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I giovani e la società nel post-modernismo

23.02.2013, Articolo di Alejandro Di Giovanni (da “Fuori dalla Rete” – Febbraio 2014, Anno VIII, n.1)

Lo studio sui giovani in sociologia prende corpo in senso pieno solo negli anni settanta, quando si registrò un cambiamento di prospettiva che si andò consolidando sempre più nei decenni successivi, che portò a non vedere più le nuove generazioni come separate dal resto della società, che mette in rilievo le attese dell’universo giovanile, il suo rapporto con le generazioni più anziane, e i comportamenti di consumo.

L’ età giovanile è considerata di solito una condizione transitoria che segna progressivamente l’abbandono dell’adolescenza e l’entrata nel mondo degli adulti; oggi tale processo di transizione sembra prolungarsi in modo esponenziale (negli anni cinquanta la fascia d’età considerata andava dai quindici ai venti anni, oggi qualche recente ricerca la prolunga fino ai trentanove anni). Questo sta ad indicare quanto profondamante sia cambiata la società nell’ arco degli ultimi decenni, una fase non più chiaramente distinguibile dalle altre, caratterizzata da una condizione generalizzata di precarietà e di incertezza, che a volte si può definire come non terminabile, sconfinando e consolidando una fase di “non-più-adolescenti/non-ancora-adulti”, imprigionati in un’eterna giovinezza, per sempre giovani. Solo gli operai e i giovani possono cambiare il mondo, solo chi si ritrova in uno stato di subalternità può ridisegnare i tratti e le logiche della società, ma i primi hanno smarrito la coscienza di classe, i secondi, i ventenni di oggi, sono affetti da tutte le patologie del post-modernismo. I giovani non cambiano il mondo, lo subiscono, e credono che “la vetrinizzazione sociale”, quel processo che fa evaporare lo spazio privato e lo spazio pubblico, sia una maniera per testimoniare la loro presenza nel mondo. Io posto, quindi sono: la mia foto più bella (un miracolo di centinaia di fattori concomitanti), la frase non compresa ma più figa, i miei successi fintamente apprezzati dagli altri, e con invidia. Rincorriamo l’apprezzamento degli altri, mettendo in atto dinamiche di “desiderabilità sociale”, sarò come mi volete. Li chiamano i “nativi digitali”, sono belli e perspicaci dietro un pc o un telefonino, e quando si ritrovano nella realtà accussano disagi esistenziali, poiché il trucco si è svelato, la maschera è caduta, non si può più ingannare e simulare. I sogni delle generazioni di cambiare le cose, si sono trasformati nell’ appagamento di poter cambiare i propri profili su Facebook, dal cambiare lo Stato a cambiare il proprio stato del profilo, perché questi oggi sono i nostri mondi, nei quali conduciamo vite virtuali, le soddisfazioni che ci possono dare gli apprezzamenti ricevuti per frasi o foto postate, e farsi i fatti degli altri, rappresentano gli orgasmi del giovane del post-modernismo. Si dissolve lo spazio pubblico, il luogo fisico di confronto oggi fluttua nelle reti e nelle connessioni del Web, i blog e i social media hanno sostituito le sezioni politiche fisiche, dove il sapere veniva tramandato dalle generazioni, e le rassicurazioni si potevano cogliere solo nei mille segnali che comporta una comunicazione basata sull’ interazione fisica. Così finisce un ideale politico, che viene sostituito dalle persone, i vari protagonisti della ribalta oggi non incarnano alcun significato, sono segni di un linguaggio vuoto privo di sintassi. Eppure io le ricordo le riunioni, le atmosfere, le urla, gli odori, le sensazioni, oggi tutto diviene triste e penoso nel nostro modo di privarci dell’attivazione dei cinque sensi, nell’ idea di un soggetto mesto curvato sulla tastiera del suo inseparabile computer, nella sua tetra e mesta cameretta. Oggi, con l’Internet mobile applicato ai telefonini, non riusciamo nemmeno più a guardarci negli occhi, abbiamo sempre bisogno di un utente che non sia presente, e se l’interlocutore col quale si stava comunicando apparisse magicamente al nostro fianco, state sicuri che ne sceglieremo un altro connesso, quindi non c’è un reale bisogno di comunicare, non abbiamo bisogno di qualcuno in particolare, siamo semplicemente posseduti da queste tecnologie di comunicazione presunta. Siamo schiavi inconsapevoli, abbiamo inventato le cose per potercene servire e abbiamo finito per servirle. La dipendenza patologica da nuove tecnologie ha desertificato i cortili una volta colorati da bambini animosi e chiassosi, nelle strade solo qualche mormorio di anziane non investite dal processo, mentre nei circoli qualche vecchietto si appresta a servire le carte per una nuova mano di briscola; l’ emigrazione poi, come atto dovuto, sia per la mancanza di lavoro che per la mediocrità dei suoi abitanti, farà definitivamente perire questo paese e questa nazione. Come tutte le grandi innovazione, e con tutte le potenzialità che comportano, finiamo sempre col farne un uso inutile e volgare. Cosa ha portato la rete col suo tentativo di democrazia diretta avallata dal Movimento 5 stelle? Il nulla, l’incompetenza e il disfattismo più bieco. Trentamila utenti navigatori non possono rappresentare quasi cinquanta milioni di aventi diritto al voto, trentamila utenti che hanno avuto l’abilità di far peggiorare la qualità dei parlamentari, che rispondono solamente alle logiche comunicative dei loro leader, altrimenti come si spiegherebbero i loro no a tutto, anche a questioni legate alla salvaguardia della salute, dell’ambiente e allo sviluppo del paese? La politica ha avuto la capacità di peggiorarsi, e gli italiani che accusano le condotte immorali e disoneste del suo operato, dovrebbero solo accusare se stessi per la loro imbarazzante stupidità di votarli, per il fatto di essere e meritare questo, per l’incoerenza che porta a non comprendere che essi farebbero le stesse identiche porcate al loro posto. Stiamo morendo, per mano nostra. Venti anni non sono bastati per dissuaderli dal non votare ancora Berlusconi, e questa è la prova concreta e finale della nostra paralisi cerebrale.

