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Progetto Pilota, nel marasma di idee e progetti il monito di Barca

10.02.2016, Irpinianews

Slitta di quindici giorni la firma del documento sul Progetto Pilota Alta Irpinia.

Fabrizio_BarcaA Calitri, in provincia di Avellino, stamane si è tenuta la seconda assemblea plenaria del Progetto – presso la sede della Comunità Montana – alla presenza di sindaci, funzionari, amministratori locali, rappresentanti del Ministero dell’Ecomonia, del Miur, Invitalia, comitati civici di mezza Irpinia e stakeholders del territorio.

Due settimane di tempo in più, dunque, ma quello che si troveranno di fronte i vari amministratori irpini sarà un lavoro immane. Perchè nel documento – oggi forse troppo generico ed onnicomprensivo – andranno inserite le modifiche chieste a gran voce da imprenditori e associazioni. Il monito ai sindaci altirpini è arrivato direttamente da Fabrizio Barca, ex ministro sotto il Governo Monti, presente oggi a Calitri.

Ad aprire la sequela di interventi è stato proprio Ciriaco De Mita, ex premier oggi sindaco di Nusco: “La scelta dei sindaci è stata il giusto punto di partenza perché sono i rappresentanti più adatti con cui fare i conti – ha detto – L’obiettivo della conservazione dell’ambiente in queste zone è totale. La protesta viva degli amministratori è giusta se incanalata in questo senso: la natura è un bene da salvaguardare ed è, quindi, un dovere farlo”.

De Mita che ha invitato a non confondere agriturismo di qualità e turismo, ha posto l’accento in materia di Sanità sulla relazione tra il Criscuoli di S. Angelo e il Moscati di Avellino. “Venendo alla cultura – ha poi aggiunto – va recuperato il grande patrimonio di cui disponiamo, pensiamo ai castelli e alle abbazie disseminate sul tutto il territorio, ed in tal senso è necessario intervenire per una razionalizzazione ed un utilizzo funzionale della rete ferroviaria, a partire dall’Avellino-Rocchetta”.

Ha relazionato anche l’assessore regionale Serena Angioli, poi tutti partecipi ai tavoli tematici su Sanità, Scuola e Mobilità ma anche Agricoltura e Turismo.

A chiudere il cerchio la relazione di Barca che ha fatto il punto su cinque questioni importanti che “… pur essendo slegate dall’accordo, determinano la sua riuscita”.

Sull’ambiente e sull’eolico selvaggio l’ex ministro ha riferito: “C’è la richiesta di bloccare le concessioni e sul punto è necessario utilizzare parole chiare. Occorre tenerne conto”.

Sulla logistica e sulla Stazione Hirpinia dell’Alta Capacità in Ufita: “Questo sarà un progetto che cambierà le sorti di questa terra”. Quindi l’acqua: “Esistono due contratti di fiume rilevanti da includere nei considerando dell’accordo. Però – ha riflettuto Barca – se ci volete mettere tutto nell’accordo è ovvio che si blocca il percorso”. E infine la chiosa: “Sta passando un treno che non tornerà più e noi dobbiamo essere pronti a chiudere il cerchio credendoci”.

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10.02.2016, Orticalab.it

Il Progetto Pilota prende forma: 15 giorni per l’ok al Preliminare. Barca: «La musica sta cambiando, crediamoci»

Fabrizio_Barca_1Si è tenuto a Calitri, presso la sede della Comunità Montana, il secondo focus sul Progetto Pilota Alta Irpinia. L’approvazione del preliminare, che da calendario sarebbe dovuta avvenire oggi, è stata rinviata di quindici giorni. Non una sorpresa, se si considerano i contenuti emersi all’interno del dibattito di sabato scorso, alla presenza del vicegovernatore Bonavitacola che, in quella sede, nell’indicare l’orizzonte di fare dell’Alta Irpinia un biodistretto all’avanguardia ed a servizio di tutta la Regione aveva recepito i tanti interventi critici nei confronti della piattaforma sviluppata fino a quel momento come elementi di ricchezza da raccogliere e dai quali fare sintesi. Così è stato, e sul punto sono state chiarissime le parole di Fabrizio Barca che ha chiuso, come da copione, la plenaria.

