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Castanicoltura in Irpinia: intervista ad Adamo Patrone

30.01.2018, A cura di Giulio Tammaro (da “Fuori dalla Rete” – Gennaio 2018, Anno XII, n.1)

Prosegue il nostro “viaggio” nel comparto castanicolo irpino.  Nel precedente numero di Fuori dalla Rete vi abbiamo proposto un interessante intervista a Salvatore Malerba, imprenditore  di origine montellesi e titolare dell’azienda castanicola “Castagne Malerba” .

Per questo nuovo numero di Fuori dalla Rete,  invece, abbiamo incontrato Adamo Patrone, Presidente  provinciale dell’Associazione Italiana Coltivatori e Vicepresidente dell’associazione tartufai Monti Picentini, da anni in prima linea nella lotta al cinipide Galligeno.  Quella che segue è un intervista a tutto campo sulla situazione attuale in cui versa  il comparto castanicolo irpino. La produzione di castagne, soprattutto per l’Alta Valle del Calore, è stata da sempre una delle principali risorse produttive. Esse assicuravano un reddito, spesso esclusivo, a tantissime famiglie e a diverse aziende locali. I castagneti svolgevano inoltre un importante ruolo di protezione ambientale. Il cinipide galligeno ne sta compromettendo lo sviluppo e, in alcuni casi, l’esistenza. Adamo Patrone nonostante tutto crede: “Che  forse la luce non sarà così lontana”. Favorevole alla lotta con prodotti biologici, già utilizzati in agricoltura, è convinto che per salvare il comparto castanicolo, alla lotta al cinipide occorre affiancare una nuova idea di agricoltura perché: “Il mondo agricolo cambia, è dinamico, bisogna cambiare anche la nostra mentalità, le nostre tecniche di  gestione,   per   cercare  di  avere   una  filiera  competitiva   e di qualità.” 

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Adamo-PatroneIl consiglio Regionale ha varato la modifica della legge 11 del 1996. In pratica i castagneti non verranno più classificati come boschi ma come frutteti. Con questa modifica cosa cambia per il comparto della castanicoltura?

Con la modifica introdotta allegata alla legge di stabilità 2017 cambiano molti aspetti per il comparto castanicolo,  il varo che oggi i castagneti vengono identificati come da frutto “in attualità di coltura” fa sì che ci sia una trattazione dello stesso senza ricorrere alle prescrizioni disciplinate dalla normativa forestale, molto restrittive, ma bensì poter iniziare a parlare e gestire i nostri castagneti non più come come agrosistema forestale ma come colture arboree redditualmente produttive, potendo mettere in campo tutte le tecniche e le strategie volte alle gestione del castagno così come già avviene per tutte le altre colture arboree da reddito, oltre al fatto che ciò apre una strada spianata alla captazione di tutti i finanziamenti messi in campo dal Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020 della Regione Campania e successivi, nonché i pagamenti diretti erogati dalla UE nell’ambito del primo pilastro della Politica Agricola Comunitaria, i cosiddetti premi PAC, che fino a qualche anno fa venivano destinati a tantissimi comparti agricoli ad esclusione del comparto castanicolo.         

C’è grande soddisfazione nel comparto castanicolo per l’azione di modifica della legge 11 effettuata dalla Regione Campania. Questa modifica può essere la chiave per mettere in campo alcuni trattamenti fitosanitari?

La modifica può essere la chiave per poter ampliare la possibilità dei discorsi da un punto di vista fitosanitario sia nell’ambito dell’agricoltura integrata che dell’agricoltura biologica. Da anni ci sono dei prodotti registrati sul castagno per poter combattere determinate tipologie di avversità che nel tempo hanno interessato le nostre cultivar, basti pensare in anni passati alla mannaia del primo cancro corticale ove in alcune località anche della provincia di Avellino, ha costretto agricoltori ad addivenire a decisioni drastiche come l’estirpazione delle stesse piante con la sostituzione di altre colture, oggi questo non avviene più seguendo le dovute prescrizioni dettate dai disciplinari di produzione. Ad oggi il nostro comparto è attraversato dalla crisi indotta dal cinipide galligeno del Castagno e dalle calamità naturali causate delle avverse condizioni climatiche come la lunga siccità di quest’anno, con le giuste scelte potremmo far sì che per queste problematiche venga ridotta al minimo la soglia di danno.

Classificando i castagneti come frutteti i castanicoltori saranno autorizzati a trattare maggiormente i propri castagneti con antiparassitari. Non si corre il rischio di sostituire la lotta biologica al cinipide con quella chimica?

Innanzitutto bisogna dire che non si può parlare di lotta chimica ma bensì di lotta integrata ovvero di tutte le tecniche che mettono insieme parzialmente i principi indicati sia dalla lotta biologica che dall’integrazione di tecniche con prodotti a basso e medio impatto contemplati e registrati sul castagno. Con il susseguirsi di studi nel corso degli anni, la ricerca ha fatto passi da gigante nel settore fitosanitario, ad oggi ci sono prodotti a basso impatto o impatto zero anche contemplati nei disciplinari dell’agricoltura biologica per tantissime colture erbacee ed arboree, anche per diverse avversità del castagno ci sono prodotti registrati, per esempio il disciplinare regionale dell’agricoltura integrata della regione Campania dà la possibilità di poter combattere le cydie ed il balanino anche con un trattamento annuo di lambdacialotrina, quindi la possibilità c’è. Credo che bisognerebbe aprire le porte anche ad altri tipi di prodotti, che essenzialmente sono biologici, e vengono già utilizzati su altre coltivazioni, per integrare magari la lotta al Cinipide Galligeno del Castagno per dirti.

