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Il clima cambia, e noi?

14.03.2016, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete” – Marzo 2016, Anno X, n. 1)

Pilone-Seggiovia-obsoletaDa qualche anno a questa parte il futuro della nostra località pare sia appeso a doppio filo a quello delle seggiovie: senza impianti di risalita tutti immaginano una catastrofe cosmica. Eppure, come il 21/12/12, alla dismissione delle attuali seggiovie saremo ancora tutti vivi e (mi auguro) non a piangersi addosso. Da decenni si vive il sogno turistico degli anni settanta e quest’incapacità di svegliarsi lo sta trasformando nel peggiore degli incubi di una realtà incapace di vivere il proprio presente.
Il futuro di Bagnoli non è solamente quello delle seggiovie, ma quello del mondo. Il futuro del turismo del Laceno dipende più da quanto si è deciso a dicembre nella riunione del “Cop21” che dalle polemiche quotidiane. La conferenza sul clima parigina è stata sminuita dal clamore degli attentati, ma ha deciso le sorti del pianeta. I cambiamenti climatici sono il “main theme” di questo nuovo millennio: la povertà, le catastrofi naturali, le guerre, le carestie e i conseguenti riflessi sull’economia; hanno quasi sempre origine da questo fenomeno. Le condizioni del pianeta impongono drastici cambiamenti: il nostro stile di vita sarà obbligato a diventare più ecosostenibile. Il nostro paese sembra lontano anni luce da questo problema, in fondo i problemi più stringenti sono dati dalle piccole frizioni della vita quotidiana e ci si accusa a vicenda sugli effetti, lasciando su uno sfocato orizzonte le vere cause di questo male.
Bagnoli, come l’Italia, è al centro dei grandi cambiamenti climatici. Dagli anni sessanta ad oggi la nostra penisola ha visto la temperatura aumentare di un grado, il 2014 ha avuto la temperatura più alta della media di ben 1,45 gradi e luglio 2015 con 3,6 gradi rispetto alla media ha confermato i cambiamenti in atto. Si prevede che entro la fine del secolo potremmo avere una temperatura media in salita di 3,5 gradi. Una volta passata la soglia dei due gradi i cambiamenti climatici saranno irreversibili!
La nostra comunità ha già iniziato a vivere questi cambiamenti epocali; anche se ancora non c’è stata una presa di coscienza dinanzi a un mutamento che giorno dopo giorno s’insinua nella nostra quotidianità, spacciandosi per essa. Come tutti sanno questo dicembre si è caratterizzato per una forte siccità: una delle aree più piovose e ricche d’acqua del meridione è stata messa in ginocchio dalla siccità, a dicembre! Al di là della condizione di tubature e captazione delle sorgenti, la mancanza di precipitazioni in montagna nel mese di dicembre dovrebbe scuotere le nostre coscienze. Sempre più spesso si alternano periodi di siccità e periodi di piogge torrenziali. I cambiamenti climatici impongono alla nostra comunità una gestione parsimoniosa e attenta delle acque. Negli anni avvenire non ci sarà più permesso sprecare questo bene, serviranno infrastrutture moderne ed efficienti per il controllo/captazione delle sorgenti. Ogni goccia d’acqua diverrà preziosa per il nostro paese e per le vicine aree pugliesi a rischio desertificazione. Le piogge torrenziali richiederanno allerta e prevenzione continua per il rischio alluvioni.
I mutamenti climatici stanno portando periodi di forte caldo seguiti da freddo pungente: in questo caos le piante che rischiano di fiorire già a dicembre. Il clima instabile danneggia le coltivazioni e un aumento delle temperature mette in dubbio le tenuta della produzione castanicola a queste latitudini. La siccità non garantisce il livello storico di produzione di tartufi e funghi durante la stagione di raccolta. Come se non bastasse un clima sempre più caldo sta portando zanzare e altri insetti che possono creare problemi agli animali non abituati a fronteggiarli. Per la “Columbia University” di New York la malaria e la febbre gialla da qui al 2100 non potrebbero essere un tabù nella nostra penisola. Infine, il caldo anticipa e allunga la fioritura primaverile favorendo allergie e asma nella popolazione.