I lavori, svoltisi alla presenza degli amministratori locali, dei rappresentanti del Ministero dell’Ecomonia, del Miur e di Invitalia e dei portatori di interesse del territorio, si sono aperti con l’intervento di Sabrina Locatelli, coordinatrice del Comitato Nazionale Aree Interne che ha illustrato i temi della giornata, auspicando che i documenti prodotti durante i tavoli di lavoro andassero ad individuare gli attori del cambiamento dell’Alta Irpinia partendo dagli asset che vanno a costituire la ricchezza dell’area. Quindi, la parola è passata al Presidente della Comunità Alta Irpinia, Ciriaco De Mita, che ha illustrato gli elementi caratterizzanti del lavoro effettuato: «Abbiamo scommesso su un punto di partenza, ovvero quello di scegliere i rappresentati del territorio come protagonisti e proponenti di analisi e soluzioni. L’inizio è stato molto tormentato, ho anche pensato di abbandonare ma non ho voluto lasciare qualcosa a cui tengo. Personalmente mi sono impegnato perché sono, nel bene e nel male, la storia di questa realtà. L’ho vissuta in tutti i suoi aspetti sin da quando era chiusa e dedita all’agricoltura solo per la sopravvivenza, quando si viveva senza speranza. La scelta dei sindaci è stata il giusto punto di partenza perché sono i rappresentanti più adatti con cui fare i conti. Quando si affronta una questione all’insegna del dialogo, per comprendere di cosa si parla, allora il percorso diventa produttivo. Ci siamo fatti carico di misurarci con il problema della conservazione di quell’isola felice che è l’Alta Irpinia. La natura ci ha regalato tanto e la mano dell’uomo, per fortuna, non è riuscita a creare devastazioni. L’obiettivo della conservazione dell’ambiente in queste zone è totale. La protesta viva degli amministratori è giusta se incanalata in questo senso: la natura è un bene da salvaguardare ed è, quindi, un dovere farlo. In questo senso il nostro obiettivo è quello di restituire a questi territori una grande azienda forestale e, sul punto, siamo in disaccordo con la Regione se pensa a misure volte semplicemente a tamponare l’emergenza Forestali. Venendo alla cultura va recuperato il grande patrimonio di cui disponiamo, pensiamo ai castelli e alle abbazie disseminate sul tutto il territorio, ed in tal senso è necessario intervenire per una razionalizzazione ed un utilizzo funzionale della rete ferroviaria, a partire dall’Avellino-Rocchetta».

Di qui, il riferimento alla scuola: «La confusione che abbiamo prodotto nell’organizzazione scolastica tra la cultura e l’apprendimento tecnico ha creato una condizione devastante nella formazione. Rifare i licei classici non è una volontà d’elite, ma serve a ricostruire la formazione del pensiero. Siamo in presenza di un nuovo periodo per la riorganizzazione della vita. Anche scuole tecniche professionali non creano specialisti. Dobbiamo approfittare di questa straordinarietà per riflettere, non per commettere gli errori del passato, e per sperimentare. In passato non si è mai pensato che il sistema scolastico fosse immodificabile, ma che si dovesse adattare al cambiamento della società. Conservare in ogni Comune asili, scuole elementari e medie è fondamentale e non credo che queste cose creino grandi costi. Per le altre scuole sperimenterei l’addestramento professionale e degli artigiani. Queste realtà hanno sempre avuto espressioni artigianali di qualità, sparite a causa della convenienza»

