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Il personaggio: Andrea D’ASTI

09.12.2015, di Mario Alberto Pavone (dal sito wwww.treccani.it)

Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 33 (1987).

Treccani

D’ASTI Andrea. – Nacque a Bagnoli Irpino (prov. di Avellino) da Giambattista e Laura Pallante il 20 apr. 1674 (Sanduzzi, 1924). Le fonti concordano sul suo discepolato presso Francesco Solimena e sulla fama che gli derivò dalla sua abilità nell’eseguire copie dei dipinti del maestro. Questo discepolato consentì al De Dominici (1744) di tracciare un ampio profilo del pittore, arricchendo la citazione di A. Roviglione (1733) ed offrendo al Lanzi (1809) motivo di asserire che “fu bravo discepolo del Solimena… sicché venne ad acquistare buon nome”.

Tra le sue prime opere, in cui manifesta già chiaramente una sorta di selezione estremamente disegnativa della lezione del Solimena ed un rinforzo chiaroscurale delle forme, vanno collocate l’Immacolata (firm. e dat. 1701) della chiesa parrocchiale di Montella, la Madonna con Bambino e Santi (firm. e dat. 1704) della chiesa del Corpo di Cristo a San Sossio di Serino e gli affreschi della volta dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, annessa alla chiesa napoletana dell’Avvocata, ove sono raffigurate alcune Scene della vita della Vergine.

Secondo Nicolini (1906, p. 82) tale ciclo, assegnato in un primo momento al Solimena, venne successivamente da questo affidato al D. “allora reduce da Roma”. Quest’ultima affermazione però non poggia su alcuna documentazione ed è contraddetta dalla stringente aderenza ai modi solimeneschi. Tanto più che a proposito della medesima tematica riproposta nei perduti affreschi della Congrega del Rosariello di Palazzo, il De Dominici (1744) aveva sottolineato la “maniera più risentita”, conseguente allo “studio fatto in Roma”.

Nelle scene principali della volta, meno danneggiate dai restauri, le linee programmatiche del metro classicistico confluiscono in un ricercato dinamismo barocco, frutto di un ripensamento degli esiti solimeneschi della volta di S. Nicola alla Carità. Nel Cristo tra i dottori, invece, che porta la firma e la data 1705, l’organizzazione della scena, come la distribuzione dei panneggi, corrisponde a precise norme strutturali che interesseranno, sul ’34, negli anni della sua formazione giovanile, un altro solimenesco: Paolo de Maio. Questi ne riproporrà lo schema compositivo nella parte alta della sovrapporta dello stesso soggetto per l’Annunziata di Marcianise sì da lasciar supporre un diretto apprendistato presso il D’Asti.

Sempre alla fase giovanile spetta la Madonna col Bambino tra la Maddalena e S. Orsola della chiesa del Carmine Maggiore a Napoli. Sebbene questa tela riecheggi timbri cromatici di ascendente pretiano, quale riflesso dell’adesione del Solimena al processo chiaroscurale del Preti, manifestato in diverse fasi della sua evoluzione, va anch’essa datata 1705, sulla base del saldo di pagamento a favore del pittore (Archivio storico del Banco di Napoli, Banco S. Eligio, Giornale di cassa; 16 giugno 1705 matr. 690, p. 10). A tale momento spetta anche la Allegoria della Passione di Cristo, già in collezione Hazlitt a Londra, assegnata al D. (F. Bologna, Seventeenth and Eighteenth Cent. Italian Paintings, London 1963. Tra iI 1705 e il 1706 vanno inoltre collocate alcune tele relative alla Via Crucis per la chiesa di S. Maria della Sapienza di Napoli, ricordate da A. Colombo (1902) e da F. Strazzullo (1962).

La Vergine addolorata di S. Giovanni Battista delle monache (firm. e dat. 1707) permette poi di confermare pienamente quanto asserito dal De Dominici (1744) circa l’interesse crescente del D. verso la statuaria antica e verso l’imitazione di modelli in gesso, per cui “indùrì alquanto la maniera ed alterò la bella zinta del Solimena, dando alquanto nel crudo”.

Si apre a questo punto il problema del viaggio compiuto a Roma dal D. e collegato, a partire dal Roviglione (1733), all’avvertita necessità di un più approfondito studio su Raffaello e sul Domenichino.

Sulla scorta del Nicolini (1906),G. Degli Azzi (1907) e più recentemente R. Enggass (1961) hanno collocato la sosta romana del pittore prima dei dipinti dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento all’Avvocata; ma nel viaggio a Roma andrà piuttosto individuata la necessità del pittore di un aggiornamento su quanto realizzato dal Preti in S. Andrea della Valle riguardo alle Scene della vita di s. Andrea, di cui il D. avrebbe dato prova nel duomo di Amalfi, sul finire del primo decennio del secolo.

Dal gennaio1709 al settembre 1710. infatti, ricevette pagamenti, dall’arcivescovo Michele Bologna, per quattro grandi tele da collocare nella volta della cattedrale amalfitana.