In tutto questo dobbiamo inserirci Laceno; insomma, quale sarà il futuro della località sciistica altirpina? Per onestà bisogna ammettere che sedici anni fa a Bagnoli si vedeva la prima neve già a fine novembre/dicembre, inoltre le precipitazioni nevose erano notevolmente più copiose. Oggi la neve arriva in paese soltanto tra gennaio e febbraio, ma (esclusi uno o due casi degli di nota) è una poltiglia che va via ai primi raggi di sole. Se alle quote più basse la situazione è questa, è scontato il calo anche alle altezze maggiori. A Laceno nevica sempre meno e spesso le precipitazioni non garantiscono un manto ottimale, questo scoraggia la prenotazione di una settimana bianca sull’altopiano. Eppure, il futuro della località si affida ancora una volta alle seggiovie e al futuro rifacimento degli impianti. Nessuna impressione sta suscitando il ritiro dei ghiacciai e un Natale senza neve sulle Alpi. Dalla riunione del “Cop21” i segnali non sono molto rassicuranti, per lo più si è raggiunto un compromesso che non lascia ben sperare nel contenimento del fenomeno. Stiamo parlando di contenimento, non inversione! Ciò significa che gli inverni del secolo scorso sono ormai un ricordo lontano per il nostro amato Laceno!
Un’interessante articolo di Fabrizio Gatti (http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/11/30/news/qui-prima-c-erano-i-ghiacciai-1.240981) ci porta a Pian del Tivano (CO): qui negli anni novanta si sciava, mentre oggi il bosco ha inglobato le seggiovie. La neve è iniziata a diventare sempre più rara e precaria costringendo ad abbandonare gli impianti sciistici. Da alcuni anni viene utilizzato unicamente l’anello di fondo nei pochi giorni di innevamento. Questo dovrebbe farci riflettere se l’eventuale costruzione di nuovi impianti sul Laceno senza pensare ad una loro eventuale riconversione. SI rischia di avere degli impianti che già al momento funzionano per lo sci al massimo due o tre mesi ed il rischio di vederli abbandonati alle faggete diverrebbe concreto. Milioni di euro andrebbero in fumo in quest’infrastruttura per colpa dei cambiamenti climatici. Questa stagione invernale 2015/2016 con una sola nevicata degna di nota in gennaio e nevicate dai 1400 metri in marzo, sta ponendo una grande incognita sul futuro dello scii senza neve artificiale in Campania. Indubbiamente, la costruzione di nuovi impianti richiede maggiori sforzi su usi alternativi che nuove piste.
Laceno non è solo scii, ci sono tante risorse da sfruttare per non puntare tutto su un binario che rischia di essere morto in partenza. E’ ora di capire che Bagnoli deve smettersi di considerarsi un mondo a sé stante. Per quanto si possa conoscere il passato, se non sappiamo vivere e conoscere un mondo globalizzato siamo destinati al fallimento. Il mondo sta cambiando e anche la nostra comunità sta attraversando dei cambiamenti epocali. E’ questo il momento di cavalcare i cambiamenti in atto e non farsi cogliere impreparati dal futuro. Sarà difficile accettarlo, ma nel 2016 il sogno originario del polo invernale del Laceno presenta molti dubbi. Bagnoli non ha creato nessuna alternativa vera di sviluppo turistico negli ultimi decenni e continua a poggiarsi sulle seggiovie, il sogno di un imprenditore laziale che mezzo secolo fa ha creduto in questa terra. Oggi è inutile tirare al bersaglio su quello che è stato l’unico e vero pilastro del turismo bagnolese: in tutti questi anni non si è riusciti neanche a vedere in funzione i cannoni esistenti. E’ ora di pensare davvero a quale sarà il turismo del Laceno, altrimenti potrebbe toccargli la sorte di questa località sciistica fantasma nel reportage (http://abbandonografando.blogspot.it/2014/11/l-abominevole-ecomostro-delle-nevi.html). Ai grandi cambiamenti in corso non interessa della politica o dell’imprenditoria, ma solo la resilenza di una comunità unita nel fronteggiarli può ridurne l’impatto.

