Nuovi filosofi, tra le risorse umane e la tentazione della pasticceria
08.10.2011, Il Corriere della Sera (Maria Egizia Fiaschetti)
A un anno dalla laurea meno della metà trova lavoro.
Platone li candidava alla guida della Repubblica. Il suo era uno Stato ideale, certo, motivo per cui i filosofi – gli unici a conoscere l’essere e la verità – sarebbero stati i più adatti a governarlo. E nell’odierna democrazia? Se a Montecitorio i filosofi scarseggiano, nel Paese reale c’è chi continua a coltivare l’arte della sapienza. Per passione: come Zena – la 32enne precaria, “sibilla” di strada per guadagnare qualche spicciolo – e altri giovani pensatori. Così motivati da assumersi le conseguenze: tacciati di anacronismo e snobbati dal mercato del lavoro. Le prospettive, in effetti, non sono rosee: lo dice l’ultima indagine di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. Secondo lo studio (dati aggiornati al 2010), su 586 intervistati il 41% riesce a trovare lavoro a un anno dalla laurea specialistica: il 42,7% sono donne, il 38,8% uomini. Il 44,2% degli occupati inizia a lavorare dopo aver conseguito il titolo, il 25,4% prosegue l’attività intrapresa prima di iscriversi. Il tempo che trascorre dalla laurea al primo impiego è, in media, di 5 mesi. Il 57,9% dei laureati sono lavoratori atipici, a fronte dei 26,7% stabili (6,7% autonomi, 2% assunti a tempo indeterminato). Il 77,1% trova sbocchi nel privato, il 22,1% nel pubblico. Il settore che assorbe gran parte della domanda, l’89,2%, è quello dei servizi: in testa, il ramo “istruzione e ricerca” (24,2%). La retribuzione mensile netta è di 1.010 euro per gli uomini, di 747 per le donne.
PROGETTO FILOSOFI – C’è poi chi, come Matteo Andreozzi, ha invertito il percorso: il trentunenne milanese, dottorando in filosofia ambientale alla Statale di Milano, dopo il diploma cerca subito lavoro. Commesso, operatore di call-center, tecnico informatico, infine responsabile del reparto cabling con uno stipendio di 1.300 euro al mese. Dal 2000 al 2005, sperimenta l’indipendenza e asseconda la voglia di mettersi alla prova. La sua vera passione, però, è un’altra: «Sono sempre stato un tipo riflessivo – racconta Matteo – . Mentre i miei compagni di scuola parlavano di calcio e di motori, io mi interrogavo sui massini sistemi. Sarà per questo che le ragazze si confidavano con me…». La vena filosofica lo spinge a una scelta radicale: si licenzia, vende auto e televisore per iscriversi all’università. Con una promessa: «Pagherò le rate con le borse di studio». Impegno rispettato: consegue la triennale in tempi record e viene selezionato dal Collegio di Milano, per frequentare corsi alternativi. E’ qui che, nel 2009, nasce il «Progetto filosofi»: tra i vari obiettivi, quello di sondare il mercato del lavoro. «Abbiamo riscontrato la mancanza di dati specifici su scala nazionale per i laureati in filosofia – spiega Matteo – , così abbiamo svolto un’indagine informale, ma più veritiera, tramite la nostra rete di contatti». Risultato: «Il primo serbatoio occupazionale è quello delle risorse umane, seguito da marketing, comunicazione, organizzazione di eventi e attività di ufficio stampa. Il resto è spalmato tra carriera accademica e insegnamento».
SPAESAMENTO – L’ostacolo maggiore, dopo la laurea, è lo spaesamento: motivo per cui Matteo ha coordinato la stesura di un vademecum, Come salvare i filosofi dalla filosofia, con indicazioni pratiche e di metodo. L’input numero uno è quello di distinguere il filosofare dal fardello nozionistico. Tradotto: inutile ripetere all’infinito i soliti contenuti, quando la filosofia può essere utile come strumento di riflessione interdisciplinare. Non per caso, da qualche tempo si moltiplicano master e corsi di specializzazione in «counseling filosofico». Tanto per citarne alcuni: alla Scuola superiore di counseling filosofico di Torino, all’Università Ca’ Foscari di Venezia, all’Università “Federico II” di Napoli, alla Scuola Iad (Insegnamento a distanza) dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Tra i più originali, il master in «Filosofia come via di trasformazione» dell’Università di Verona. E il profilo formativo è quello dell’esperto in problem-solving, dell’interlocutore abile a risolvere i conflitti. Meglio se in contesti difficili e opachi, nei quali si rischia il default da ansia e confusione. «In questo campo si stanno aprendo molte possibilità – conferma Matteo – , ma il rischio è che siano fuorvianti rispetto alla vera funzione del filosofo». Quale? «Quella di stimolare al dialogo, alla coscienza critica senza cedere al pragmatismo delle scienze forti. Un ruolo difficile, certo, sempre sulla linea del fuorigioco». Il blog filosofiprecari.it (sottotitolo: l’unica maniera di resistere alla società neo-liberale) è invece uno spazio di discussione «per confrontarsi, litigare, arricchirci su qualsiasi tema che abbia a che fare con la Filosofia», recita il manifesto. Una piattaforma di incontro con «altri Saperi, ridotti alla marginalità dei Tempi e dalla Precarietà». L’omonimo gruppo su Facebook conta quasi 1.500 iscritti. Qualcun altro preferisce puntare sull’auto-ironia: il gruppo Pasticceria filosofica, post-laurea in filosofia consiglia: «Ti sei laureato in filosofia? Vuoi fare ricerca? Vuoi insegnare? Macché, apri una pasticceria». E, tra un post e l’altro, propina ricette sapienziali: dai biscotti choco-Leibniz alla ciambella rotonda di Parmenide.
