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Giovanni Fontana: tra storia e leggenda

25.11.2015, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete” – Novembre 2015, Anno IX, n. 6)

Fontana-in-PIazza-Leonardo-di-Capua-meglio-conosciuta-come-Giovanni-FontanaQuesta storia ha inizio lì dove ne era finita un’altra, una mattinata d’agosto si stava parlando della catalogazione delle opere d’arte presenti nell’archivio comunale. Bisognava realizzare un nuovo inventario e dalla consultazione di questa precedente catalogazione ci aveva colpito il puttino della fontana in piazza Di Capua.

Meglio noto come Giovanni Fontana, il puttino presente nella piazza è una copia dell’originale recentemente esposto nei locali di via Garibaldi. Nella catalogazione realizzata negli anni novanta delle opere d’arte del demanio viene riportata la presenza di questo puttino in bronzo e Giovanni Fontana non risulta come titolo dell’opera, ma come autore. A quel punto si è insinuato in noi un dubbio: è davvero esistito un autore di nome Giovanni Fontana o si tratta del travisamento di una leggenda popolare?

Abbiamo subito inserito i dati nell’enciclopedia Treccani e subito si sono profilati ben due possibili filoni per la nostra storia. Sono esistiti ben due Giovanni Fontana che potrebbero aver legato per sempre il loro nome a Bagnoli, grazie al nomignolo popolare dell’opera. Sappiamo che nella tradizione popolare è sempre presente un fondo di verità: facilmente potremmo spiegarci quel “Fontana”, ma perché battezzarlo proprio “Giovanni”? Quello del nome dell’autore del bronzeo ragazzino ci sembra la soluzione più plausibile, un personaggio dimenticato tra le pagine della storia e sopravvissuto nella tradizione popolare.

Il nostro primo papabile nacque a Carrara nel 1820 e ha frequentò l’ “Accademia delle belle arti”. Si distinse per la realizzazione di statue in marmo e bronzo dallo stile classicheggiante. Giunse a Roma negli anni quaranta dell’ottocento e per i suoi sentimenti repubblicani partecipò ai moti del 1848, dopodiché si autoesiliò a Parigi ed, in seguito, a Londra. Realizzò gran parte delle sue opere all’estero, per lo più conservate a Liverpool, ma mantenne rapporti con l’italica patria. Divenne professore dell’Accademia delle belle arti” di Carrara e lavorò per la famiglia reale britannica. Partecipò a varie esposizioni nazionali e internazionali, tra cui quella di Sydney. Morì nel 1893. In quel periodo anche un bagnolese affine per matrici politiche e culturali si aggirava per i saloni delle esposizioni artistiche nazionali: un tal Michele Lenzi sindaco di Bagnoli e autore del trasloco della fontana dal chiostro di San Domenico all’attuale piazza. Secondo lo storico Bucci il trasloco avvenne nel 1882, su iniziativa del Lenzi che voleva salvare l’opera da un monastero abbandonato a sé stesso. Anticamente la struttura originaria della fontana non prevedeva il puttino, ma una colonna con una vasca. Su indicazione dell’ing. Michelino Nigro la colonna dovrebbe essere quella che s’incontra sulla destra scendendo da San Domenico in piazza e la vasca quella incassata a sinistra nella facciata del convento (oggi scheggiata). Bucci non ci dice se il puttino era un’opera già presente nel patrimonio artistico bagnolese o se fu realizzata per l’occasione. Considerando quest’ultima ipotesi ci sembra plausibile possa essere figlia di questo primo Giovanni Fontana. La stessa fattura del puttino è chiaramente più vicina alle opere ottocentesche.