                                                                                                       

2 Commenti »

  • redazione scrive:

    Il commento di Angelo Mattia Rocco:

    Caro Federico, oggi in treno ho letto attentamente la tua disamina, anche incuriosito dal tuo messaggio nel quale mi annunciavi di questo articolo. Come sempre, non ti risparmio i complimenti per il tuo impegno e per il tuo modo di scrivere, ma questa volta su alcuni punti sono in disaccordo con la tematica esposta. Onde evitare che il mio commento sia tacciato (in generale) di “faziosità”, metto in chiaro che effettivamente (non lo si può negare) sulla vicenda funivie sono di parte, proprio per questo eviterò di scendere in tecnicismi o ritornare sulla storia del finanziamento (dato che ne è stato parlato in abbondanza).

    Su due punti, però avrei piacere di esporre la mia opinione: l’aspetto turistico e l’aspetto meteorologico.

    Toccando l’aspetto turistico, è indubbio che l’offerta del Laceno vada migliorata e resa fruibile in tutto l’anno, cercando di raggiungere la tanto osannata (e giustissima) destagionalizzazione dei flussi. Giustissimo puntare al trekking, all’ambiente, al turismo eco-sostenibile, ecc ecc… non trova, a mio avviso, giustificazione però la scissione dello sviluppo del Laceno dall’impianto sciistico per vari motivi. In primis, se effettuiamo spesso paragoni con realtà molto più grande (ci riferiamo sempre al Trentino anche se conosciamo la fiscalità agevolata e quindi andiamo oltre…) è testimoniato ed è un dato di fatto che dove vi sia un impianto di risalita a funzionalità estivo-invernale il movimento turistico ne beneficia eccome! Sono poche le realtà che hanno puntato alla natura al “naturale” (scusate il gioco voluto di parole) e mi viene in mente l’esempio delle Odles in Val di Funes, ma stiamo parlando di località ad alta concentrazione di possibilità alpinistiche, tecniche, escursionistiche ecc ecc (un’oasi rara da connubi unici anche grazie alle realtà sviluppate dei dintorni).

    Inoltre, il sogno degli anni 70, è ancora il fulcro di quella idea di Laceno che punti a flussi sempre più ampi e passando da Aniello Capozzi (primo a vedere una possibilità ristorativa – turistica) a Giannoni che ha dato il via alla “favola del Laceno”, non possiamo pensare ad una involuzione o un ritorno al passato che non gioverebbe alla comunità (e non solo bagnolese). Dove vi è un impianto c’è indotto, c’è interesse, si smuovono masse e la “novità” legata all’accessibilità dei monti fa si che anche i non esperti e i non attrezzati possano godere degli spettacoli delle nostre terre; basta pensare alla scarsa offerta della località in alcuni periodi per vedere come, i turisti presenti nelle strutture, confluiscano agli impianti per trovare quel “qualcosa da fare”.

    Inoltre, il rinnovo della stazione aiuterebbe e non contrasterebbe quella “destagionalizzazione”, una manna dal cielo che sullo slancio del rinnovamento porterebbe freschezza, novità, attrazioni e interesse diffuso sulla località. Un’opportunità che farebbe da se (basterebbero già i lavori iniziali) scalpore e movimento!

    Va da se poi che il rinnovo della stazione, dovrebbe e potrebbe (e a mio avviso lo farà) portare ad un rinnovo graduale di tutto l’areale e ad interventi sempre più incisivi tra grotte, sentieri e altro per rilanciare l’idea di “polo turistico”.

    Altra problematica è quella meteorologica; e qui, chiamo in causa il caro amico Michele Gatta, ex allievo (attualmente meteorologo della categoria longer) che attualmente da voci note del web e non solo, ha superato e stracciato il maestro che giustamente non può far altro che esserne contento (divagazione di simpatiche chiacchiere tra me e Michele) . Questa stagione invernale è stata fortemente influenzata da fattori meteo ben precisi, conosciuti e analizzati già dal mese di Marzo (mi riferisco al Nino ecc ecc, sul quale non mi dilungo) e ad occhi di carte e modelli da combinazioni bariche non sufficienti a creare il mix vincente. Ma possiamo per alcune stagioni allarmarci e parlare di cambiamenti climatici? Tralasciando le tesi del global warming (a cui francamente credo poco e sono seguito da molti meteorologi importanti), vorrei ricordare l’annata scorsa con sciate da Novembre ad Aprile, il fantastico 2012, il 2005, il 2006, lo stesso 2013 che tutto sommato anche se a strappi ha garantito la sciabilità da metà Gennaio in poi e altre stagioni passate magari in sordina per episodi eclatanti ma pur sempre ottime da un punto di vista sciistico.