Dunque, un breve passaggio sulla sanità al quale è seguita una riflessione sul modello di sviluppo da perseguire: «Abbiamo fatto un lavoro discreto. Ci sono condizioni per creare strutture adeguate per poter essere collegate all’importante struttura di Avellino. L’idea passata era ospedalizzare l’esperienza sanitaria e non è stata produttiva. La riscoperta del medico di famiglia, di base, serve a monitorare meglio la situazione. Venendo allo sviluppo che immaginiamo per questi territori, esistono opinioni molto contrastanti in provincia. Prima che la fiat entrasse in crisi contava 7mila lavoratori in Irpinia. Il terremoto ha cambiato la realtà: il processo di occupazione crebbe al di là delle aspettative, le grandi industrie non sono arrivate qui per caso ma hanno creato competizione nella società contadina irpina. Oggi si apre all’opportunità di usare nuovamente la terra per produzioni tipiche di frutta, verdura e fieno di qualità. Non mettiamo insieme agricoltura e turismo: recuperiamo produzioni di eccellenza, vino ed olio, così anche l’offerta della ristorazione potrà decollare. Al momento la situazione è un po’ confusa, ma le opportunità ci sono. Non pensiamo alla grande ristorazione, ma l cucina contadina: un’offerta di vacanze, aria pulita e paesaggi funzionerebbe. Tutte le persone che arrivano qui scoprono la natura, l’aria respirabile. Ci sono potenzialità straordinarie per il turismo, l’organizzazione alberghiera fino a poco tempo fa mancava delle condizioni essenziali. Oggi cominciamo ad avere risposte adatte, incentivando servizi ed investimenti, formando ragazzi possiamo creare condizioni ideali per sviluppare questo fenomeno. Senza impegno, senza credere in questa cosa, non succederà mai».

Infine, una chiosa per mettere a tacere le voci di protesta, ovvero ai vari comitati: «Non bisogna perdere il filo del dialogo, ma che questo avvenga in un contesto di pensiero costruttivo. Mi rivolgo a Barca, la nostra realtà è composta da piccole comunità separate: questo accade più per rassegnazione che per scelta. Il nostro lavoro, in questo caso, farà sì che la nostra comunità non sarà più arcipelago ma una comunità composta da realtà diverse ma che collaborano».

Dopo il Presidente De Mita è intervenuta Serena Angioli, assessore regionale ai fondi europei: «Questa sperimentazione è di grande importanza ed ha avviato un metodo di lavoro ottimo. La Regione deve dedicare molta attenzione a questo progetto che prospetta innovazione. A volte le procedure ci ostacolano, dobbiamo fare di tutto per facilitare le attività che sono legate a grandi idee come queste. Io sarò dalla parte di questo percorso che facilita e promuove la vita dei territori.

La Formazione è l’asset trainante per tutto ed il Por offre opportunità ad hoc per rafforzare servizi ed incoraggiare politiche di sviluppo. Bisogna trovare 2-3 idee di base per lo sviluppo. Ad oggi non c’è una legge regionale sull’agricoltura e le sperimentazioni sul tema, che tra l’altro possono investire il problema dei forestali, vanno incoraggiate. Ma la sperimentazione è in ogni caso rischiosa: se risultato sarà positivo sarà obbligatorio attenzionarlo e considerarlo come metodo che può portare a soluzione sia occupazionale che di tutela dell’ambiente»

A seguire una serie di brevi interventi che hanno condotto all’apertura dei tre tavoli tematici: “Idea Guida”, che guarda al potenziamento industriale, allo sviluppo del turismo e agli ambiti del settore agroalimentare; “Istruzione” e “Benessere e Salute nell’Area dell’Alta Irpinia”. Questo è stato il passaggio chiave della giornata per il semplice motivo che, in quella sede, alla presenza di amministratori locali e portatori di interesse, sono state avanzate una serie di integrazioni che poi hanno condotto al rinvio di quindici giorni per l’approvazione del preliminare.

