Risate di gioia
05.01.2011, di Alejandro Di Giovanni (Articolo tratto da “Fuori dalla Rete”, anno IV n.1)
Con Mario Monicelli se ne va l’ ultimo maestro di un cinema lontano non solo nel tempo, ma anche nella qualità, nelle idee, nell’originalità; va via uno degli ultimi testimoni dell’ultima stagione di gloria del cinema nostrano, la commedia all’italiana.
Il cinema italiano dopodiché sopravvivrà nell’anonimato, confezionando prodotti di bassa qualità che quasi mai hanno saputo varcare i confini nazionali, salvo rare eccezioni (“Nuovo Cinema Paradiso” per esempio). Monicelli padre della commedia e maestro del cinema internazionale, ma anche e soprattutto una personalità tra le più originali e anticonformiste del panorama culturale del nostro paese. Questo suo modo di essere, di pensare, è emerso nelle sue pellicole che divertendo obbligano alla riflessione, che provocando abbattono morale e retaggi culturali, che criticando con delicatezza demoliscono qualsiasi tentativo di ricondurre sempre e tutto in un manicheismo ossessivo, che in fondo sono inni all’esistenza, inni a una vita da prendere alla leggera, per come viene, sempre.
Una vita, come disse, che “ non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena”, una vita che deve essere sempre e comunque in nostro e solo possesso, e non in mano a qualche entità religiosa astratta: Monicelli ha rivendicato un diritto sacro, quello della morte, che vale almeno quanto quello della vita! Lui che aveva deciso testardamente sempre tutto, lui che sottometteva perfino i produttori e ridicolizzava continuamente le gerarchie, comunista e ateo, dissacrante e irriverente, lupo solitario spoglio di qualsiasi banalità o perbenismo, di qualsiasi affetto familiare, col suo ultimo gesto ha fatto riaffiorare l’idiozia umana. E via con lo scontro da parte di questi gruppi “pro-vita”, “del diritto alla vita”, dopo le invitate del programma “vieni via con me” di familiari di persone che hanno deciso di non vivere più perché già morte da tempo, ecco, la provocazione del genio, che rivendica anche e soprattutto la libertà di scelta, e del diritto di decidere almeno una cosa in questo mondo illiberale, quando morire. Monicelli, lucido fino all’ultimo istante, sagace come pochi, ha potuto scegliere, e come sempre ha deciso con la propria testa.
Ma queste persone immobilizzate a letto, come fanno ad avere una reazione ad uno stimolo giustificato di morte? Impossibilitati al gesto di chiusura della vita, sono costretti a “vivere” una vita che oramai non sentono più, poiché la legge e la chiesa hanno scelto per lui cosa è meglio: vivere, vivere, vivere, anche quando si ha voglia di morire. Come Monicelli, credo che il diritto alla libertà di scelta sia di gran lunga più importante del diritto alla vita forzata (che più che un diritto sembra un dovere!). Perché questi gruppi di fanatici della vita si interessano tanto alle vite degli altri? Ognuno scelga per se, l’ imposizione e la costrizione sono strumenti inopportuni e imbarazzanti dato il valore della materia in questione.
Possiamo decidere di abbandonare la vita sempre, e quando ciò non può avvenire, dobbiamo fare in modo di preservare questo volere, e non impedirlo! Tutte queste chiacchiere di bigotti preistorici cattolici, come te Mario, fanno sorgere in me una sola e spontanea reazione, e per descriverla prendo in prestito un titolo di uno dei tuoi tantissimi film: Risate di gioia! Si, si può ridere di gioia su queste congetture umane grottesche: tu hai fatto sempre quello che hai voluto, hai vissuto come dicevi, e sei morto come ti andava di morire in quel momento, aldilà di tutta la morale dominante vigente, questo conta, e te la ridi. In fondo, hai dimostrato che il sistema infido può esserci estraneo se vogliamo, e se ci va bene. Rido con te, anima perpetuamente libera e sfrontata.“Suicidarsi non è doloroso, porta molti cambiamenti e posso prendere o lasciare se mi va e tu puoi fare lo stesso, se ti va”. ( Suicide is painless , M.A.S.H theme, 1970 ).