Sul secondo personaggio in questione si proietta la lunga ombra di un bagnolese illustre, anche quest’opera d’arte potrebbe essere uscita dal generoso saio di Ambrogio Salvio. Siamo nella Roma papale del cinquecento e un tal Giovanni Fontana è all’opera nella costruzione di fontane e opere idrauliche per Sisto V. Abbiamo notizie che già dal 1527 era presente nella città capitolina il celeberrimo monaco bagnolese, che ascenderà ai vertici della chiesa nel corso di questo secolo. Innumerevoli sono le opere d’ingegneria idraulica e i sistemi di questo Giovanni Fontana ancora funzionanti a Roma. Nulla c’impedisce di ipotizzare che la fontana nella sua costituzione originaria gli venne commissionata per il chiostro di San Domenico da Ambrogio Salvio. Il puttino realizzato nell’ottocento avrebbe poi preso il nome dall’autore della sottostante fontana.

Che ci sia un origine storica del nome Giovanni Fontana o che sia un nomignolo della tradizione che affonda le sue origini nelle sabbie della storia non possiamo dirlo con certezza. Lasciamo al lettore le opportune meditazioni, giusto per spronarlo a non fermarsi all’apparenza che c’induce a dare per scontato quello che viviamo quotidianamente. C’è una grande storia dietro ogni pietra di questo paese, non buttiamola via per qualunquismo ed ignoranza.

Giovanni-Fontana-nella-Pinacoteca-Comunale-Bagnoli-IrpinoIl Giovanni Fontana oggi esposto nella pinacoteca comunale è un’opera provata dal tempo: realizzata in una lega di bronzo su un calco in gesso presenta evidenti fratture negli arti inferiori e amputazioni a varie dita. Nel retro del puttino sono presenti lunghi chiodi a sostegno della struttura e dei bulloni sul copricapo, ciò ci fa intuire che non si tratta di una fattura antecedente il XIX secolo. Nei libri di storia bagnolese, escluso il passaggio di Bucci, si parla dell’opera solo con Aulisa che riporta un suo danneggiamento nei cannoneggiamenti del 1943. La copia del puttino oggi presente nella piazza è stata realizzata sul finire del XX secolo, essendo l’attuale in precarie condizioni. Giovanni Fontana è certamente una delle tante opere d’arte bagnolese bisognose di urgente restauro, prima che le sue caviglie collassino su se stesse.

La figura del putto era presente già nell’arte classica, ma il primo a usarne la denominazione è proprio Vasari nel cinquecento. Il ragazzino che orinava beffardamente dalle fontane era simbolo dell’orgoglio, dell’indipendenza e della vitalità delle comunità rinascimentali (tra tutti il più famoso è quello ripreso da modelli toscani a Bruxelles). Anche nella cultura contadina questo gesto era simbolo di disprezzo. Nel puttino collocato nella piazza centrale viene a conferire un messaggio di indipendenza nei confronti del potere costituito. Ricordiamo che Bagnoli con le capitolazioni si ritagliò sempre un’ampia autonomia rispetto ai signori locali, non mancò di uccidere gli esattori delle tasse e né tantomeno di lasciare fuori le mura i suoi signori; fino al più celebre episodio dell’albero della libertà abbattuto con tanto di pupazzo di napoleoniche fattezze a cavallo di un maiale. Questo stesso spirito d’indipendenza lo si ritrova nella biografia del Lenzi, che ne impose la collocazione nella piazza centrale.

Di quell’orgoglio di una comunità che sempre ha primeggiato in Irpinia e in Campania, ne è rimasto ben poco. Giovanni Fontana e il suo popolo vivono oggi tra i fantasmi di un mitico passato, con la mediocrità che ha intrappolato l’avvenire. Frustata e umiliata la Bagnoli odierna conserva un pezzo dei suoi giorni migliori in quel bronzeo puttino, che beffardamente ancora orina sulle miserie del presente. Il verdastro dei giorni in cui l’acqua sgorgava dalle sue fessure ha lasciato il posto a un opaco strato di polvere, ne avrebbe di cose da raccontare il signor Giovanni Fontana!

                                                                                                       

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