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Il TARTUFO in Campania – Dépliant 2011

(A cura della Regione Campania, Assessorato all’Agricoltura Foreste Caccia e Pesca – Osservatorio dell’Appennino Meridionale  – Associazioni dei raccoglitori di tartufi campani)

La “risorsa” TARTUFO

La Campania è ormai da tempo territorio di eccellenza per ciò che riguarda il Tartufo. Sono tante le aree, in ogni provincia, ove tale prodotto sta determinando risultati economici di grande interesse, coinvolgendo il mondo delle imprese, non solo agricole e forestali, ma anche dell’artigianato e dell’enogastronomia locale. Occorre però incrementare le azioni di valorizzazione e promozione del prodotto campano, anche attraverso azioni di marketing territoriale, coinvolgendo soprattutto le comunità e le istituzioni locali.

SFOGLIA IL DEPLIANT SUL TARTUFO

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Sviluppo sostenibile della risorsa Tartufo in Campania (di Vito Amendolara, Assessore regionale all’Agricoltura)

In Campania sono presenti numerose specie di tartufi, tra i quali il più diffuso e famoso è il Tartufo nero di Bagnoli Irpino (Tuber mesentericum), dal nome del comune ove da secoli si è andata sviluppando una vera e propria cultura intorno a tale risorsa. Il comparto dei tartufi in generale rappresenta un’importante attività economica per la Campania, sia a livello di produzione che di trasformazione e commercializzazione, per il numero crescente di imprese che vi sono impegnate, oltre a rivestire un ruolo rilevante dal punto di vista della tutela dell’ambiente naturale e della promozione del territorio. I dati statistici, ritenuti dagli esperti poco veritieri perché sottostimati, riportano una produzione regionale di 1-1.500 quintali di prodotto annuo per un valore di 3-4 milioni di euro. In realtà, tale rilevamento tiene conto solo delle aree tradizionali, mentre oggi il tartufo è segnalato in tanti altri territori, dal beneventano, al casertano, al salernitano, fino al Monte Faito. Una svolta nella considerazione dell’importanza di questa risorsa per l’economia regionale è stata determinata dai ritrovamenti, sempre più diffusi, soprattutto nel beneventano, del tartufo bianco pregiato, imprimendo un’accelerazione nei processi di investimento su tale comparto da parte delle imprese e delle comunità locali. Assistiamo finalmente ai primi insediamenti imprenditoriali di commercializzazione e valorizzazione, nelle stesse aree di raccolta, del prodotto fresco e trasformato, ribaltando la mortificante consuetudine di collocare il prodotto ad operatori e commercianti di altre regioni i quali, sfruttando i vantaggi della carenza in Campania di strutture idonee, lucrano sul valore aggiunto che riescono a conseguire, sottopagando il prodotto appena raccolto. È in atto anche un’azione a tutto campo volta ad invertire la “scadente” ed immotivata reputazione che il Tartufo di Bagnoli soffre a livello mercantile. Prodotto che, una volta giunto a destinazione, attraverso forse arcani sortilegi, riacquista una valutazione commerciale di rispetto e viene rivenduto, spesso sotto altra forma e denominazione, come tartufo pregiato. Viene da chiedersi perciò se la cattiva fama del mesenterico, che guarda caso dagli intenditori viene considerato come il “vero” tartufo da tavola, quello che riesce realmente a connotare e dare forza alle pietanze con cui viene a contatto, non derivi da speculazioni costruite ad arte, nel tempo, sulla base di luoghi comuni cui anche la ricerca scientifica ha contribuito, suo malgrado, a rafforzare. Questa riflessione va fatta però a tutti gli imprenditori della filiera troppo spesso interessati più ad un mordi e fuggi, assolutamente precario ma prontamente remunerativo, che a costruire un percorso comune che potrebbe condurre a ben più consolidati successi imprenditoriali, anche attraverso il coinvolgimento di altri profili professionali, come gli addetti alla ristorazione e alla gastronomia di qualità.

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Un Progetto regionale sul Tartufo

L’Osservatorio Appennino Meridionale realizzerà un intervento per lo sviluppo del settore in Campania.

