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Il cinipide “prende in castagna” l’Alta Irpinia

12.11.2013, Intervista ad Adamo Patrone, Presidente provinciale dell’Associazione Italiana Coltivatori (da “Fuori dalla Rete” – Novembre 2013, Anno VII, n.5)

“Fate presto” è il grido d’allarme dei castanicoltori irpini, oggi come trent’anni fa, quando a mettere in ginocchio l’Irpinia, fu il terremoto, un aiuto da parte delle istituzioni è indispensabile per non far morire una provincia che sulla castagna ha da secoli basato la sua economia.

E chi più di  Adamo Patrone, Presidente Provinciale dell’Associazione Italiana Coltivatori, da diversi anni ormai in prima linea nella lotta biologica al cinipide, può darci informazioni utili su un argomento che tocca indistintamente un’intera comunità.

Presidente parliamo della crisi che ha colpito la castanicoltura Irpina,  qual è la situazione produttiva castanicola per quest’anno?

La produzione castanicola quest’anno si attesta a valori allarmanti. L’annata 2013 ha visto un crollo del 90/95% di prodotto, passando da una media di produzione dell’areale I.G.P. della castagna di Montella di circa 30 quintali per ettaro (dato riferito all’annata produttiva 2010) all’avere quest’anno circa 1,5/3 quintali per ettaro. Dati che fanno riflettere come il settore castanicolo è in ginocchio.

Legata a doppio filo con la produzione di castagne, è la sopravvivenza di intere comunità, questa crisi quali effetti avrà sul sistema produttivo e occupazionale in Irpinia?

Si consideri che il comprensorio dell’areale I.G.P. della castagna di Montella, cui ricadono comuni come Bagnoli Irpino,Montella, Cassano Irpino, Nusco, Volturara, Montemarano e Castelvetere sul Calore, vantava una produzione di circa 85000 quintali di castagne, rappresentando il 30% della produzione castanicola campana e assicurando all’incirca 24000 giornate lavorative annue suddivise tra circa 2000 salariati avventizi, le cui mansioni si identificavano tra pulizia dei fondi, raccolta e prima trasformazione del prodotto Con il dilagare dell’infestazione del cinipide questi valori sono venuti meno in maniera  proporzionale al crollo della produzione. Quelle giornate che un tempo assicurava il settore castanicolo sono solo un lontano ricordo, e quest’annata ha visto la perdita di circa 1800 posti di lavoro. Un dato molto preoccupante, che avrà delle ripercussioni serie anche sugli altri settori, una reazione a catena che porterà alla crisi anche degli stessi.

Lotta biologica al cinipide qual è  la situazione al riguardo?

L’immissione in campo a pieno regime del Torymus Sinensis, l’antagonista naturale del cinipide, si è concretizzata solo quest’anno. Nell’areale I.G.P. della castagna di Montella quest’anno si sono avute circa 300 immissioni di parassitoide, ovvero in termini numerici analizzati, sono stati introdotti circa 36000 esemplari di Torymus Sinensis (21000 femmine e 15000 maschi). Nel comune di Bagnoli Irpino sono stati introdotti circa 5520 esemplari (3220 femmine e 2300 maschi), suddivisi in 46 lanci che hanno ricoperto tutta la superficie castanicola bagnolese. Negli anni passati il Torymus Sinensis era già stato introdotto nel nostro territorio ma le cifre erano davvero irrisorie, infatti per il triennio 2010-2012, si contano circa 12 macroimmissioni. Valori troppo bassi, per contrastare l’abnorme supero si popolazione cinipidea.

La lotta biologica comporta tempi lunghi e si inizia a parlare con insistenza di intraprendere un’altra strada, quella della  lotta chimica. Qual è la sua opinione in merito?

