“Sulle orme di Giustino Fortunato”. Il 31 luglio escursione Bagnoli-Laceno-Cervialto
28.07.2011, Notizia
Il 31 luglio la grande “maratona” al Cervialto, ripercorrendo l’itinerario che Giustino Fortunato insieme all’amico Michele Lenzi effettuò il 31 luglio del 1878. La partenza è alle ore 8:00 dal Comune di Bagnoli Irpino. La “passeggiata” è di 25 km divisa in due tratte: 1) Bagnoli Irpino (650 metri slm.) – Laceno (1.100 metri); 2) Laceno-Monte Cervialto (1.809 metri slm). Durata complessiva: 10 ore. Difficoltà: E/Allenati.
Il programma della giornata:
Il raduno avverrà domenica 31 luglio 2011 alle ore 8,00 presso la sede municipale di Bagnoli Irpino (Av) in Via Roma. Occorre dotarsi del necessario per escursioni in montagna, su tratti anche impegnativi. L’equipaggiamento consigliato comprende scarpe da trekking, abbigliamento a strati, giacca a vento, copricapo, vestiario di ricambio, borraccia.
Per partecipare all’escursione è preferibile dare l’adesione a:
– Irpinia Trekking – Tonino Maffei 338.9701983
– Ufficio Turistico “Bagnoli-Laceno”,via Roma 17,Bagnoli I. (AV) tel 0827602029 / cell. 3899939172 / www.uff.turistico@bagnoli-laceno.it; orario di apertura: luglio 10.30-12.30/ 18.00-20.00/ agosto 10.30-12.30/ 20.00-23.00
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Sulle orme di Giustino Fortunato
31 luglio 1878 – 31 luglio 2011
Alle 7 del giorno seguente, ultimo di luglio, uscimmo dal paese insieme col Lenzi e con un suo cognato intagliatore, di buon passo facemmo la via del Vallone del Calento, che rumoreggia cupo per la caduta d’un vivo getto di acque, originate, senza dubbio, dal lago soprastante di Laceno. La giornata era calda, ma per tutta quella scena di monti e di convalli regnava un’armonia come di vita che si ridesti; la Celica specialmente, con la sua forma tozza e pirarnidale, a grandi risalti di ombre e di luce, era in quell’ora un incanto di bellezza, e da essa mi scendeva nell’animo un sentimento come di melodia maestosa e indefinita. In punto alle 9 eravamo su nel Piano di Laceno, che misura un’area di quasi due miglia quadrate geografiche: magnifica prateria dominata dal gran dosso boscoso del Cervalto, chiusa da chine vestite di faggi secolari, e traversata dal rivolo della Tranola, che si raccoglie nell’angolo di libeccio, e forma un lago ai piedi della ombrosissima Raia Magra. Un poggio isolato si erge a picco su le flave acque ricoperte di ninfee, e in cima ad esso biancheggia la Cappella del Salvatore, l’antico ricovero, secondo la pia leggenda, di san Guglielmo da Vercelli. È una massiccia e bella fabbrica rifatta di pianta dal nostro Lenzi che, soccorso di consiglio e d’opera da Niccolò Pescatori e dal collega in arte Achille Martelli, volle di un rifugio di cacciatori fare un ospizio di alpinisti, lasciando nella chiesetta un quadro pregevole di maiolica: un ospizio che è il più comodo in montagna che si potrebbe desiderare. E là, a cansare il disagio della canicola, facemmo una lunga fermata di più ore, che scorsero lietissime nel remare su e giù per il lago, nel ritirar la rete carica di tinche, nel sognar su l’erba ad occhi aperti e, durante il pranzo, nel veder giù scendere al pascolo mandre di be’ giovenchi,
dal quadrato petto,
Erti su ‘l capo le lunate corna
Dolci negli occhi, nivei, che il mite
Virgilio amava;
centinaia di vacche e di giovenchi, le campanelle de’ quali davan l’eco d’un mesto tintinnio uniforme. Sul tardi il tempo si rannuvolò; e ripresa alle 5 la salita per il Vallone della Sorgente, pittoresco quant’altro mai, si levò un nodo di vento così impetuoso, che tememmo di esser colti a mezza via dal temporale. Ma venuti nel Piano di Sazzano, cessò a poco a poco quel subitaneo infuriare di Eolo, lasciando tutto intorno allependici, nubi oscure e fumanti. Affrettammo il passo lungo la costa a man diritta e fermatici alle 7 dentro al Vallone dell’Impiccato, ci demmo nel più folto della macchia a rizzare una capannuola di frasche sotto la quale ci sdraiammo, intorno a un bel fuoco scoppiettante. Un gran silenzio si fe’ presto fra noi, desiderosi di sonno. La quiete morta dell’aria non era interrotta se non dal grido del gufo reale. Due ore dopo la mezzanotte fu data la sveglia. Accesa una fiaccola e preceduti da un pecoraio pratico del luogo, cominciammo in tutta fretta la facile ascesa del Cervialto, su per i recessi del bosco: una stella solitaria che all’improvviso fe’ capolino fra gli alberi, ci dié le ali ai garetti e l’augurio del buon tempo nel cuore. Ma non appena la selva cominciò a diradarsi, un flotto come di mare in tempesta sorvolò d’un tratto per le chiome de’ faggi; e ravvolti poco dopo su l’erta del cocuzzolo da un’onda furiosa di nebbia, un gran vento ci sferzò fino al mucchio di pietre del segnale trigonometrico presso a cui ci accovacciammo, mezzo intirizziti. L’allegra fiducia di un’ora innanzi era interamente sparita. Al fioco barlume dell’alba, frammezzo agli strappi de’ vapori che turbinavano là intorno, non ci apparivano all’oriente se non immani cumuli di color nero di inchiostro, e tutto l’orizzonte ci si mostrava coperto di un nebbione plumbeo ed immobile, solo per un istante, nel cielo funereo, ci si levarano dinanzi la Celica ad occidente e più dappresso il Polveracchio a mezzogiorno, spettri paurosi di giganti aerei e notturni. Il mugghiare dei venti, che pareva impetuoso traino di ferrovia, rendeva più tetra quella scena di solitudine. Era l’alba di un giorno tempestosissimo e nuvoloso, una di quelle ore di suprema desolazione degli elementi, in cui sentiamo più che mai l’abbandono e l’umiliazione della vita; un’ora solenne di tristezza in cui le forze della natura ci si impongono superbe ed invitte, empiendoci l’anima di non so quale sgomento. E certo, più che un raggio di speranza al primo sorgere del sole, ci tenne lassù un pezzo inchiodati quel meraviglioso spettacolo di orrore, finché scorse le 5, un’acqua dirotta non ci ebbe costretti alla fuga per il viottolo battuto poc’ anzi. Fortunatamente il gran vento si arrestò e allontanò la pioggia. Giù nel piano di Sazzano, prima di separarci, non senza commozione dal Lenzi, il quale tornava a Laceno, ci ristorammo alla meglio nella capanna ospitale del nostro pecoraio: e avendo a scorta un giovane guardaboschi di Bagnoli, alle 7 circa ripigliammo le mosse per la via interminabile di Caposele.
Sulle orme di Giustino Fortunato *** 31.07.1878-31.07.2011 (1,22 mb)