Ogni tavolo ha discusso per oltre un’ora e le risultanze sono state descritte, in plenaria, dai rispettivi coordinatori. Quindi, la parola è passata alla dirigente regionale Cacciatore che ha plaudito al metodo che ha caratterizzato l’intera discussione dicendosi assolutamente ottimista in ragione dei risultati sino ad ora conseguiti: «Stiamo accompagnando questo progetto per cambiare il passo delle strategie delle aree interne. La presidenza della Regione ha scelto di integrare la programmazione tra le linee di indirizzo per creare convergenza, sviluppo ed ottimizzazione delle risorse. Il cammino intrapreso fin qui ha portato l’Alta Irpinia su scala europea ed internazionale. La Regione si sta confrontando con una programmazione che parte dal basso in un territorio che ha una forte vocazione programmatica con idee innovative, tanto da poter ambire a diventare un modello di sviluppo. È una sfida che abbiamo accolto volentieri: la programmazione regionale sta crescendo con voi. Bisogna ottimizzare scelte organizzative ed economiche: la vostra vocazione programmatica vi vede già protagonisti sulla scena, ma gli strumenti che abbiamo ci permettono di migliorare l’insieme. Vogliamo arrivare ad un documento unitario al quale si possono agganciare le politiche regionali. il vostro tempo è ora, ora partono i programmi: la vostra vocazione può aiutarci a definire le priorità dalle quali partire per integrarne altre. Potete giocare le vostre carte su tavoli importanti. Continueremo ad accompagnarvi, guardandovi con attenzione anche come benchmarking per le nuove aree interne che stanno nascendo».

Per chiudere, la parola è passata a Fabrizio Barca che ha sintetizzato il lavoro della giornata e definito il percorso che dovrà condurre all’approvazione del preliminare:
«Mi fa piacere aver osservato i significativi progressi compiuti. Ci sono le condizioni per chiudere in due settimane il documento preliminare, ma soprattutto abbiamo intravisto il percorso di sfide che si snoderà nelle prossime settimane interamente composto da progetti operativi. Questo è estremamente importante, l’incontro di oggi va considerato ottimale soprattutto in questo senso ma dobbiamo partire da un dato: bene la parte analitica, che ha il pregio di avere già una strategia che spiega in maniera chiara il perché in un territorio “dolce” la qualità dei servizi essenziali per i cittadini è legata inestricabilmente allo sviluppo, come è giusto che sia, a occorre un salto di qualità sul versante della concretezza, e i risultati attesi. Dobbiamo sapere cosa vogliamo portare a casa. A volte si confondono strumenti con finalità. La formazione dei docenti, per esempio, non è una finalità ma un passaggio intermedio che porta ai risultati finali. Dovete quantificare il successo che potreste avere, utilizzando degli indicatori chiari e misurabili. Modifiche e chiarimenti fattibili in tre giorni. L’Alta Irpinia fatica a costruire relazioni tra ambiti diversi, l’avete enunciato voi in tutte le salse. La conoscenza interna ed esterna non riescono ad interfacciarsi. Dobbiamo capire che la tecnologia che arriva non va a sostituire il know how dei contadini, ma ad integrarlo. Le carte del territorio per lanciarsi nel mercato sono la salubrità della vita e il know how. Da questo punto di vista servono schede progettuali da presentare agli imprenditori che lavorano sul territorio per capire chi c’è e perché».

                                                                                                       

2 Commenti »

  • pietro pagnini scrive:

    Ha dell’incredibile.

    Nel progetto pilota per la Comunità dell’Alta
    Irpinia, non è presente l’Altopiano del Laceno.

    Gli addetti al governo del territorio, per anni, ed in parte giustamente, ci hanno propinato l’importanza della destagionalizzazione e della diversificazione dell’offerta turistica locale.

    L’evoluzione del messaggio è stata questa:

    Laceno non è solo neve – Siamo d’accordo, esistono altre risorse naturali, presenti tutto l’anno, che apportano valore all’offerta turistica.

    Laceno non è il solo attrattore turistico di vallata – Altrettanto vero, sarà indispensabile, per il futuro, mettere in gioco le molte risorse dell’Irpinia, che per sintesi non stiamo a elencarle, a condizione però che siano integrate in un sistema unico da mettere in rete.

    Dai oggi e dai domani, è sparito Laceno dalle programmazioni a valenza territoriale.

    Come dire, è stato buttato il bambino con i panni sporchi.