La modernità volge al termine, l’epoca positivista, razionalista, della fede nel progresso lineare, del primato della scienza, delle ideologie, delle certezze, tutto sfuma. Una nuova epoca si affaccia, dominata dalla frammentarietà, dalla volatilità, dalla complessità, dalla computerizzazione. La post-modernità nella quale viviamo genera confusione, incertezze, smarrimento. Tutto si smaterializza, i luoghi, le persone, l’intera società, e tutto si conforma e si omologa: i ventenni di oggi non sono che il prodotto di una catena di montaggio che produce in serie i suoi manichini, vestiti tutti uguali e privi di pensieri autonomi e originali. La sfera culturale viene divorata dalla sfera produttiva (e pubblicitaria) che impone le sue logiche soggioganti, i giovani sono le prime vittime di tale cambiamento, non le uniche. L’ appiattimento lo si può cogliere nell’unico stile di vita vigente, nel disinteresse per qualsiasi impegno civile, politico, di lotta contro l’ordine e il potere costituito che genera diseguaglianze: nei decenni passati gli stili di vita erano numerosi e diversi, l’attivismo e la determinazione alla lotta un tratto distintivo. L’ unica battaglia che si conduce oggi, è quella di cercare di essere e apparire il meno possibile diverso dagli altri, il diverso è deprecabile, è immorale e pericoloso. Beh, non mi rimane che augurarvi un buon 1984…

“Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero è libero, quando gli uomini sono differenti l’uno dall’altro e non vivono soli… a un tempo in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto. Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del bispensiero… tanti saluti!” (George Orwell).

                                                                                                       

4 Commenti »

  • Bruce C. scrive:

    La tua lucida analisi ha una validazione in più, è fatta da un giovane che conosce la sua generazione. E, dopo aver capito e denunciato, che si può avere un quadro chiaro e oggettivo dell’essere “giovane” nell’era informatica, te ne discosti in modo coerente.
    Pertanto continuare a dire come se fosse ” la verità delle verità”, che bisogna lasciare fare ai giovani, ” rottamare” i vecchi, la loro storia e la loro esperienza, potrebbe portare a un fallimento certo, in qualsiasi campo si voglia fare esprimere i giovani in piena libertà.
    Un pessimismo cosmico il tuo, che coinvolge e interroga anche moltissimi di noi cosiddetti vecchi…

  • nello scrive:

    Alcune tue posizioni si possono approvare , ma non il pessimismo che tu descrivi nel vedere un un futuro per voi giovani inesistente, un pessimismo che non può trovare approvazione.Perhè
    devi sapere che non c’è vita senza speranza,perchè raffrontare i sacrifici imponderabili che noi vecchi abbiamo affronato nella nostra gioventù per sistemarci ed affrontare i doveri di padri sono immaginibali al vostro pensiero.
    Ti posso dire da padre che ora vivete nella modernità telematica,è per Voi è molto più semplice apprendere ed applicarVi etc.Quindi non dovete evadere, ma impegnarVi nel partecipare agli eventi, facendo sentire la vostra parole e lottare civilmente per imporre le vostre idee. Nulla ha che vedere la modernità con le idee,” perchè il pensiero dell’uomo non può essere modificato da una macchina” a te personalmente ti ricordo che sarete il futuro della nazione ,comunque vadano le cose perchè nolendo o volendo fate parte della società in cui le sue modalità di vita devono essere scelte comunque da Voi . A questo punto , ti domando ,che senso ha arrendersi per me è solo simbolo di debolezza, che non devi avere perchè la vita bisogna viverla nella modernità e nella normalità e non tentare di raggiungere inutili illusioni !!!- tanti auguri per il futuro vedrai che c’e la farai, scollalti dello sconforto e del pessmismo e non arrenderti !!

  • AlejandroDG scrive:

    Non vedo nulla di arrendevole e di pessimista in chi si occupa della società e di tutte le sue questioni, scrivendo, discutendo, prendendo posizione in politica e scegliendo sempre (non fa scegliere agli altri per sè). A me pare che, chi come me se ne occupa, continuando a scriverne e ad occuparsene nonostante le conclusioni negative, sia un grande ottimista, altrimenti se ne starebbe muto ad accettare tutte le condizioni. Ad arrendersi a tutto è solo chi non si esprime, chi non sceglie e chi non riesce a vedere alcun problema perché tutto va bene. Noi siamo i più grandi ottimisti e determinati, perché denunciando speriamo sempre in un mondo migliore. Ci crediamo.

  • nello scrive:

    Così devi essere, avere fiducia perchè la vita ha bisogno di essere vissuta, ed anche per Voi Giovani sorgerà il sole !!!
    ti saluto-

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