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Antonio Manganelli, portatore di grandi valori e grandi virtù

15.12.2013, L’intervento di Federico Lenzi (Convegno a Bagnoli in ricordo di Manganelli)

Buonasera a tutti e grazie per essere venuti!

Innanzitutto ci tengo a complimentarmi con i ragazzi delle medie per la loro spontaneità che coglie nel segno. Questa spontaneità negli adulti viene spesso sostituita dall’ipocrisia..

Quella di zio Antonio è una figura che mi ha sempre affascinato, anche se ho avuto il piacere d’incontrarlo una sola volta di persona: tre anni fa proprio qui a Bagnoli. Sua mamma era originaria del nostro paese e quindi lui spesso veniva a Bagnoli per la sagra o la festa dell’Immacolata. Quindi quando Giulio Tammaro mi ha proposto di organizzare un evento legato alla sua personalità ho subito accettato e con il suo aiuto abbiamo organizzato questa manifestazione. All’inizio sembrava impossibile, eppure nonostante tutto questa sera siamo qui!

Io vorrei iniziare con la lettura di un passo del suo libro:”Questo libro è una storia d’amore. La storia d’amore con un mondo, con un mestiere, con un modo di vivere, con una grande famiglia. Una storia d’amore nasce ogni giorno e va oltre la vita”. Così l’autore definisce il suo libro: una storia d’amore per il suo lavoro. Un amore che trasuda da queste pagine di facile lettura, ma allo stesso tempo molto intense. Amore per un mestiere che era diventato la sua vita e che ha svolto fino all’ultimo giorno, una passione per la Polizia che è rimasta immutata nonostante la grave malattia da cui era affetto. Questo libro è stato scritto in uno dei momenti più bui della sua vita. Un momento che tutti dovremo affrontare prima o poi. Un momento in cui ci troveremo a tu per tu con la nostra coscienza e ci sfileranno davanti tutti i fotogrammi della nostra esistenza. Da qui, parte un viaggio nel passato per raccontare al mondo chi era: i suoi pensieri, i suoi ideali, le sue emozioni, le sue paure e la sua vita. Non vuole raccontare la sua splendida carriera, le imprese, gli onori e i riconoscimenti. Rifiuta queste effimere formalità per parlare invece dell’essenza della sua personalità. Questo dimostra l’umiltà di una persona che nonostante fosse arrivata al vertice, non aveva dimenticato le sue origini, non aveva dimenticato di essere partita da zero e con impegno e dedizione era riuscita a coronare il sogno che aveva sin da bambino. Lui, in questo sogno ci ha sempre creduto e contro tutto e tutti è riuscito a realizzarlo. Spesso a questa età capita che la vita ci scivoli addosso, che ci si soffermi su cose insignificanti tralasciando ciò che più conta. Ognuno di noi sente la forza di combattere per qualcosa, per un ideale. Ognuno combatte la sua guerra e questo qualcosa per cui combattere zio Antonio l’aveva trovato nella legalità, nel lottare per la giustizia, nel lottare per la Patria, a difesa dei più deboli. Nessuna battaglia però è facile e molto spesso nel corso degli anni questo slancio idealistico va esaurendosi. Ma in Manganelli no! Lui stesso confessa nel libro che è un lavoro durissimo quello del poliziotto: un lavoro che ti ruba anima e corpo, che ti costringe a sacrificare famiglia ed amici, a passare notti insonni e spesso non è neanche apprezzato. Eppure zio Antonio si considera un albero che ogni anno ringiovanisce, ritrovando le energie per non cedere alle difficoltà anche quando il cammino per la verità si fa ripido e tortuoso. E’ un eroe contemporaneo che fa il dovere per il dovere, con un grande senso di giustizia, che sacrifica e rischia la propria vita ogni giorno, ma resta nell’ombra. L’autobiografia a suo parere era pura presunzione. Era un gesto che preludeva la morte a cui non voleva arrendersi, perché amava la vita! Anche se la sua era particolarmente dura è sempre stata una persona allegra e gioviale, sempre pronta a regalare un sorriso.

