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Gli imprenditori della transumanza

15.06.2011, Il Mattino (di Virginiano Spiniello)

Come descrivere i suoni di una mandria di trecento bovini? È tutto un tintinnio di centinaia di piccoli rintocchi, una cantilena di richiami e urla. È un rincorrersi di uomini e cani che aiutano la mandria a seguire le mucche anziane, quelle con i campanacci più grandi, dal suono più profondo. Le madri chiamano i figli, le anziane tracciano il passo; tra loro uomini a cavallo e, in coda e davanti, quelli a piedi, dietro a chi si attarda.

È mattina presto, l’ultima tappa di un viaggio iniziato a Cerignola tre giorni prima. Dalle pianure della Capitanata, il pascolo estivo, le vacche ritornano alla Piana di Verteglia, all’alpeggio. È la transumanza. Fino all’Ottocento, milioni di capi di bestiame, soprattutto pecore, attraversavano il Regio Tratturo dall’Abruzzo alla Capitanata, passando per l’Irpinia. Oggi l’antico sentiero è asfaltato, tranne piccoli tratti, e gli allevatori, cercando di evitare le grandi arterie, percorrono le strade interne per arrivare a destinazione.

L’Ordine dei Veterinari di Avellino, insieme all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, anche quest’anno ha accompagnato una mandria irpina lungo l’ultima tappa della «Via della Transumanza» concludendo la giornata con una tavola rotonda sulla Zootecnia, insieme alla Facoltà di Veterinaria di Napoli, presso le strutture dell’agriturismo «Nonna Rosina» a Nusco. «Sono 50 anni – dice Felice Moscariello, proprietario della mandria – che faccio la transumanza. Fratelli, figli, generi, amici. In venti siamo partiti da Cerignola, tre giorni fa. Viaggiamo di notte e ci fermiamo di giorno, per far riposare gli animali. Siamo noi che dobbiamo seguirli. È importante capire gli animali, saperli prendere. Avere polso, certo, ma non essere aspri: l’animale si accorge di come sei, ti sente e si regola di conseguenza». Insieme a Felice ci sono il figlio Massimo, trenta anni, e i nipoti che sgambettano dietro ai vitellini. «Il percorso – dice Massimo – è sempre lo stesso e si fa di notte. La prima tappa va da Cerignola a Rocchetta Sant’Antonio.

Il giorno dopo, partendo da Rocchetta, facciamo due soste: una a Lacedonia e l’altra a Bisaccia. Di mattina arriviamo a Guardia Lombardi, stiamo fermi tutti il giorno e di sera partiamo per arrivare a Montella. La mattina dopo attraversiamo il paese per arrivare fino alla Piana di Verteglia. Qui, fino ai principi di luglio, mungiamo le mucche e facciamo il caciocavallo. Entro novembre, però, dobbiamo ritornare in Puglia dove, purtroppo, gran parte dei vecchi pascoli stanno finendo, minacciando seriamente la continuazione della nostra attività».

Sabatino Troisi, presidente dell’Associazione Produttori di Caciocavallo dei Picentini, afferma che «apparentemente la transumanza può sembrare solo un retaggio, una tradizione, ma è una attività con una forte valenza economica. Rappresento 18 allevatori e molti allevano la Podolica, la razza tipica dei nostri monti. Il mercato si è trasformato, sono rimaste solo le grandi aziende e le piccole a conduzione familiare che, per produrre in montagna, hanno bisogno di sostegni concreti come infrastrutture per la mungitura e la stagionatura. I Comuni dovrebbero finanziare questo tipo di infrastrutture ed eliminare le discrepanze tra programmazione e progettazione attivandosi concretamente».

Antonio Limone, Commissario dell’Istituto Zooprofilattico, ricorda che «quando hai mandrie allo stadio brado, soprattutto la Podolica, che ha una resa minore, il latte serve a fare formaggi di qualità. Oggi l’economia si sta trasformando, si va verso l’autonomia fiscale dei territori e il modello di sviluppo industriale è fallito. Abbiamo le risorse, ma queste sono attività che hanno bisogno di sostegno, strutture, di mettere in comune parte dei processi di lavorazione. La commercializzazione dei prodotti, inoltre, deve inserirsi in un contesto culturale, ci deve essere un processo condiviso e collettivo di educazione al gusto. Riappropriamoci del nostro ambiente per produrre cibi più salubri. Questo è sviluppo».

Vincenzo D’Amato, presidente dell’Ordine dei Veterinari, dopo aver sottolineato la grande partecipazione all’iniziativa, ha ribadito, infine, che per aiutare gli allevatori «si deve diminuire innanzitutto la burocrazia. Bisogna tener conto delle esigenze di chi non può programmare mesi prima un viaggio condizionato da fattori non prevedibili come il clima e le condizioni dei pascoli. Mandrie come questa conservano la purezza della razza Podolica, sono un patrimonio da tutelare. In questa direzione domenica 26, al Goleto, si terrà l’iniziativa su ”Eccellenze rurali, radici e prospettive”: per evidenziare la differenza tra chi si limita a vendere il latte e chi, invece, investe nelle fasi successive generando valore per il territorio».

                                                                                                       

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