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Bagnoli e il mistero della cripta della cattedrale

06.01.2013, Articolo di Federico Lenzi (da “Fuori dalla Rete”, Dicembre 2012, Anno VI, n.5 e da Il Corriere del 04.01.2013)

Lo studioso Gildo Parenti racconta dei ritrovamenti nel vano posto sotto il Coro e lancia un appello per salvare quei “pezzi” del patrimonio artistico bagnolese.

La cattedrale di Bagnoli Irpino, nata con l’ampliamento di una chiesa del nono secolo, progettata per ospitare il vescovo con tanto di palazzo a pochi passi (presso la fontana del Gavitone da cui sbuca un carpine) è indubbiamente tra le più belle chiese della provincia. Oltre allo splendido sagrato in stile barocco costellato di splendide opere d’arte, al di sotto troviamo un mondo di cunicoli e stanze che conservano i resti di generazioni di bagnolesi.

Il papato tra il settimo e il nono secolo per evitare i superstiziosi riti di sepoltura nati da usanze romane e germaniche impose che i morti fossero seppelliti nelle chiese o nei cimiteri adiacenti ad esse, ma con la venuta di Napoleone questa pratica fu vietata e spari del tutto. Stranamente molti secoli fà i cimiteri erano luoghi adiacenti le chiese in cui si era smesso di seppellire e dove si svolgeva la vita sociale del paese, come le odierne piazze.

La cripta della Chiesa Madre fu riscoperta lo scorso anno dal prof. Giuseppe Dell’Angelo e da suo nipote Gildo Parenti nel corso dei sopralluoghi resi necessari dallo studio “Bagnoli Irpino e le sue radici cristiane”. Ed è proprio Gildo Parenti a raccontare questa oscura metà della chiesa madre su cui non batte mai il sole.

Come avete avuto l’idea di esplorare la cripta?

«Innanzitutto l’idea è venuta a Giulio Tammaro e al sagrestano Pasquale Marzo che ringrazio, altrimenti non sarei mai sceso laggiù. Colgo l’occasione per ringraziare anche don Stefano Dell’Angelo che ci ha accordato il permesso di scendere. Non avevo proprio pensato di parlare di questo nel nostro libro».

Ci spieghi cosa si trova sotto il pavimento della chiesa?

«Molte cripte in generale erano usate per seppellire le persone importanti del paese, ma quelle di Bagnoli sono paragonabili a fosse comuni. La cripta di cui parliamo fu costruita con l’ampliamento della struttura tra il 1720 e il 1769, si trova sotto l’abside ed è formata da due vani: il primo che costituisce una stanza che si trova sotto il coro ed il secondo una vera e propria vasca di grandi dimensioni sotto l’altare. Un’altra cripta, molto più antica e appartenente al nono secolo, si trovava sotto il cosiddetto “cappellone” e giungeva fino al transetto sinistro. Inoltre, sotto tutto il pavimento della chiesa se levassimo la copertura in marmo del 1939 troveremmo tanti piccoli vani rettangolari in cui erano sepolti i morti».

Come si accede alla cripta?

«Per scendere bisogna recarsi dal coro ligneo dietro l’organo e scendere giù, lì si trova sul pavimento una grande lapide di marmo bianco a chiudere l’ipogeo. Questa apparteneva alla famiglia Bruno, non si sa perché venne presa questa lapide che per essere inserita fu in parte spezzata. Su di essa è inciso: ”Tolta dall’urna dell’illustre famiglia Bruno e trasportata dal basso per l’ampliamento del tempio , il dottor Nicola Bruno la pose nell’anno del Signore 1766”, questo comunque non spiega perché sia finita lì. La prima difficoltà è stata proprio rimuovere questa pesantissima lapide, il problema è stato risolto trovando un vecchio gancio nascosto in un angolo sul pavimento che si adattava perfettamente al foro che c’è su di essa. E’ impossibile riuscire a sollevarla con le mani come una qualsiasi altra lapide, solo grazie all’ausilio del gancio che fa quasi da chiave si può aprire».

Prima della costruzione della cripta dove finivano i morti?

«Anticamente quelli che abitavano nella parte bassa andavano a San Rocco o nei vani sotto il pavimento della chiesa madre, invece chi risiedeva nella parte alta era portato intorno alla chiesa di Santa Margherita (le sepolture giungevano fino all’odierna farmacia) o nei territori di San Domenico. Solamente durante la peste del 1656 per evitare contagi i morti erano seppelliti in fosse comuni in località Santa Barbara (vicino l’omonima chiesa), nel territorio dei frati domenicani (zona del campo sportivo) e in località Salsola che sorgeva vicino il burrone di Caliendo. Dal 1900 i defunti sono trasportati nell’attuale cimitero».