Della Flagellazione di s. Andrea, che insieme alla Crocifissione, alla Deposizione ed al Miracolo della manna decora la citata cattedrale, si conserva un bozzetto presso l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon (Kambo, 1930); così come dei Miracolo è noto il disegno, oggi presso il Museo di S. Martino a Napoli, n. 20.665 (Vitzthum, 1966).L’ampliamento del discorso del D. ad un contesto prospettico-scenografico di impianto monumentale (in cui fu senz’altro coadiuvato da uno degli specialisti gravitanti nell’Accademia solimenesca), che si inseriva nel progetto globale di rinnovamento della cattedrale, curato dal Guglielmelli, non rimase senza un seguito, come si vede nella Natività e nella Adorazione dei magi (firm. e dat. 1790) di S. Agostino degli scalzi, dove inoltre gli esiti del Solimena delle tele di Donnalbina acquistano un rilievo primario. Negli anni immediatamente successivi vanno collocati sia l’affresco della volta della Confraternita del SS. Sacramento di Pomigliano d’Arco, dove è evidente un accrescimento cromatico maturato sulla scorta di riflessioni sugli esiti del Lanfranco, sia il bozzetto relativo alla vicenda di Aurora e Cefalo, raffigurata nella galleria del marchese de Angelis, oggi presso la Cassa di risparmio di Bari (Enggass, 1961), dove il portato solimenesco è rivisitato alla luce delle confluenze giordanesche del penultimo decennio del Seicento. Da tali brillanti esiti si venne progressivamente allontanando nei dipinti dell’Assunta di Bagnoli Irpino, dove oltre ad una Natività e ad una Adorazione dei magi, riprese dagli esemplari di S. Agostino degli scalzi, si conservano: l’Assunta con s. Lorenzo e s. Onofrio, la Decollazione del Battista e l’Incredulità di s. Tommaso.

Nel 1715, nella Crocifissione di s. Andrea per l’altare maggiore del duomo di Amalfi compiva ancora una volta una ripetizione schematica del dipinto già eseguito per la medesima chiesa. Nel 1717 realizzava la Madonna con Bambino tra s. Ignazio, e s. Rosa per S. Domenico ad Ariano Irpino e due tele per la chiesa napoletana delle cappuccinelle a Pontecorvo, raffiguranti S. Francesco che chiede l’indulgenza plenaria per la Porziuncola ed il Sogno di s. Giuseppe, che vennero pagate rispettivamente 110 ducati la prima e 40 la seconda (Arch. di Stato di Napoli, Monasteri soppressi, vol. 4540, ff. 7r-8r). L’indirizzo assunto in questa fase finale, di cui fa parte anche la Comunione degli apostoli (firm. e dat. 1718) della chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Montecorvino Rovella (commissionatagli dal vescovo di Acerno, Domenico Antonio Menafra, già vicario generale dell’arcivescovo di Amalfi), appare dichiaratamente antibarocco, ma non in chiave di sublimazione classicistica, bensì di fissazione meccanica dei caratteri solimeneschi, da lui perseguiti in nome di un’ostinata esemplarità.

Il D. morì, probabilmente a Napoli, nell’ottobre del 1721 all’età di quarantotto anni (De Dominici, 1744) in seguito all’aggravarsi di una malattia polmonare che gli impedì di portare a termine la decorazione richiestagli dal principe di Avellino, e ultimata da Nicola Maria Rossi.

Fonti e Bibl.: P. A. Oriandi, Abecedario pittorico, Napoli 1733, p. 433 (s. v. D’Asti); A. Roviglione, Appendice sugli artisti napoletani alI’… Orlandi [1733], in O. Morisani, L’ediz. napol…, in Rass. stor. napol., n. s., Il (1941), p. 35; B. De Dominici, Vite de’ pittori, scult. ed archit. napol., III,Napoli 1744, pp. 673 ss. (D’Asta); L. Lanzi, Storia pittor. della Italia [1809), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 483 (Dell’Asta); A. Colombo, Il monastero e la chiesa di S. Maria della Sapienza, in Napoli nobiliss., XI (1902), p. 70; F. Nicolini, Dalla porta reale al palazzo degli studi, ibid., XV (1906), pp. 81 s.; G. Degli Azzi, Asta, Andrea dell’, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II,Leipzig 1907, p. 204; G. De Rogatis, Cenni di biogr. d. uomini illustri di Bagnoli Irpino, Avellino 1914, pp. 132 s. (D’Asti); A. Sanduzzi, Memorie storiche di Bagnoli Irpino, Melfi 1924, pp. 473 ss.; S. Kambo, Di un dipinto di Lanfranco e di talune altre opere d’arte, a tutt’oggi ined., esistenti nella Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon, in Roma, VIII (1930), pp. 154 s.; R. Enggass, Towards the rediscover of Andrea dell’Aste, in The Burlingyton Magazine, CIII (1961), pp. 304-12; F. Strazzullo, Postille alla “Guida sacra della città di Napoli” del Galante, in Asprenas IX (1962), p. 28; W. Vizthum, Disegni napol. del Sei e Settecento (catal.), Napoli 1966, p. 29, n. 42; C. Siracusano, A proposito di un inedito di F. Solimena e di un documento ritrovato, in Quaderni dell’Ist. di St. dell’Arte dell’Università di Messina, 5-6 (1981-82), pp. 55-59; M. A. Pavone, Riconsiderando Andrea d’Aste, in Prospettiva, 1985, 40, pp. 37-52.

                                                                                                       

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