Esposizione a Castel dell’Ovo per l’artista Rachele Branca
25.03.2015, La notizia (da “Il Corriere della Sera”)
Con Pietro Marino e Rachele Branca le Veneri del Paleolitico diventano moderne.
Un’installazione che cita ma allo stesso tempo analizza. E’ quella degli scultori Pietro Marino e Rachele Branca che fino al giorni di Pasqua espongono nel Salone delle Carceri di Castel dell’Ovo una loro suggestiva istallazione intitolata «Willendorf’s overbooking». Un progetto realizzato in collaborazione con Michele Prudente, che riporta all’attenzione le cosiddette Veneri del paleolitico, di cui la Venere di Willendorf rappresenta il vero proprio capolavoro, che comprende una complessa simbologia che ha ispirato una ricerca di mesi conclusasi con la realizzazione di otto statue-stelil.
Una sequenza che partendo da forme simili si distingue poi per i diversi materiali utilizzati, il legno, l’argilla e il plexiglass, tutte di grandezza superiore all’altezza naturale, riproducendo così la celebre statuetta viennese, ma alterandole le dimensioni e in parte anche la forma originale.
Un modo per suggerire nuove prospettive e nuovi punti di vista con cui orientare la concentrazione dell’occhio dell’osservatore su quei germi di civiltà che comprendono insieme le forme espressive dell’arte ei contenuti dell’antropologia, a partire dal tema della maternità e delle immagini della vita che nasce.
Le otto statue-steli esposte in una luce volutamente indefinita svettano così cariche di un forte senso ieratico e rituale. «Willendorf’s overbooking» finisce cosi con l’incrociare il mito con l’attualità evidenziando questioni ancoro irrisolte. Come il controllo demografico, libero o imposto dalle condizioni sociali, test fondamentale per tutte le civiltà contemporanee. E l’opera rinuncia consapevolmente all’idea di una tesi unica , ma prova piuttosto a sollecitare la coscienza su scelte umane così drammatiche.
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IL CORRIERE DELLA SERA
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IL MATTINO
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25.03.2015, La notizia dal sito www.napoliunplugged.com
‘Willendorf’s overbooking’ – exhibition at Castel dell’Ovo
The Salone delle Carceri, the magical tuffaceous belly of Castel dell’Ovo, is the space in which, from 18th March to 5th April, the installation ‘Willendorf’s overbooking‘ will be exhibited. On show will be the works of the sculptors Pietro Marino and Rachele Branca, in collaboration with Michele Prudente. The work openly declares in the title the subject of a search in dialogue with the world of ancient art. The ‘Venus of Willendorf’, in fact, the masterpiece of the so-called Paleolithic Venuses is the driving force of an installation which will surely be visually and emotionally interesting. The Willendorf, more accurately, let’s say, the complex symbols that the Willendorf brings together, inspired a search over many months, which ended with the creation of eight statues. Those, made of wood, clay and plexiglass, of a size greater than is natural, reproduce the famous Viennese statuette, altering the dimensions and partly the original form. The goal of the creators is to suggest new perspectives for focusing the attention of viewers on a plastic capital text of prehistoric art. All the seeds of civilization, human identity itself, are born at that stage of history, justifying a continued interest in art and anthropology.
Motherhood, the images of the life that is born, are the themes that have always been addressed both by sacred art, and the profane, active generators of complex and countless iconography. The installation brings the viewer closer to an arcane area of the species, in order to redesign one of those iconographies. ‘Willendorf’s overbooking’ crossing myth and primitive form with a problematic historical present, puts under pressure dramatic and current issues. Population control, free or imposed by social conditions, is, in fact, a crucial test for all contemporary civilizations. By giving up on envisaging a unique thesis, with an unpredictable expression, it offers a work that uses the analysis of the deep to bring to consciousness dramatic human choices. The eight statues are displayed in a deliberately uncertain and evocative light, towering stately, solitary, interrogative. Rejecting every limiting and unequivocal proposition, the installation builds, by means of refraction and references, a formal experimentation and topic of great intensity and involvement.
The exhibition runs from 18th March to 5th April at Castel dell’Ovo.
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25.03.2015, La notizia sul sito www.comune.napoli.it
Willendorf’s overbooking
Castel dell’Ovo, dal 18 marzo al 5 aprile 2015
Il Salone delle Carceri, il magico ventre tufaceo di Castel dell’Ovo, è lo spazio nel quale sarà ospitata dal 18 marzo al 5 aprile l’installazione “Willendorf’s overbooking”. Propongono il lavoro gli scultori Pietro Marino e Rachele Branca con la collaborazione di Michele Prudente. L’opera dichiara apertamente nel titolo l’oggetto di una ricerca in dialogo con il mondo dell’arte antica. La Venere di Willendforf, infatti, il capolavoro delle cosiddette Veneri del Paleolitico è il motore di un’installazione di sicuro interesse visivo ed emotivo. La Willendorf, con maggiore precisione diremo il complesso dei simboli che la Willendorf riunisce, ha ispirato una ricerca di mesi conclusa con la realizzazione di otto statue-steli. Quelle, realizzate in legno, argilla e plexiglass, di grandezza superiore il naturale, riproducono la celeberrima statuina viennese alterandone le dimensioni e parzialmente la forma originale. L’obbiettivo degli autori mira a suggerire prospettive nuove di lettura concentrando l’attenzione degli spettatori su di un testo plastico capitale dell’arte preistorica. Tutti i germi della civiltà, la stessa identità umana nascono in quella fase della storia giustificando un costante interesse dell’arte e dell’antropologia.
La maternità, le immagini della vita che nasce sono i temi affrontati da sempre sia dall’arte sacra che da quella profana, generatori attivi di complesse ed innumerevoli iconografie. L’installazione avvicina lo spettatore ad un ambito arcano della specie al fine di ridisegnare una di quelle iconografie. “Willendorf’s overbooking” incrociando mito e forma primitiva con un presente storico problematico mette sotto tensione questioni attualissime e drammatiche. Il controllo demografico, libero o imposto dalle condizioni sociali, è, infatti, una fondamentale prova per tutte le civiltà contemporanee. Rinunciando a prospettare una tesi unica, con espressione non prevedibile,si offre un lavoro che utilizza l’analisi del profondo per richiamare alla coscienza scelte umane drammatiche. Le otto statue-steli esposte in una luce volutamente incerta ed evocativa torreggiano ieratiche, solitarie, interrogative. Rigettando ogni proposizione limitante ed univoca l’installazione costruisce, a mezzo di rifrazioni e rimandi, una sperimentazione formale e tematica di grande intensità e coinvolgimento.