Con quali attrezzature siete scesi nella cripta?

«Siamo scesi con attrezzature improvvisate, perché sicuramente non avevamo progettato quest’esplorazione. L’esplorazione è durata soli venti minuti. Abbiamo utilizzato una torcia elettrica collegata a un cavo, perciò ci siamo dovuti fermare nella prima stanza e illuminare solo parzialmente l’immensa vasca sottostante, e una scala di ferro per calarci giù».

Può descriverci la cripta?

«Il primo vano è profondo all’incirca quattro metri, mentre il secondo lo è molto di più (la scala non sarebbe bastata per scendere ancora). Tutto il terreno è cosparso di resti umani, immondizia, ciottoli, legni e cocci. Nella prima stanza in cui s’accede appena scesi si trovano due mezzi-busti femminili in legno posti appositamente uno di fronte all’altro prima dell’ingresso alla successiva stanza. Queste statue sono in condizioni critiche vorrei tanto fossero recuperate, ma non credo si riesca più a restaurarle. Una non si sa cosa rappresenti essendo caduta a faccia in giù e l’altra rappresenta una figura femminile dalle mani appositamente mozzate e gli occhi cavi. Intorno alle due statue ci sono tantissimi lumini. Potrebbero raffigurare le cosiddette “piangenti”: sculture che avevano il compito di vegliare e piangere per i morti, legate a antiche tradizioni romane conservatesi nel meridione. Quest’usanza la ritroviamo anche nelle “chiangi-muorti” donne pagate per piangere ai funerali. Comunque questa è solo un’ipotesi. L’intera stanza è cosparsa di ossa ed in un angolo sono presenti cinque casse in legno colme di ossa. Dopo troviamo un’apertura che porta alla cripta vera e propria quella grande, un’immensa vasca sotto l’altare. La stanza era così grande che non sono riuscito a prenderla tutta con una foto. Dalla porta presumibilmente venivano gettati giù i morti insieme a del terriccio, oltre a questo sono stati gettati anche dei rifiuti durante i lavori del 1939 e una grande statua in legno alta un metro e mezzo o due situata sotto la porta d’ingresso rappresentante sempre una figura femminile. Presumibilmente la statua non servendo più fu gettata giù, questo spiegherebbe la sua posizione casuale. Per scendere in quest’ambiente c’è bisogno di una scala essendo molto profondo, non sappiamo se giù ci siano altre aperture o botole che si aprano al livello del pavimento essendo stato riempito. Sul soffitto vediamo una botola che si apre proprio dinanzi l’altare e sul muro opposto all’entrata ci sono varie aperture chiuse dalla terra. Una di queste dirimpetto alla porta d’ingresso di forma rettangolare (in cui potrebbe passare un uomo a gattoni) forse se ripulita potrebbe portare alla vecchia cripta situata lì vicino, ma è solo un ipotesi».

Cos’ha provato scendendo in questo luogo ?

«La prima sensazione appena sceso è molto strana, si poggia su un terreno molliccio come appena zappato. L’aria era molto umida e fredda. Più che paura ho provato una sensazione di rispetto e soggezione verso tutte quelle ossa. Comunque è stata un’esperienza sorprendente e molto interessante che non mi aspettavo per nulla».

Cosa si è fatto da allora?

«Io avrei voluto che fossero recuperati i due busti. Al momento non è stato fatto nulla, la cripta è stata richiusa e da quel giorno non ci è tornato più nessuno. Quelle statue fanno parte del patrimonio artistico bagnolese nascosto come i quadri tenuti in magazzino».

Prima di voi chi è andato lì per l’ultima volta?

«Credo che trenta o quaranta anni fa qualcuno scese lì sotto e pose dei lumini a quei due busti che vegliavano sui morti. Ma certamente la cripta è abbandonata da tanto tempo».

Come immagina la cripta tra dieci anni: visitabile ai turisti o così?

«Mi piacerebbe che un giorno quelle statue fossero recuperate e magari restaurate, se possibile. Credo sarebbe bello che i visitatori scendessero almeno nella prima stanza per vedere da una recinzione la seconda. Ho accettato quest’intervista proprio per lanciare un appello per salvare questi pezzi del patrimonio artistico bagnolese».

Nessun dubbio, dunque, che le cripte di Bagnoli disseminate in varie chiese costituiscano un pezzo del grande patrimonio artistico in parte da valorizzare e in parte ancora tutto da scoprire. Oltre a statue, lapidi e oggetti vari anche quelle ossa, se studiate, potrebbero dirci molto su com’erano i nostri antenati e come si viveva in Alta-Irpinia.

                                                                                                       

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