Dio o questi benedetti pianeti che si stanno allineando?
Il fatto certo è, che, da alcuni anni stiamo assistendo a una crisi epocale nel settore dell’agricoltura, e non solo, per i sistemi naturali biologici che sono cambiati a causa di un clima che non risponde più alle nostre esigenze e a quello della Terra stessa.
Il clima è cambiato. Alcuni dicono a causa dell’uomo che ha ribaltato alcuni principi elementari di rispetto verso la natura, l’inquinamento, altri invece sostengono che il tutto doveva immancabilmente avvenire per i periodi cicli naturali che la natura svolge. Hanno ragione entrambi. Infatti, di glaciazioni e di climi torridi se ne segnalano una quantità enorme. L’ultimo risalente all’anno 1.000 quando gli scandinavi furono costretti a trasferirsi dalle loro verdi terre (tipo la Groenlandia) in sud Europa.Da questa emigrazione nacquero i Normanni.
Il tutto, però, poco interessa il coltivatore, che non sa più quando seminare, quando raccogliere e cosa. Vita davvero magra per il “lavoratore della terra”,costretto da alcuniì anni non solo a una burocratizzazione che ha letteralmente ingessato il settore, quando a non sperare se il lavoro impiegato e le spese profuse potranno ripagarti almeno nelle spese. Quest’anno è toccato al settore della castanicoltura. Altri anni è stato quello legato alla nocciolicoltura, anche se per problemi diversi.
Questa crisi però è grave, lapiù grave in quanto tocca uno dei maggiori se non il maggiore, assieme alla viticoltura, settore agricolo della nostra provincia, un’economia ancora condotta a livello familiare che consente a tanti di sbarcare il lunario. I maggiori centri sono Montella, Serino, Bagnoli, Monteforte, Volturara. Alla data odierna, si parla di una riduzione del raccolto pari al 70-80% rispetto a quello normale degli altri anni. Una cifra enorme, assurda, che da sola dà l’entità della crisi in atto; una crisi dovuta dapprima a un fastidioso cinipide importato dalla Cina che ha ridotto la fruttificazione del 30% circa del normale standard, poi dal clima di questa pazza stagione.
Gli aspetti negativi sono già stati avvertiti nel mese di luglio quando il freddo ha rallentato il normale sviluppo delle gemme da frutto, rallentandone e bloccandone la crescita, poi durante il mese di agosto e settembre per il prolungarsi di una stagione tanto siccitosa come mai la si ricordava. Le due crisi hanno prodotto il70-80% circa in meno del normale raccolto. Sono cifre enormi, eppure vere se sipensi che proprio ieri, io stesso, recandomi a Bagnoli, ho toccare con mano la disperazione di tanti. Addirittura a Bagnoli non ho trovato un solo chilo di castagne neppure in uno dei locali fruttivendoli. Ho voluto capire meglio come stesse la situazione, e mi sono portato presso il centro di raccolta di Montella, dove il clima era ancora peggiore di quello che serpeggiava per Bagnoli: a tutt’oggi si è raccolto solo il 10% rispetto a quello degli altri anni e nulla si sa sui giorni futuri in quanto i ricci rimasti sulle piante sono immaturi o vuoti.
Ho sentito una stretta al cuore. Possibile, mi sono chiesto? “Forse non raccoglieremo neppure le castagne per la sagra di Bagnoli e di Montella”, è stata la mesta risposta dell’addetto ai lavori. Questo lascia capire la nera realtà della situazione. Crolla così una delle maggiori economie locali, con essa quel reddito occulto che permetteva a tanti di sbarcare il lunario in attesa delle prossime accise. Crolla la speranza di tanto di festeggiare anche un buon Natale. Crolla così anche la speranza. E’ pur vero che non è un male standardizzato, ma è anche pur vero che da anni stiamo assistendo a ribaltamenti climatici che stanno costringendo tanti ad abbandonare il più antico e caro mestiere, quello della terra, l’industria della terra per le regioni che sanno sfruttarlo al meglio, per noi quello di arare e aspettare che il buon Dio si ricordi di noi.