L’Osservatorio Appennino Meridionale, consorzio pubblico con sede presso l’Università degli Studi di Salerno, realizzerà nel corso del 2011 il “Progetto per la valorizzazione dell’economia del Tartufo in Campania” con il supporto di un Tavolo tecnico consultivo e di coordinamento cui partecipano: la Regione Campania – Sesircae Settore Foreste, le Associazioni dei raccoglitori di tartufi riconosciute e il Gruppo Micologico Campano. Il Progetto si articola in azioni a carattere promozionale per la valorizzazione del tartufo campano, e in attività di studio e ricerca. Nel primo caso, saranno programmati eventi promozionali, a forte impatto anche mediatico, lungo tutto l’anno, nonché verrà organizzato un calendario unitario di tutte le manifestazioni che si svolgono nei territori di produzione, al fine di realizzare sinergie di promozione e comunicazione. Iniziative a carattere didattico-culturale saranno svolte presso le scuole secondarie, gli Istituti Alberghieri e l’Università. Tra le attività di studio e ricerca, è prevista un’indagine sulla filiera e sul mercato dei tartufi che faccia finalmente luce su un settore poco conosciuto ma dalle grandi potenzialità di sviluppo, e uno studio, a cura di micologi esperti, sulle tipologie di tartufaie naturali prevalenti in Campania al fine di contribuire al loro miglioramento produttivo.

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I tartufi presenti sul territorio

Il Tartufo nero di Bagnoli Irpino (Tuber mesentericum Vitto)

Il termine scientifico con cui esso è caratterizzato deriva dall’aspetto circonvoluto delle vene miceliari presenti all’interno della gleba, che conferiscono un aspetto simile a quello del mesentere (piega dell’intestino umano). Viene comunemente indicato come “Tartufo nero ordinario” o “Tartufo di Bagnoli”. La gleba è carnosa e consistente ed ha colore marrone o grigio-bruno. Le vene sono chiare e si diramano a partire dalla fossetta basale del carpoforo. Viene prodotto, in natura, sotto querce, carpino, nocciolo e faggio, su suoli ricchi di calcare, negli stessi ambienti del tartufo uncinato e del tuber brumale, specialmente a quote elevate. E’ molto diffuso nell’Italia meridionale, soprattutto nelle faggete appenniniche. È considerato tra i tartufi ad aroma più intenso, forte, molto penetrante, che impreziosisce i cibi, in particolare i primi piatti. Per questa sua peculiarità è molto richiesto dall’industria di lavorazione e trasformazione.

Il Tartufo Bianco Pregiato (Tuber magnatum Pico)

È di gran lunga il tartufo più pregiato in assoluto, detto comunemente d’Alba o di Acqualagna, in quanto si riteneva in passato che fosse reperibile solo in alcune zone naturali di produzione. Il peridio, solitamente liscio e glabro, presenta a volte piccole verruche, è spesso solcato da screpolature, ha colore giallino, ocraceo. La gleba è soda e granulosa, di colore carnicino con sfumature tendenti al rosa. Cresce, in simbiosi con querce, pioppi, salici, tiglio, su terreni calcareo-marnosi e su arenarie. Le sue tartufaie naturali si trovano su terreni che si mantengono freschi ed umidi tutto l’anno e sono ubicati lungo fondovalli, margini di fiumi e torrenti ad altitudini variabili. I terreni vocati alla sua produzione hanno tessitura franca, franco-sabbiosa e franco-limosa, sono soffici, ben drenati, spesso hanno origine alluvionale, hanno pH alcalino o subalcalino, calcare totale sul 15-25%. La coltivazione di questo tartufo non ha finora fornito risultati soddisfacenti, se ne può, viceversa, consigliare l’impiego per la realizzazione di tartufaie “controllate” In Campania, il tartufo bianco è diffuso soprattutto nel beneventano (in almeno 3 aree diverse), ma è stato ritrovato anche in siti dell’avellinese (Partenio), del casertano e del basso salernitano.

Altri tartufi

In Campania sono presenti altre specie di tartufi, alcune come l’estivo o scorzone (Tuber aestivum), il bianchetto (T. borchii) e l’uncinato (T.uncinatum) abbastanza diffuse in tutti gli ambienti tartufigeni. Del bianchetto, peraltro, diffuso anche nelle pinete del lungomare casertano e salernitano, la Campania detiene il primato produttivo nazionale. Altre specie minori che si ritrovano sono: il moscato (T.brumale varo moschatum), il nero invernale n. brumale) e il nero liscio (T.macrosporum).