    Vogliamo per caso dimenticare di annate degli anni 90 dove la neve era un miraggio? E invece negli ultimi decenni abbiamo visto in realtà una nuova ciclicità?

    Per una mia personale opinione, non c’è nulla di strano in quello che sta succedendo e sono semplici cicli naturali che ci sono e ci saranno sempre; mi preoccuperei piuttosto (come in altre zone) di creare sinergia tra enti, consorzi e impianti affinché con le poderose inversioni termiche si possa giungere all’ottenimento dei “nulla osta” (non scendo nemmeno qui nei dettagli sia tecnici che economici) per attivare l’innevamento artificiale in periodi freddi e secchi.

    Secondo me le alternative ci sono e non sono scindibili dall’impianto. Abbiamo una Ferrari al Laceno che attualmente (come si suol dire) viaggia come una 500. Facciamo in modo che non si torni al triciclo per una diffusa opinione di poter riuscire in un qualcosa di ammirevole (turismo naturalistico) ma a questo punto integrabile e migliorabile con i supporti esistenti.
    Concludo, con un saluto e un abbraccio, sperando di vederci presto per un caffè e approfondire le tematiche. A presto!

    P.S. colgo l’occasione, data la mia assenza da tempo su articoli e commenti, per ringraziare Mimmo per la costanza, la passione e la determinazione che mette nel portare avanti il sito e nel dare l’opportunità a tutti di esprimersi, nel rispetto del contraddittorio ed esponendo da ottimo “direttore” le sue opinioni e le sue prerogative per questa sua linea editoriale.

  • redazione scrive:

    Alcuni commenti (confronto F. Lenzi/A.M. Rocco) tratti dalla pagine fb di PT39.

    Giangrande Giovanni: Sono d’accordo con Mattia la gente ancora non si rende conto un impianto sciistico quanti soldi porta mentre il turismo del pic nic porta solo immondizia.

    Mario Di Giovanni: Ma voi siete ancora fermamente convinti che il futuro è nello sci??? Lo sci dovrebbe essere un plus ultra il turismo naturalistico è il futuro i nuovi sport sono il futuro una valorizzazione del paese a valle con alberghi e servizi..un Laceno raggiungibile solo in funivia o in navetta dove non ci siano auto e dove la tranquillità e la natura la fanno da padrone..parchi avventura,fanbob,
    Teleferiche,trekking,arrampicata indoor e outdoor le grotte il lago e perché no anche lo sci ma come aggiunta al resto quando c’è neve(ma senza il necessario bisogno che nevichi perché L indotto è mosso da tutt altro) tutto nella cornice di un luogo raggiungibile solo a piedi e con navette elettriche portando poi a fine giornata i turisti al paese dove li si sviluppa L indotto economico (alberghi,negozi,bar ecc) il futuro è verde fatevelo un giro sulle Alpi e vedrete che anche lì ormai è su questo che puntano

    Ferdinando Rogata: Bene, si risolve così la situazione, siano gli investitori privati a fare l’investimento per tenere in efficenza il sistema sciovie che già esiste. Questi imprenditori devono essere convinti che ci sia spazio per lo sci, bene avanti con il loro investimento. Finiamola di regalare i soldi dei cittadini italiani a chi vuole fare l’imprenditore !!! Detassazione e altri incentivi si, ma non il furto dei nostri soldi a chi pensa di fare “impresa”. Actung!!!

    Francesco Frasca:uscire un po’ dai confini non farebbe male.non bisogna andare lontano , Roccaraso Rivisondoli Pesco i loro impianti la marea di sciatori che poi riempiono alberghi trattorie e ristoranti e poi ritornano d’estate per scoprire la natura e i paesaggi e gli alberghi e le trattorie e iristoranti sempre pieni anche ad agosto.

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