La sua vita irrompe spesso nel racconto delle indagini sul delitto De Capraris. Spesso i flash-back di una vita spesa nella Polizia di Stato, nella lotta alla mafia, hanno il sopravvento e la narrazione si fa più profonda e personale. Manganelli ritorna molto spesso col pensiero agli anni 90’, al periodo stragista della mafia, a Palermo: città difficile, a cui è rimasto profondamente legato. Gli anni più intensi della sua carriera si sono svolti proprio qui, dove ha collaborato con Falcone e Borsellino e dove poi si è ritrovato come questore a lottare contro un nemico di un indescrivibile efferatezza. Non può far a meno di ricordare gli odori, i sapori, i colori del capoluogo siciliano; ma sono rimaste impresse nella sua memoria anche le intimidazioni per aver indagato su un potente locale in affari con i mafiosi e la bomba fatta esplodere nel cuore della notte da un nemico che non avrebbe risparmiato neanche le persone a lui più care. Dopo aver raccontato quest’episodio, un senso di delusione pervade Manganelli: costretto a lasciare la città per l’incolumità di chi gli stava accanto. Delusione per uno Stato che in seguito ha persino trattato e fatto affari con i suoi nemici. Questa è la vera storia di Antonio Manganelli, un uomo che come Falcone e Borsellino ha speso la sua vita nella lotta alle mafie. Una lotta che impegnava tutto se stesso. Come Manganelli ci sono tanti altri uomini senza volto e senza nome che ogni giorno combattono una silenziosa guerra per un’Italia migliore! Eroi senza gloria e senza grandi riconoscimenti! Perché quello del poliziotto, come dice il prefetto Manganelli, è un lavoro al servizio di tutti e servo di nessuno. Questi sono i veri eroi dell’antimafia, non coloro che si vantano e spesso, come dimostra la cronaca di questi giorni, si rivelano dei veri e propri criminali. Il libro svela anche il lato più umano di zio Antonio: il grande amore per la moglie identificabile nel personaggio di Sabina a cui dedica molte pagine, i rapporti con i veri pentiti e l’affetto per i colleghi. “Il sangue non sbaglia” insegna anche un metodo d’indagine certosino e scrupoloso che lo porta ad indagare su tutte le piste possibili e persino a sporcarsi le mani per frugare nell’immondizia di un sospettato! Singolare è il suo rapporto umano e sincero con un mafioso siciliano realmente pentito, che in Manganelli trovava un amico sincero sempre pronto ad ascoltarlo (nonostante la carica che ricopriva). Da questo episodio traspare la bontà d’animo, di una delle poche persone veramente giuste che si possono incontrare su questa terra. Manganelli scrive di getto e le emozioni finiscono per travolgere lui ed il lettore nel raccontare il triste destino di un collega di lunga data ucciso durante una banale perquisizione alcuni giorni prima del Natale. A questo punto viene affrontato il tema della paura che per quanto si possa negarla resta una costante sempre presente nell’essere umano, ma di questo ci ha già parlato il vice questore Rafaniello.

A parole chi di noi non si farebbe portatore dei grandi valori e delle grandi virtù che troviamo nella figura di Antonio Manganelli? Tutti, almeno lo spero… eppure, nel mondo odierno regna l’ingiustizia e l’egoismo! Nella nostra stessa nazione è presente un’anomalia: continuiamo a chiamare onorevole gente strettamente legata alle mafie, gente che ha contribuito (in un ottica che prepone il valore del denaro a quello della vita umana) ad avvelenare le nostre terre, a rallentare la nostra economia, a far circolare la droga tra noi giovani, a uccidere gente innocente e a seminare il panico in intere città! Questa gente rappresenta noi e la nostra nazione, percepisce elevate retribuzioni, gode di svariati privilegi e per di più è chiamata onorevole! Ma quale onore? Onore per cosa? Quando lo stesso Manganelli fu persino accusato ingiustamente di corruzione, perché si voleva screditarlo per le compromettenti indagini che stava svolgendo! Si chiama onorevole chi è legato alla mafia e spesso si getta fango sull’operato di chi ha lottato contro le mafie! In Italia ci indigniamo per il parlamentare che compra il quotidiano con i soldi pubblici e non per il faccendiere che collabora con i mafiosi! Siamo noi cittadini quindi i primi responsabili andando a votare schieramenti che propongono personalità legate al cancro che distrugge la nostra nazione! Fino a quando il popolo non dirà no alla mafia e continuerà a lasciare che s’infiltri nel tessuto sociale grazie all’omertà, essa continuerà ad esistere. Se continuiamo a permettere ciò, a farci rappresentare da chi è amico dei mafiosi che cosa siamo venuti a fare qui stasera? A prenderci in giro? Legalità a Bagnoli significa rispettare la regole, come ad esempio: raccogliere legna, funghi e tartufi solo se si è autorizzati nel periodo e nelle quantità stabilite, non gettare rifiuti nei “monnezzari”, non evadere le tasse, non appropriarsi di suoli pubblici, non parcheggiare in seconda fila e tanto altro. La legalità si fa con tanti piccoli gesti quotidiani volti a rendere il mondo un posto migliore. La legalità parte da noi! Tralasciando le piccole cose poi nascono le grandi: la mafia. La mafia esiste ancora: proprio ieri sono state arrestate ben trenta persone per associazione mafiosa e il boss Riina dal carcere minaccia di morte l’attuale magistrato di Palermo Di Matteo. Bisogna dare il giusto peso alle cose e la legalità è una di quelle che più conta. Antonio Manganelli, il ragazzo di origini bagnolesi partito da Avellino con un sogno e giunto ai vertici, è un esempio di ciò, un esempio da seguire, un vero esempio di legalità!

                                                                                                       

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