Assopito
27.04.2011, Articolo di Alejandro Di Giovanni (tratto da “Fuori dalla Rete”, n. 2 anno IV, Aprile 2011)
Eccomi sulle rive del Mediterraneo. Parto, lascio l’ Europa. Scenderò a sud, giù, sempre più a sud. La terra nera e bruciata dal sole, gialla come l’oro, verde come l’ ultima foresta fitta e incontaminata del mondo, la terra dimenticata e per questo salva. Da qui non riesco a vederla, troppo mare mi separa da essa, ma il suo richiamo sibila a pelo d’acqua.
Africa, sogno di una vita, immagine sublime, sensazione pura e onesta: un apolide chiede rifugio, una stagione lunga ha già consumato, renditi inospitale come sai. Le strade del sapere dovrebbero essere dimenticate una volta percorse, e queste verità transitorie mi trascinano in un limbo di pece, in un mortificante mondo di accettazione e negazione, di eterna insoddisfazione. Sono ancora salvo: non ho scopi, non ho ambizioni, l’ultimo rifugio dei falliti mi è sconosciuto. Allora che stiamo facendo? Stiamo dicendo e scrivendo qualcosa della quale un giorno ci vergogneremo. L’ abiura è nella brezza, il mondo è alle spalle, sotto i piedi, dappertutto. Maledicendo il mio essere stato, chiudo gli occhi e lascio volteggiare gli eventi.
A piedi nudi ti vivrò per sentire il rumore della terra, brucerò al sole ardente senza vesti, a bocconi ingerirò l’aria greve e il mare sorseggerò a fiotti, risalendo per rapide e baratri in apnea, sazio di paesaggi, ebbro di libertà.
Perdiamo tutto e diveniamo finalmente liberi, è l’unico modo per esserlo, ma è dura, davvero dura metterlo in atto. L’abitudine è la nostra acerrima nemica, ostacola la nostra innata liberazione: abitudine a persone, cose, azioni, comportamenti. Reprime, vincola, ostacola: il male ha le sembianze della tua moglie opprimente, del lavoro incasellante, del tuo cellulare che non riesci a mettere via, del web che diviene il primo pensiero della giornata da anni, delle tue stupide convinzioni che consideri verità assolute, del continuo voler sapere di altri e far sapere sempre di se: il villaggio globale è in voga, ci stiamo dentro e si direbbe anche bene. Avrei bisogno del nulla, del silenzio, dell’ arte, della solitudine … E intanto la morale (primo difetto del cervello) e il puritanesimo sono tornati di moda: esiziale, davvero.
Miserabile e ingannevole essere occidentale del duemila, riponi in te stesso desideri e aspettative dell’ umanità intera: agiatezza economica che sfocia in consumismo appagante, rispettabile reputazione, famiglia perbene, vita socialmente lodevole.
Lì il sole è più grande e vivo, i tramonti più profondi, le nuvole più vicine, le aurore rosa porpora più fascianti. Solo come ogni essere umano, ma consapevole. Si aprono davanti a me radure sterminate che i miei occhi estasiati non riescono a contenere, e aldilà maestose vette che attendono una cavalcata prossima al cielo. Seguirò le traiettorie pirotecniche di specie alate come se fossi piuma sospesa, assisterò alla violenza animalesca del sopravvivere con viva ammirazione, l’ istinto avrà cura di me. Di notte, intorno a un falò, danzerò con indigeni e stelle a ritmo primordiale: la luna sarà la mia amante.
Sarò uomo, e non consumatore, non italiano, senza legge e democrazia, non progressista o conservatore, cattolico o ateo, comunista o fascista … sarò tutto, bianco e nero, scevro d’ affetti, specie assoluta e compiuta. Navigherò con una zattera di bambù l’oceano, alla ricerca di tesori marini ancestrali per compiacere i sensi. Tornerò ricoperto di fasto nelle foreste impenetrabili e ostiche, sospeso da un afflato prodigioso come falena vi accederò; nel deserto rosso, avvolto dal silenzio assordante e dal niente più angosciante, sotterrerò i miei pensieri, le mie storie, le mie emozioni: lascerò tutto, anche la vita, e andrò incontro al nulla obliante.
Si, eccomi sulle rive del Mediterraneo. Parto, lascio l’ Europa. Parto, ma sono ancora qui, con questo tuo libro tra le mani e nella testa, Arthur Rimbaud, e non m’importa.
Parto … solo e sempre, con la sola mente.
( Immaginazione e sogno, due buoni motivi per vivere! )