    Ma è pensabile che accada questo, senza la denuncia dei nostri rappresentanti?

    Qualcuno comincia a chiedersi, ma quali rappresentanti?

    Probabilmente la risposta sta proprio in questo, quali….!

    Lo stato di abbandono raggiunto a Laceno, per incompetenza dilagante degli addetti, è tale, da riflettere gravemente e solo in modo negativo sull’economia turistica locale.

    Quanto ancora gli operatori potranno resistere a questo scempio?

    A parere mio per poco, la tendenza ancora non si è invertita!

  • redazione scrive:

    Email di Nello Molinaro:

    Il signifcato del Progetto pilota dell’alta Irpinia
    il significato ed il perchè denominato Progetto pilota dell’alta Irpinia, certamente è un intervento che non si limita al singolo paese o il singolo luogo ma l’intero territorio nel nostro caso l’Alta Irpinia . E’ una forma scelta per valorizza le peculiarità del nostro Paese “ITALIA”, sia in termini di patrimonio naturalistico che di attività economiche e culturali locali”. Sono le zone del Paese più distanti dai grandi centri di agglomerazione e di servizio e caratterizzate da traiettorie di sviluppo instabili, sono aree in cui vivono quattro milioni e mezzo di cittadini, per cui è doveroso uno studio efficace per l’uso dei Fondi comunitari 2014-2020”
    La strategia prevede nel prossimo decennio interventi destinati a ripristinare le condizioni di cittadinanza e al recupero demografico e per la sua attuazione sono stati stanziati complessivamente 680 milioni di euro, tra risorse nazionali (180 milioni nelle leggi di Stabilità 2014 e 2015) e regionali (500 milioni, una quota dei quali derivata dai fondi europei). “Si sperimenta questa strategia su 57 aree progetto per fare in modo che d’ora in poi l’intervento ordinario possa garantire il loro sviluppo”. Per questo vi è bisogno di uno studio affinchè l’uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020” disponibili uniti a quelli governativi raggiunga l’obiettivo prefissato.
    Si è stabilito che le “Aree interne” e “montagna” non sono soltanto due realtà che non coincidono geograficamente, ma anche due concetti diversi, tanto che gli anni 2000 hanno segnato per l’Ue una svolta in materia, dovuta sia all’affermarsi del concetto di coesione territoriale sia all’attenzione rivolta alla diversità naturale e culturale della montagna come “bene comune globale”. Nel primo il riferimento geografico è prevalentemente metaforico, perché più che la posizione fisica, conta la situazione di svantaggio, di parziale privazione di diritti sostanziali e di limitate opportunità di sviluppo. Non si può negare che certi svantaggi che in montagna sono associati alla forte verticalità siano almeno in parte comuni ad altri ambienti “rugosi” come quelli collinari, oppure caratterizzati da difficoltà di accesso, come le piccole isole. E’ vero che l’art. 44 della Costituzione recita: “La legge dispone provvedimenti a favore delle aree montane”, ma non dice che cosa si debba intendere per montagna, Più recentemente essa entra nelle politiche di coesione territoriale, un concetto che la Commissione europea, nel Terzo rapporto sulla coesione (2004), aveva fatto corrispondere al principio in base al quale i cittadini dell’Ue devono avere le stesse opportunità di vita e di accesso ai servizi essenziali indipendentemente da dove abitino. In particolare è interessante notare che alla originaria visione in negativo della montagna come territorio svantaggiato si è affiancata quella di territorio “diverso”, che può essere strategico in una prospettiva di sviluppo sostenibile, grazie alle proprie valenze economiche, ambientali, energetiche e culturali.