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Il Tartufo di Bagnoli, tra verità e bugie

Erano così sciocchi i Borboni che preferivano impreziosire i loro cibi con il tartufo di Bagnoli a discapito di ben più noti tartufi di pregio che però non fornivano gli stessi risultati gustativi? Questa domanda, che sembra così retorica quanto banale, prima di farla ai consumatori andrebbe fatta agli addetti ai lavori, cercatori ed operatori commerciali compresi, interessati sia a denigrare un prodotto poco diffuso al centro-nord, ma molto richiesto dalle industrie del settore, che nello stesso tempo a mantenere bassi i prezzi di acquisto. In fondo, il termine “tartufo” diventò, prima in Francia (truffle), poi in Italia, sinonimo di ipocrita, d’impostore, a ben ragione. Per secoli si è voluto far passare il concetto che un tartufo, se impregnato di aroma forte, quasi di acido fenico, non ha alcun pregio, che trasmette questo olezzo alle pietanze che va a condire, che in definitiva le rovina. Purtroppo, anche la letteratura scientifica si è prestata per decenni a queste ipocrisie ideologiche, accentuando, nella descrizione del Tuber mesentericum, l’aspetto olfattivo rispetto a quello gastronomico, inducendo in chi acquisiva le conoscenze sulle diverse specie tartuficole una sorta di apparente disgusto a prescindere. Solo chi ha la possibilità di gustarne le qualità intrinseche trasmesse in tutti i cibi con cui viene a contatto, scopre che il mesenterico è il tartufo che assapora maggiormente le pietanze, soprattutto i primi e le carni. Per superare queste ataviche e ingiuste, se non interessate, convinzioni diventa necessario programmare un ambizioso progetto di promozione commerciale e culturale che faccia “riconsiderare” il tartufo nero di Bagnoli irpino, non solo presso gli attori della filiera e i cosiddetti esperti scientifici, ma soprattutto presso la distribuzione organizzata, la gastronomia d’elité, e in definitiva presso i consumatori.

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Le Commissioni tecniche provinciali per la tutela del Tartufo

Le Commissioni, istituite pressole Amministrazioni Provinciali dalla legge regionale 131 2006, art. 8, ordinariamente svolgono i seguenti compiti:

a) valutano l’idoneità dei richiedenti il rilascio del tesserino di raccolta;

b) esprimono il parere per il riconoscimento delle tartufaie controllate;

b) esprimono il parere sui piani di conservazione di cui all’articolo 5 della legge regionale;

b) esprimono i pareri sulle variazioni al calendario di raccolta e sui divieti temporanei di raccolta.

Uffici competenti:

Provincia di Avellino

Settore Agricoltura e Ricerca scientifica – Corso Vittorio Emanuele n. 144 – 83100 Avellino

tel, e fax 0825.790427; e-mail: scaggiano@provincia.avellino.it

Provincia di Benevento

Settore Attività Produttive, Via Ciino Ricci n 1- Benevento

tel, 0824.774803; fax 0824.326021; e-mail: giuseppe.porcaro@provinciabenevento.it

Provincia di Caserta

Settore Foreste,Cacciae Pesca, Viale Lamberti, Area ex-Saint Gobain – 81100 Caserta

tel, 0823.2478152; fax: 0823.2478162; e-mail: cacciaepesca@provincia.caserta.it

Provincia di Napoli

Area Agricoltura – Ufficio Forestazione – Piazza Matteotti, 1- 80133 Napoli

tel, 081.7949601 e 081.7944585; fax: 081.7949599; e-mail: gprisco@provincia.napoli.it

Provincia di Salerno

Settore Attività produttive e politiche comunitarie – CsoGaribaldi n. 12412 – 84123 Salerno

tel, 089-2753414; fax 089.2753406-407; ufficioforeste@provincia.salerno.it

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Le associazioni dei raccoglitori

L’art. 7O della LR 7312006 sul Tartufo, consente il riconoscimento delle Associazioni dei raccoglitori, sia per il raggiungimento degli obiettivi di salvaguardia e miglioramento degli ecosistemi tattufigeni locali cheper la gestione oculata delle tartufaie controllate e coltivate. Le Associazioni riconosciute sono abilitate, inoltre, dalla Giunta Regionale ad attuare azioni di promozione, tutela e valorizzazione commerciale del tartufo, anche attraverso apposito sostegno finanziario. Fanno parte delle Associazioni: a) i cercatori in possesso di regolare autorizzazione alla raccolta dei tartufi; b) i raccoglitori su fondi di loro proprietà o comunque da essi condotti; c) i soggetti conduttori di tartufaie riconosciute. LeAssociazioni riconosciute sono 4  (di cui una in via di riconoscimento):

Associazione Tartufai dei Colli Irpini Avellino

Associazione Tartufai SannitiS.Angelo a Cupolo (BN)

Associazione Tartufai dei Monti Picentini Bagnoli Irpino (AV)

Associazione Micologica del Matese S.Angelo d’Alife (CE) (In corso di riconoscimento)

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IL TARTUFO in CAMPANIA – DEPLIANT 2011 (2,90 mb)

 

Relazione sul Tartufo di Bagnoli al Campus Fisciano (1,77 mb)

(a cura dell’Associazione Tartufai Monti Picentini)

                                                                                                       

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