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In memoria di ANTONIO MANGANELLI, un servo della patria

27.03.2013, Articolo di Federico Lenzi (da Il Corriere del 25.3.2013)

«Caro zio, certamente da lassù leggerai queste parole e probabilmente, come sempre d’altronde, avrai il tuo sorriso stampato sulle labbra. Ricordo come fosse ieri quel triste giorno in cui t’incontrai al funerale della zia. Alcuni mesi prima, quasi per capriccio, mia sorella aveva voluto invitarti alla sua prima comunione e tu con grande umiltà e umanità, nonostante l’importantissima carica che ricoprivi, le avevi risposto con affetto e con un pensiero scusando la tua assenza per i tanti impegni.

Anche se avevi la sicurezza di una nazione da garantire appena arrivato ti ricordasti subito di mia sorella e l’andasti ad abbracciare subito dicendo: ”Ecco la mia piccola Maria- pia!”. Quando giunse il momento dei saluti ci lasciammo con la promessa che ci saremmo rivisti certamente in un’occasione migliore. In seguito un’orrenda malattia ti ha colpito costringendoti ad una dura lotta durata due anni che alla fine, quando sembrava avessi vinto, ti ha portato via.

Solitamente quando si diagnostica uno di queste malattie una persona comune si abbandona a se stessa o decide di fare delle cose prima di morire, invece tu zio hai continuato come sempre per la tua strada affiancando le cure al lavoro. Il tuo male l’hai affrontato a testa alta, come sempre, e nonostante le sofferenze e i dolori hai continuato con grande tenacia a svolgere il tuo lavoro con impegno e passione fino all’ultimo. Non ti sei mai voluto arrendere alla malattia, sei stato un gran lavoratore fino alla fine. Il senso del dovere ha sempre avuto il sopravvento sul male che ti affliggeva.

Amavi aprirti solo nelle passeggiate con Don Ciotti in cui confessavi le tue sofferenze, ma ribadivi la tua ferma volontà di continuare a perseguire ad ogni costo lo scopo della tua vita, il sogno che avevi fin da piccolo: sconfiggere i cattivi per un mondo migliore!

Tutti da piccoli avevamo un sogno, ma tu ti sei impegnato anima e corpo per realizzare il tuo. Il tuo lavoro era ciò che amavi fare, era il senso della tua vita, era qualcosa in più di un semplice mestiere. I parenti ricordano ancora quando facesti il concorso per divenire commissario di nascosto perché temevano per la tua vita e glielo dicesti solo una volta superato. Non hai mai avuto paura di nulla, dove gli altri si fermavano, dove gli altri temevano per la loro incolumità, tu eri in prima fila, eri sempre lì sul campo con una pistola in pugno pronto ad acciuffare i latitanti in qualsiasi momento e in qualsiasi posto. A Palermo, a Napoli, in Calabria, eri sempre lì in prima linea a combattere i nemici dello stato.

La passione per il tuo lavoro non aveva limiti: dopo essere stato a Firenze e aver posto fine ai rapimenti, a Roma avevi stretto rapporti con gli americani, conosciuto Falcone e introdotto nuovi metodi d’addestramento. Eri andato persino in America a prendere il pentito Buscetta per il maxi-processo e avevi introdotto il programma di protezione dei testimoni.

Il tuo lavoro ti coinvolgeva a trecentosessanta gradi: quando ancora non eri sposato un boss dopo la cattura ti affidò la moglie e i figli, perché sapeva eri una persona dura con i cattivi e mite con gli innocenti. Tuoi amici e tuoi colleghi erano nientemeno che Falone e Borsellino con cui hai fatto tanto per la nazione.

Zio, posso dirti che veramente hai scritto un pezzo della storia di questo paese e ci hai lasciato un mondo migliore. Grazie a te lo stato italiano ha vinto la guerra contro la mafia siciliana, in questi anni avevi colpito duramente la camorra e se saresti restato con noi ancora sono certo che avresti sconfitto anche la n’drangheta.

Ho sempre confidato e sperato che le cose si sarebbero risolte, sapevo che saresti ritornato a Bagnoli, che ci saremmo rivisti, perché eri un uomo di parola. Mai immaginavo che ci saremmo ritrovati al tuo funerale, non ci credevo, non era possibile, quando mi fu comunicata la notizia da un amico in gita stentavo a crederci fosse vera. Non è giusto che i migliori debbano andare sempre via subito. Forse sarà il Signore a chiamarli a sé perché questo mondo non li meritava. Si fatica ad accettare la tua scomparsa, ma alla fine è questo il volere divino a cui dobbia mo sottostare.