Per quanto mi riguarda credo che la lotta chimica sia un metodo obsoleto, in quanto difficile da effettuare in tutte le zone castanicole del comprensorio, ma soprattutto per i notevoli costi cui il castanicoltore si trova ad affrontare, sia di natura economica ma in particolar modo, l’impatto che i trattamenti chimici possono avere sulla salute dell’ambiente e sulla salute dell’uomo. Il nostro territorio è un territorio carsico da cui si alimentano i principali acquedotti del sud Italia. Tutto ciò che non viene sintetizzato dalle piante nel soprassuolo, finisce nel sottosuolo, ovvero nelle nostre sorgenti, ovvero nell’acqua che noi stessi beviamo ogni giorno. Ma non solo, i nostri castagneti sono fonte di produzione di svariate varietà di prodotti di sottobosco, cui il porcino che tutti ci invidiano. Siamo matrici di prodotti biologici che troviamo spesso sulle nostre tavole, sarebbe un peccato rinunciare a tali delizie.

Purtroppo, nota dolente è il tempo cui impiega la lotta biologica per produrre dei risultati significativi. Le notizie che ci arrivano dal Piemonte sono incoraggianti e scoraggianti allo stesso tempo. Con il piano di lotta avviato nel sud Cunese nel triennio 2005-2007 con il Torymus Sinensis, ad oggi i valori di parassitizzazione del cinipide si attestano al 75/80% mentre la produzione ha raggiunto quest’anno valori oscillanti tra il 40/45%. Anche se ormai le galle bisogna andare a cercarle, purtroppo la produzione non è proporzionalizzata alla parassitizzazione. Sintomo che ci fa capire come la pianta sia ancora molto sofferente per l’infestazione avutasi.

Quindi che fare? Di mia opinione credo che l’ausilio del Torymus sia indispensabile per il controllo biologico del cinipide, ma credo anche che la pianta vada aiutata anche diversamente, con delle prove di concimazione mirate e perché no anche con dei trattamenti biologici mirati a base di fitormoni vegetali sintetizzati. Ma solo la ricerca ci potrà dire la reale efficacia di tali trattamenti.

Quali sono le prospettive per il comparto castanicolo?

Le prospettive sono tutt’altro che rosee. Purtroppo ci aspettano anni bui, con la produzione che sarà un continuo oscillare, ma rimarrà a valori nettamente inferiori ai nostri vecchi 30 quintali per ettaro. Il piano di lotta triennale al cinipide iniziato a pieno regime nel 2013 deve continuare fino al 2015, altrimenti ciò che abbiamo iniziato ci servirà a ben poco. Incrementare le immissioni dell’antagonista, per arrivare ad un equilibrio nel minor tempo possibile, è uno degli obiettivi che dobbiamo porci, ma considerando anche che la pianta va curata, va aiutata in senso strettamente agronomico, apportando le sostanze necessarie ad evitare il depauperamento della stessa. Dobbiamo abbandonare la convinzione che il castagneto è solo un pozzo cui attingere una volta l’anno. Il castagneto è un habitat naturale che va vissuto, curato ed amato, non possiamo pensare che ad un malato possiamo solo chiedere e non dare quando ne ha di bisogno, sarebbe l’apoteosi dell’assurdo. Gli anni a venire saranno anni complicati, poiché con la produzione che si attesterà a valori critici,le importazioni estere potrebbero essere l’unica soluzione per non uscire dai  mercati, prodotti senza tracciabilità invaderanno le nostre tavole, la nostra varietà sarà surclassata da varietà di qualità magari minore magari maggiore. Tutto ciò in senso strettamente ambientale  potrebbe portare all’abbandono delle stesse superfici castanicole locali con gravissimi rischi di instabilità  idrogeologica del nostro territorio. La partita che si gioca ora è importantissima per le nostre e le generazioni successive, ne va dell’economia, della salute e dell’integrità ambientale della nostra realtà locale, purtroppo ci troviamo a fare i conti con un nemico che non è semplice da sconfiggere, ma facendo le giuste scelte, la vittoria potrebbe aversi in tempi medio-rapidi, basta impegnarsi concretamente insieme.

Giulio Tammaro

                                                                                                       

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