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Il Natale è tempo di adorazione di Gesù Cristo

23.12.2013, Articolo di Giovanni Corso

“Roráte coeli désuper, et nubes plúant iustum:/ aperiátur terra, et gérminet Salvatórem” (Stillate, o cieli, dall’alto la vostra rugiada e le nuvole piovano il giusto: si apra la terra e germogli il Salvatore) – Introito IV Domenica di Avvento.

Le mille luci avvolgono il tempo di Natale. Le strade illuminate ed addobbate a festa sembrano preparare l’ingresso ad una persona. Tuttavia, questo gran viale illuminato spesso non lascia attraversare chi veramente sta per arrivare. E’ giusto vivere anche l’aspetto esteriore del Natale, fatto di regali, pranzi e momenti di spensieratezza, chiediamoci però quanti di noi cercano il significato reale del Natale: adorare Gesù che nasce.

Dobbiamo riconoscere che Gesù è nato realmente, inscrivendosi in un periodo storico determinato: l’impero romano. Durante questo impero la Pax Augusti fu un momento memorabile. Tutte le guerre civili cessarono, e l’impero attraversò un momento di pace politica, sia pur transitoria. L’imperatore Augusto, designato come il nuovo sole, era riconosciuto come una divinità. Tuttavia, un sole diverso stava per spuntare in Oriente: Gesù, non più sole effimero, transitorio, bensì Sol invictus. La nascita di Gesù traccia un nuovo percorso cosmico, ristabilisce il normale tragitto del sole, dall’Oriente verso l’Occidente. L’aspetto cosmico non è da sottovalutare, perché definisce l’impatto universale di Gesù, che va al di là. L’avvento di Cristo abolisce la visione orizzontale dell’uomo, caduto nella morte con Adamo, per tracciare una rinnovata visione verticale della vera vita, verso il Cielo: la vita eterna.

Alla Pax Augusti si contrappone quindi la Pax Christi, destinata ad incidersi definitivamente nel cuore di ogni uomo per offrire una pace duratura. La Pax Christi non è un movimento politico, non offre soluzioni tecniche per i popoli belligeranti. La Pax Christi richiama ogni uomo all’amore universale. La Pax Augusti è tanto distante dalla Pax Christi quanto il cielo sovrasta la terra. Tuttavia Gesù non si contrappone ad Augusto, gli obiettivi sono così diversi, come Egli stesso chiarisce: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Lc 20,25).

Ma Gesù era un rivoluzionario? Era un sobillatore di popoli? No, Gesù non era un rivoluzionario. Il Gesù storico, spesso (ahimé) rivendicato come uomo rivoluzionario da movimenti politici del secolo appena trascorso, non ha motivo di esistere. Gesù non è venuto per abolire l’antica legge, ma per portarla a compimento. Il Gesù storico ha motivo di esistere solo se in Lui riconosciamo il Gesù della fede, cioè il figlio di Dio. Se vediamo Gesù come un personaggio politico di quel tempo, rimane uno dei tanti, la sua missione si svilisce e non troverà spazio definitivo nella storia. “Ravviva la tua fede. – Cristo non è una figura del passato. Non è un ricordo che si perde nella storia.

È vivo! “Iesus Christus heri et hodie, ipse et in saecula” – dice San Paolo – Gesù Cristo ieri, oggi e sempre!” (S. Josemaria Escrivà).

Questo concetto viene chiarito pienamente in quel tratto del Vangelo che descrive il ritrovamento nel tempio di Gesù tra i dottori. <<Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”>> (Lc. 2, 48-49). Qui Gesù chiarisce una volta per tutte la sua vera paternità, Dio Padre. Questo è il Gesù della fede.

Qualcuno giustamente potrebbe obiettare: che cosa ha realmente portato Gesù con la sua nascita? I problemi nel mondo non sono stati risolti nonostante l’avvento di Cristo. Nel libro “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI, troviamo la risposta più idonea a questa domanda, tanto semplice quanto vera: Gesù ha portato Dio. E’ necessario ricordare che nell’antico Testamento, Dio era inaccessibile all’umanità, per vedere Dio bisognava morire. “Voglio vedere Dio! Ma per vederlo bisogna morire” (S. Teresa d’Avila). Mosè sull’Oreb durante il pascolo vede un roveto che brucia senza consumarsi, tra questo roveto Dio si rivela, tuttavia Mosè si copre il viso perché la divinità era inaccessibile agli occhi dell’uomo.

Oggi, con la nascita di Gesù, non abbiamo più paura, perché vediamo il suo volto, vediamo liberamente Dio.

                                                                                                       

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