Ai miei occhi eri quasi un supereroe, non potevi cedere dinanzi la malattia. Eppure era questa la realtà. E’ stato difficile, confesso, farsi capace che fossi passato realmente a miglior vita. Sabato non potevo non venire a porgerti l’ultimo saluto, quella giornata è iniziata alle quattro per poter raggiungere nella tua Avellino che ti commemorava con il lutto cittadino il pullman per Roma. Per prendere quella corsa che come ben sai alle prime luci del mattino lascia la misera Irpinia portando via studenti con sogni e speranze e giovani che risalgono la penisola alla ricerca di un lavoro, di una vita autonoma.

Con la tua scomparsa l’Irpinia, terra povera economicamente eppure ricca di grandi personaggi, perde uno degli uomini più illustri che abbia mai avuto. A Roma quella calda mattina c’erano tutti, c’erano centomila persone tutte lì per te, perché eri un grande! C’erano tutti i tuoi colleghi in lacrime per cui eri un grande già quand’eri solo il capo, quei colleghi che anche se di basso grado andavi a salutare nelle ultime file e con cui amavi parlare chiamandoli scherzosamente “don”, eri il capo più umano che avessero mai avuto, tutti ti amavano e tu amavi ogni singolo uomo che era al tuo servizio, c’era tanta gente comune venuta a renderti grazie per quello che hai fatto per la patria, c’era la tua figlia di cui eri sempre stato tanto orgoglioso, c’era la tua affettuosa moglie, c’erano tutti i tuoi parenti, c’erano le più alte autorità dello stato italiano a cui hai insegnato che si può arrivare ai vertici restando quelli di sempre, restando umili uomini, c’era tanta gente che seguiva commossa i tuoi funerali in diretta tv, c’erano tutti quelli che hanno combattuto il male con te come Don Ciotti e Roberto Saviano e c’erano i tanti uomini dell’antimafia che come facevi te ogni giorno combattono, rischiano la vita, ma non cercano onori, non cercano gloria, preferiscono restare nell’ombra e fare semplicemente il loro dovere, essere cittadini esemplari.Anche papa Bergoglio ha sorvolato la basilica durante il rito funebre, probabilmente per darti la sua benedizione.

La tua scomparsa ha colpito tutti, persino Grillo che prova rancore per tutti gli alti funzionari dello stato non ha potuto far altro che elogiare una grandiosa persona come quella che sei stato, zio.

Ricordo ancora l’anziana zia Maria che quando andavi a fargli visita per lei era un evento di grande gioia, a dir poco memorabile. Tutti quelli che hanno avuto l’onore di conoscerti non ti potranno mai dimenticare, eri una persona speciale che ha cambiato la vita di molti e che aveva sempre un gran sorriso da regalare. La nonna ancora rimpiange quando solevi venire a Bagnoli, il paese di tua madre, portando la tua famiglia in occasione dellaa sagra e della festa dell’Immacolata. Prima di essere il capo della polizia, anche se ti definivi scherzosamente “sbirro”, eri l’amico di tutti, una persona aperta e cordiale.

Le infami scritte comparse sui muri di Milano sono solo atti vandalici opera di vili ignoranti che non possono essere definiti uomini in quanto non hanno avuto il coraggio di firmare le loro insulse affermazioni prendendosene la responsabilità! “La costituzione è la miglior arma per sconfiggere la mafia… la legge prima di tutto”, erano queste le cose che amavi ripetere, hai amato e servito la patria, sei stato un ve ro eroe di questa nazione, in ef fetti le tue esequie si sono tenute poco lontano dall’altare della patria. Nella tua breve vita hai saputo insegnarci tante cose: a credere nei nostri sogni e in noi stessi, a credere in sani e validi valori morali, a dare il massimo, a essere sempre al servizio del prossimo e a saper chiedere scusa anche per colpe non nostre con grande umiltà.

Si dice che geneticamente siamo tutti uguali, eppure tu avevi una marcia in più, eri davvero il numero uno! Che strana la vita, nella tua esistenza hai fatto tanto bene e te ne sei andato molto presto, mentre i malviventi che hai catturato che hanno fatto del male a molta gente continuano a godere di ottima salute. Questo può sembrare un paradosso, può sembrare un’ingiustizia, ma forse sei solo andato in un posto migliore, la tua missione su questa terra era terminata. Ora sarai lassù, chissà dove, a guardarci in compagnia di Falcone, di Borsellino, dei tanti tuoi uomini morti in questi anni e del tuo mito Giovanni Palatucci irpino come te.

Combattere la mafia ora tocca a noi che restiamo, tu ci hai lasciato un grande esempio da seguire. Come sempre il reale valore di u na straordinaria persona è stato scoperto solo quando è passata a miglior vita, ma in fin dei conti solo quando le perdiamo possiamo cogliere realmente il reale valore delle cose. Ciao zio e dal profondo del mio cuore ti ringrazio per quello che hai fatto per il popolo italiano, sono sicuro che mancherai a tutti noi»

                                                                                                       

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