L’invidia è una brutta bestia
25.08.2017, Rubrica di Giovanni Nigro (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2017, Anno XI, n.4)
C’è chi dice…
…che il paese è piccolo e la gente mormora, ma forse qui si esagera si eleva alla settima potenza il tutto, senza nemmeno porsi il problema, senza nemmeno passarsi una mano sulla coscienza. Questa sconosciuta. Un paese vivibile agli occhi degli esterni che non conoscono alcune dinamiche alimentate fortemente dall’invidia. Questa conosciutissima e sempre più professata dal bagnolese che anche se a volte fa autocritica rimane sempre lo stesso da generazioni.
Vecchi e giovani hanno sempre mostrato un’invidia negativa con un visione della quotidianità molto sospettosa e, ancora più grave, strategica. La strategia utilizzata è sempre quella di mostrare una felicità di fronte alle “Case Cadute”, all’insuccesso altrui. In poche parole non si può gioire per una buona riuscita di qualcosa, perché quella cosa non l’hai fatta tu e quindi per te è fatta male, usando il classico “se ero io”. Capita spesso di vedere scene sostanzialmente da film western in cui nella lotta tra due all’ultimo colpo di pistola vince chi spara per primo. Spara, critica, inveisce, sminuisce e mette i bastoni fra le ruote.
Si crede dunque di essere sempre in guerra e mai in pace, una guerra inutile e poco divertente che potrebbe definire il futuro cittadino, quello di cui si discute sempre in piazza, soltanto. Abbiamo questa capacità di rendere tutto poco piacevole, come italiani innanzitutto, come irpini poi ed infine come bagnolesi. Non abbiamo mai giocato nella stessa squadra proprio perché siamo tutti attaccanti e nessun difensore o forse perché in fin dei conti ci è sempre piaciuto giocare per altre squadre. Nel senso che se nelle altre squadre c’è un posto anche da panchinaro destro noi andiamo la e giocheremo il derby contro bagnoli come mai prima d’ora.
Come sempre ci alimentiamo di questa invidia negativa che ci sfida ogni giorno ed ogni giorno ci chiude gli occhi, ce li benda, tanto da non farci vedere nemmeno la festa.
In altri posti l’invidia è stata manomessa in maniera positiva, si sono creati gruppi imprenditoriali che cercavano e cercano giorno dopo giorno di superare il concorrente, ma senza fermarsi al superamento economico, si è cercato ed ottenuto un superamento imprenditoriale o aziendale. Superare vuol dire anche cercare di fare meglio una cosa e portarla all’eccellenza, senza protestare e senza usare mezzi di distruzione di massa usati in maniera strategica, solo perché “io poi conosco Tizio e Caio”. Un ragionamento che non quadra se ci pensiamo bene, non si può fare così per sempre non si può avere un monopolio di tutto, soprattutto in un paese di 3000 abitanti. La concorrenza dovrebbe far bene, per fare meglio. Meglio inteso sempre non solo di guadagno, ma di pensiero, di cose nuove ed in positivo.
Ecco: un’invidia positiva. Quella che sicuramente ha alimentato qualche posto del Nord e Centro Italia, dove il gruppo imprenditoriale di punta investe e parallelamente si porta con se nuove piccole e medie imprese che danno lustro al cittadino. Un cittadino con una educazione al lavoro diversa rispetto a noi, con una predisposizione al futuro che noi ce la sogniamo, una mente aperta a tutti gli schemi, basta che non siano quelli politici.
La politica appunto dovrebbe essere il perno centrale di una resurrezione e non solo portavoce, non si può prescindere da questo come non si può prescindere dal motivare i giovani a creare qualcosa, a non rendere un paese ancora dinamico uno fermo e statico dove il chiacchiericcio della piazza contagia da anni anche i bambini. Non può essere oggi più che mai una partita da giocare questa nel mondo imprenditoriale, nel turismo, nelle nuove infrastrutture (ad esempio il Castello Cavaniglia); cercare di invogliare a ritornare chi purtroppo negli anni non è venuto più perché venendo ha visto solo il catrame per salire a Laceno, messo quando è passato il Giro d’Italia. Cercare di far emergere chi siamo e chi siamo stati, ovviamente evitando di raccontare alcune storie, che non interessano a nessuno.
A chi verrà nel 2018 ad amministrare questo paese vanno poste queste domande, va chiesto cosa si vuole fare, cosa non si vuole fare, ma non si può più fare come negli ultimi 5 anni dove alcune cose non si sapevano, dove alcune cose erano prive di senso e prive di visione futuristica. Non si può continuare ad attendere la ripresa di un posto bello: se in quella primavera non sboccia nessun fiore è d’obbligo comprare quelli di plastica e se in un posto bello qualcuno getta i rifiuti in luoghi non appropriati metti li un secchio dell’immondizia. Esempi da fare ce ne sarebbero molti, ma il problema resta quello a monte, che è comunque frazione della valle, anche se nessuno se ne accorge. Il problema è la squadra che gioca male e molto spesso non in 11, ma in 7 e da quella zona del campo dove mancano i giocatori che subiscono più gol.
All’inizio del campionato (Anni 70/80) erano in 23, quasi come una squadra di serie A, ma poi col tempo nessuno si è allenato (investito) e nessuno è migliorato. Solo tanti infortuni e vecchie glorie che portano avanti la squadra segnando una punizione od un rigore (forse la Sagra della Castagna).
Allora non ha più senso continuare ogni anno ad iscriversi al campionato, perché la squadra non c’è per vincere. Forse la partita è ferma ancora sullo 0-0, la palla la teniamo noi e siamo nella loro metà campo, scendiamo sulle fasce da cui parte un cross, la palla rimbalza sul petto del nostro attaccante, siamo soli davanti al portiere, il bagnolese, incitato da tutti, uniti come una squadra (che potremmo chiamare Ac Invidia), che vuole fare tira o no?