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01.10.2011, Il Corriere della Sera
Laureata in Filosofia, vende epigrammi in strada
Nuovi misteri.La sibilla precaria con una laurea in tasca
«Zelante esperta negli aforismi»: è la réclame fai-da-te di Zena Rotundi. Leccese, 32 anni, gira l’Italia con una valigia di cartone raccolta nella spazzatura. Dentro, gli arnesi del mestiere: un bloc-notes di fogli verde chiaro, penna d’oca, tappeto «magico», abiti di scena. La vestizione in strada è parte dello spettacolo: via jeans e maglietta, per indossare un lungo abito nero con ampia scollatura. «Così mi trasformo in una creatura dai superpoteri», ironizza l’artista di strada dal multiforme ingegno: statua vivente, suonatrice di flauto traverso e arpa celtica, velista.
LA SIBILLA PRECARIA – Precaria dopo la laurea in filosofia (con una tesi sul teatro di Carmelo Bene), si è ritrovata precaria a Napoli: «La città ideale – sorride – per chi non ha un lavoro fisso». È qui, tra miseria e nobiltà, che si è specializzata in «nientart» (arte del nulla). «Ho imparato a comporre versi dal poeta Silvestro Sentiero – racconta – . Ci siamo conosciuti a Otranto dieci anni fa». Da un lustro, Zena si cimenta da sola nel creare aforismi personalizzati: un po’ esercizio maieutico, un po’ intrattenimento. Nel suo cerchio magico riesce a calamitare decine di persone: a San Vito Lo Capo, quest’estate, facevano la fila. Chi timido, chi spavaldo in attesa dell’oracolo: già, perché la sibilla degli anni Duemila ti scruta, strizza l’occhio e annota il responso. I suoi, più che sentenze, sono ritratti estemporanei: «Studio la fisionomia, l’abbigliamento, come le persone mi fissano e se sostengono lo sguardo». La sua funzione è simile a quella di uno specchio vivente: «Dopo tanti anni – parola di “miss aforisma” – ho sviluppato un certo spirito di osservazione. In molti prevale la componente narcisistica, vogliono sentirsi al centro dell’attenzione. Altri sono spinti dalla curiosità e dalla voglia di giocare». Alcuni si riconoscono: <Ci hai azzeccato in pieno», le dicono entusiasti. Le anziane signore, spesso, si commuovono: «Non sono più abituate ai complimenti, alle belle parole. Mi chiedono il numero di telefono per rimanere in contatto e, ogni tanto, le chiamo».
MAGRI GUADAGNI – Gli introiti della serata dipendono dall’affluenza e dalla generosità: «A volte racimolo anche un centinaio di euro, nei giorni no pochi spiccioli». La frase su misura intriga per il meccanismo: il medium è caldo, umano, a differenza dei frasari enciclopedici a portata di mouse. La spigolatura su blog e social network, ora nichilista ora melensa, trabocca di pensieri quotati da bignami digitali. Quelli di Zena nascono sul momento, dall’interazione occhi negli occhi: «La sintonia non è sempre immediata. Mi capita di essere pungente se, dall’altra parte, avverto scetticismo». Nel tempo, le possibilità di poetare in piazze e corsi cittadini vanno scemando: «I primi due anni sono stati i più creativi – ammette la sibilla di strada – , dopo un po’ si rischia di diventare ripetitivi». Non solo: a mettersi di traverso sono le multe per occupazione abusiva di suolo pubblico. «Avevo un permesso temporaneo – si rammarica Zena – ma è scaduto e non si può rinnovare». Motivo per cui pensa di rispolverare la laurea in filosofia: «Ho presentato domanda di insegnamento a Genova». Al Nord, come mai? «Per amore, ma non solo…». Il suo nome, a quanto pare, sarebbe legato all’ex repubblica marinara: «Mia madre lo ha scelto pensando che significasse “donna” in ebraico. In realtà, deriva dal greco zào (vivere ndr) e ho scoperto che vuol dire anche “genovese”».