    Il divario tra le categorie “montagna” e “aree interne” riflette anche la parziale divergenza fra tre modi di intendere la montagna che si sono manifestati in Italia e in Europa nelle politiche degli ultimi decenni, il nostro territorio raggruppa montagna ed aree interne. C’è motivo di credere che il conseguimento di questi obiettivi – in specie il 1° e il 2° – richieda politiche differenziate a seconda dei caratteri specifici locali, e quindi un trattamento particolare dei territori montani all’interno delle politiche per le aree interne. Ciò presuppone una definizione operativa di montagna che risponda a diversità fattuali verificabili, rilevanti per le finalità del progetto “aree interne” e a una visione condivisa dai destinatari e dai responsabili del progetto stesso. 1) promozione della diversità naturale, culturale, del paesaggio e del policentrismo, attraverso una forte apertura all’esterno, 2) rilancio dello sviluppo e dell’occupazione attraverso l’uso di risorse potenziali poco male utilizzate. Infatti nel preliminare turismo e cultura ci si sarebbe indirizzati per quanto riguarda la nostra zona sulla valorizzazioni delle risorse naturali come l’oasi naturalistica di Conza, ed il complesso del Laceno, con interventi ed iniziative di valorizzazione e di recupero per il loro rilancio.
    Come s’è detto, il criterio di base, in grado di istituire una differenza specifica con altri ambienti di vita, o in termini esclusivi o almeno in termini di netta prevalenza di certi caratteri, è quello della forte dimensione verticale, con quanto ne consegue di rilevante per la vita umana. A questo proposito gli studi sulle popolazioni montane italiane (ed europee mediterranee) hanno individuato come esclusivi due ordini di fatti, entrambi associati a valori elevati di verticalità. Il primo è connesso alla possibilità di fruire stagionalmente delle condizioni climatico-vegetazionali e pedologiche proprie dei diversi piani altitudinali grazie alle pratiche tradizionali della transumanza e della monticazione. Il progetto “aree interne” del Ministero per la coesione territoriale, individua queste aree in base a criteri tradizionali di svantaggio socio-economico, ma al tempo stesso riconosce che esse hanno anche notevoli potenzialità di sviluppo demografico ed economico basate su risorse contestuali poco o male utilizzate.
    Lo sviluppo e la riqualificazione di questi spazi viene perciò inserita tra le priorità delle politiche territoriali nazionali, in quanto, oltre ad assicurare una parità sostanziale di diritti a chi già li abita, può favorire una miglior distribuzione geografica della popolazione e delle attività economiche, contribuendo così in modo rilevante alla ricchezza nazionale e insieme alla salvaguardia e alla valorizzazione di un ingente patrimonio naturale e culturale. Può infine rispondere a quella crescente domanda di qualità insediativa che oggi si rivolge di preferenza ai “territori lenti” e diventare così il laboratorio di nuovi modi di abitare Il progetto ministeriale non fa però differenza tra “aree interne” e “aree montane” come categorie rilevanti per le politiche pubbliche nazionali e – affidando questa distinzione alle scelte delle Regioni – lascia quindi aperto il problema di una politica della montagna basata su certe caratteristiche peculiari che richiedono misure e interventi specifici.
    In questa prospettiva, l’esame qui condotto ha messo in evidenza come per una politica di questo tipo i criteri adottati dal Ministero della Coesione territoriale andrebbero integrati in due direzioni. La prima, restrittiva, suggerisce un trattamento differenziato della montagna entro la più vasta categoria delle aree interne, giustificato dalla rilevanza di certi caratteri esclusivi o nettamente prevalenti..Infatti con il regolamento dei fondi strutturali e di investimento 2014-2020.L’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sancisce che, per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale al suo interno, l’Unione deve mirare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, e che un’attenzione particolare deve essere rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, rispondenti a specifiche esigenze”, tra cui quelle delle “zone montane” (art. 8 e 33).
    In ogni caso, la Regione Campania si sta dotando di una visione strategica e intersettoriale dello sviluppo montano ed aree interne destinatario di politiche mirate, individuando progetti utili e di sicuro sviluppo occupazionale, e processi innovativi che migliorano l’economia, così da superare i soliti finanziamenti a pioggia , in questo progetto vi è spazio ed incentivi anche per l’imprenditoria privata che ha volontà di investire e creare occupazione, e non attendere i soliti soldi pubblici a fondo perduto, che non hanno prodotto quanto sperato in termini occupazionali..

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