Adamo-Patrone-Bagnoli-Irpino-Lancio-TorymusIl prof. Alberto Alma, entomologo, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Torino, sostiene che nelle Regioni del nord Italia la lotta biologica ha raggiunto eccellenti risultati. Lo stesso non si può dire per le Regioni del centro-sud. Questo è dovuto alla diversa conformazione territoriale delle nostre regioni o, come sostiene qualche malpensante, le cause sono da ricercarsi nei pochi lanci di torymus effettuati?

Beh questa è una domanda da un milione di dollari, andare a ricercare le cause del perché e del per come i risultati attesi si stanno avendo molto lentamente, potrebbe essere dato da una marea di fattori, conformazione territoriale, progressivo abbandono dei castagneti, condizioni climatiche avverse, un mix insomma. C’è da dire che non si può dare l’onere ad un insettino di 2 mm quale è il Torymus Sinensis di risolvere un problema tanto grande da solo, e il nostro apporto qual è? Io credo che dobbiamo smettere di pensare che il castagneto va vissuto solo 2, massimo 3 mesi annui per fare lo sfalcio, l’abbrucciatura dei residui (tecnica sbagliatissima), la raccolta e al massimo la potatura ogni 4/5 anni. No! L’agrosistema castagno va vissuto tutto l’anno, se abbiamo un frutteto dobbiamo gestirlo come un frutteto, quindi con i dovuti accorgimenti per renderlo produttivo al massimo, vedo poca gente che fa concimazione e questo credo sia alla base dell’aspetto produttivo della pianta, il terreno con il tempo si impoverisce dei macro e micro elementi nutritivi, dobbiamo aiutare le nostre piante. All’attualità noi abbiamo di fronte a noi un malato e se il malato non si rifocilla, mai si riprende e mai vincerà la malattia, anzi si indebolisce ed è più vulnerabile a tante altre avversità.

Qual è la posizione dell’Associazione Italiana Coltivatori di cui e presidente in merito alla lotta al cinipide?

La linea tracciata dalla Comunità Europea va verso la restrizione dell’utilizzo dei prodotti chimici, basti pensare che ad oggi la UE ci impone lo status del rispetto delle norme dettate dai disciplinari dell’agricoltura integrata, con il totale abbandono del metodo convenzionale, e per il futuro si va incontro alla massimizzazione del discorso dell’agricoltura biologica. L’Associazione che ho l’onore di rappresentare negli anni ha preso sempre posizione cercando di portare avanti quello che oggi la comunità europea ci dice ed in futuro si pensa ci obbligherà a seguire, per il Cinipide abbiamo sempre appoggiato la lotta biologica con il Torymus Sinensis, siamo comunque convinti che nel tempo darà ottimi risultati, ma come le ho detto nel tempo, in addendum siamo stati sempre aperti alla possibilità di forma di lotte alternative o quanto meno coadiuvanti al Torymus, come le ho detto prima ci sono tanti prodotti biologici registrati in altri stati e su altre colture che hanno dato risultati eccellenti, apriamogli la strada anche sulla filiera castanicola.

castagnetoAd oggi qual è la situazione produttiva castanicola locale?

La situazione castanicola locale è quella che si vede, il comparto è in crisi è inutile ripeterlo. Quest’anno potevamo avere una grande produzione ma le avversità climatiche ci hanno remato contro. Il castagno è una pianta che ha degli sbalzi produttivi, ad un anno di massima si sussegue un anno di minima, avveniva anche in condizioni pre-cinipide. Quest’anno si erano create le condizioni per poter essere l’anno di massima. Credo che capiremo se stiamo regredendo dalla crisi del comparto nell’anno di minima, ovvero l’anno prossimo; se nel 2018 la produzione sarà simile o leggermente maggiore di quella di quest’anno (con condizioni climatiche ordinarie) forse la luce non sarà così lontana, anche se come ho detto poc’anzi e ripeto, bisogna vivere 365 giorni l’anno l’agrosistema castagno. 

Quali sono le prospettive future per il comparto castanicolo?

Il Programma di Sviluppo Rurale della Regione Campania, ci ha aperto una marea di prospettive future per il comparto, la regione ha messo in campo una serie di misure che per coloro i quali vogliono investire nella filiera castanicola questa è l’occasione giusta. Ci sono misure che finanziano investimenti con un fondo perduto pari al 90%, e per alcune misure ambientali anche al 100%, previo raggiungimento di determinati requisiti questo è logico. Oltre che si punta molto sui giovani con il riconoscimento di premi molto importanti, giovani che per l’appunto dovrebbero integrare le tecniche tradizionali tramandate di generazione in generazione, che non vanno mai messe nel dimenticatoio ma sono oro colato, con nuove tecniche di gestione della castanicoltura in linea generale. Il mondo agricolo cambia, è dinamico, bisogna cambiare anche la nostra mentalità, le nostre tecniche di gestione, per cercare di avere una filiera competitiva e di qualità.

                                                                                                       

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