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Storia di una specie sopravvalutata

01.06.2016, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da “Fuori dalla Rete” – Maggio 2016, Anno X, n. 2)

Storia-di-una-specie-sopravvalutataLe specie viventi non sono sempre state le stesse, come è ben noto, ma si sono avvicendate nel tempo, in una evoluzione continua che dura quasi da quattro miliardi e che Charles Darwin tanto bene ha rappresentato e dimostrato con i suoi studi verso la metà dell’ottocento. L’evoluzione darwiniana però stabilisce anche una verità sacrosanta, quella di negare il concetto di progresso: non è una linea continua, l’uomo del ventunesimo secolo non è più progredito di quello di secoli addietro.

Questa tesi può essere corroborata con un’infinità di casistica, potrebbe già bastare per esempio il confronto tra i pensatori e politici contemporanei e gli illuministi del settecento, per tracciare una linea che non solo non è continua e crescente nel tempo, in termini di progresso e civiltà, ma che addirittura procede come una spirale a ritroso, conducendo la specie verso gli anni più bui della storia e della ragione umana. L’illuminazione della mente degli uomini auspicata dagli illuministi, attraverso la critica della ragione e l’apporto della scienza, sembra essere stata di nuovo inghiottita dall’ignoranza e dalla superstizione. Se mi ritrovo per mano un libro di Voltaire di oltre duecentocinquanta anni fa, dal titolo icastico “Sulla tolleranza”, e contemporaneamente in tv un servizio propone un libro di un pretendente governatore e pensatore dal titolo “Secondo Matteo”, dell’invasato politico Matteo Salvini (che tra l’altro ha molto seguito), che cerca di abbattere qualsiasi forma di ragione della specie, di evoluzione, progresso, civiltà, umanità e solidarietà, comprendo che l’incedere dell’evoluzione della specie assume davvero traiettorie imprevedibili e non lineari.

Il progresso di una specie, non si basa solo su quello che pensa la maggioranza di voi, ossia sul progresso tecnologico in atto, una specie progredisce quando si portano avanti e si consolidano i valori politici naturali e universali che proprio l’illuminismo dichiarò, ossia quelli della tolleranza, dell’uguaglianza e della libertà. Una bestia come Salvini che adopera un tablet, capace quindi di comunicare il suo pensiero bacato in un attimo dal suo concepimento in tutto il mondo, non è progresso, è regresso della specie: se questa teme più l’immigrato che il razzista, è una specie che sta progressivamente dissolvendo e rinnegando se stessa per diventare altro, qualcosa che assomiglia molto allo stato di inciviltà preistorica, qualcosa che ha a che fare con le bestie, con la sola differenza che profumano, hanno modi più gentili, e vivono nei confort che il progresso della tecnologia e la modernità ha donato loro (le differenze tra società moderne e pre-moderne davvero a volte sembrano contingenti).

Se l’illuminismo rifiutava ogni religione rivelata, oggi si assiste ad un acuirsi di tali credi, che si scontrano per sopraffarsi e gettano la specie in una spirale di irrazionalità e superstizione che ridimensiona, ancora una volta, la nostra stupida presunzione di saperci più progrediti ed evoluti di un tempo o di altre specie, nonché il progresso scientifico stesso.

L’identificazione della religione con la morale sembra lontana proprio come quel ‘700, così come l’onestà deontologica dell’informazione, la verità: oggi, più che mai, stiamo assistendo ad un vortice di notizie incontrollate, attraverso il web, di internauti che inventano di sana pianta notizie e storie, aizzando orde di cittadini mossi da ingenuità mista a creduloneria che abboccano e deviano il corso della razionalità tanto osannata dagli illuministi (una categoria, è sicuramente rappresentata molto bene dagli attivisti di un movimento politico molto in voga, il Movimento cinque stelle). La fede nella ragione si rattrappisce, quei lumi fondanti della tolleranza, uguaglianza e libertà appaiono sempre più anacronistici, e qui si può anche reificare. Cosa, se non la mancanza di una forma di pensiero illuminata della mente umana da parte dei bagnolesi, ha portato alle nefaste conseguenze dello stato politico del paese, in seguito al passaggio a vuoto alle elezioni di tre anni fa? Sì, proprio questo, l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro, il mancato coraggio di adoperare il proprio.

E dov’è allora la libertà? Non può essere data, senza la ragione che sprona a farci diventare autosufficienti nel pensare e nell’agire, così come la tolleranza nel caso precedente, non può non prescindere dalla razionalità, diventa intolleranza che sfocia nella più bieca antispecie umana.

L’uguaglianza? Beh, quella si è ridimensionata già da tempo col capitalismo, con quello estremo contemporaneo praticamente ha assunto un valore meramente utopico. La stratificazione sociale, nonché di mondi (primo, secondo e terzo), è già un gran dire. La classe operaia, in attesa di un improbabile passo verso il paradiso ultraterreno (Elio Petri, 1971), è l’attestazione di un valore violato, quello dell’uguaglianza. A questo proposito, reificando, il dramma dei 98 operai della Ocm-ex Ocevi Sud di Nusco che rischiano seriemente il licenziamento, a seguito di una condotta priva di qualsiasi valore nobile della specie umana da parte dell’imprenditore, rappresenta uno degli innumerevoli esempi di come la nostra società violi ogni intento egualitario, che dà la possibilità ai potenti ricchi di potersi arricchire ulteriormente spostando i loro affari ovunque ci siano ulteriori possibilità di guadagni, troppe volte cinici mercenari ingordi e deprecabili, privi di qualsiasi senso della misura, privi di qualsiasi etica e pudore. Una volta usati gli operai, proprio come vetusti macchinari, vengono buttati e rimpiazzati, oggetti di un contesto economico che li fa a stento sopravvivere in funzione della tendenza al crescere continuo della spropositata agiatezza e opulenza dei datori di lavoro imprenditori.

Una specie che permette tutto questo, non ha nulla di evoluto e progredito in seno. Darwin sosteneva che la nostra evoluzione non è altro che adattamento, una lotta per la sopravvivenza, una selezione naturale in cui gli individui forti vivono e quelli deboli muoiono. Siamo gli individui forti a quanto pare, che hanno sfruttato la ragione soprattutto per puro istinto di sopravvivenza e sopraffazione, sulle altre specie o tra la sua specie. Se in qualche periodo la nostra specie ha acceso i lumi della ragione con i valori della tolleranza, dell’uguaglianza e della libertà, e si è fatta vanto nella narrazione infinita della sua grandiosità, risulta altresì evidente che il buio della ragione, fuori da ogni autoproclamazione e autocelebrazione, risulta la condizione più adusa, quella che oggi possiamo riscontrare in molti pensieri, molti discorsi, molte azioni.

Una specie, la nostra, che dominando, ha dominato anche l’idea che doveva emergere e dare di se stessa, ovviamente (in particolare, una visione eurocentrica della storia). Ritrovarsi nell’ultimo stadio della catena evolutiva, non rappresenta una condizione sufficiente per sapersi e dichiararsi evoluti e progrediti in senso lato, non è spesso nemmeno condizione sufficiente per potersi definire umani.

                                                                                                       

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