Il bosco e le sensazioni di un tartufaio
19.08.2012, Articolo di Angelo Mattia Rocco (da “Fuori dalla Rete” – Agosto 2012 – Anno VI, n.3)
L’attimo esatto in cui il sole fa capolino dalle montagne è quello giusto in cui si respira tutta la vita del mondo. Ascolti il fascino della bellezza, la natura, il suo risveglio e nel contempo nasce in te la voglia di esplorare. Per un tartufaio, un fungaiolo, un escursionista la montagna è uno stile di vita, un modo di essere, uno status. Conoscere le piante, i fiori, le erbe, i venti; appassionarsi al passare delle stagioni; osservare gli uccelli migrare. Il convivo di sapienza e di esperienza che nell’anima di chi cammina si accresce di contenuti ad ogni nuova uscita.
Dirò senza rimorsi, a chi magari reputa il passeggiar per tartufi un lavoro e non una passione, che questa nobile attività è forse ciò che più naturale e soddisfacente si possa ricercare nella montagna. E cosi, partendo prima dell’attimo descritto agli inizi, parte l’avventura dei boschi. Il mio cagnolino mi aspetta nel suo angolino e mi guarda pronto a saltare in macchina, la mia grinta e il mio desiderio di calpestare un manto di foglie secche e l’arrivo finalmente nelle faggete.
Ricordo di ogni mattina è quel rumore d’acqua che accompagna la mia partenza , quelle sorgenti che osservo cascare dai valloni , dove esemplari antichi di tasso baccato ti ammoniscono, quasi a volerti negare l’accesso.
Il cane si allontana, scalpita, inizia a fiutare, si gira e si rigira nell’aspettare un tuo cenno…e cosi iniziamo il nostro percorso. Ripido sentiero, faticoso attimo di avviamento, eppure il mio caro amico si inerpica scivolando nel fogliame e divertendosi a correre come un forsennato. In quegli istanti, alla vista dei boschi di Ontano che lasciano spazio alla pura faggeta, la mia voce richiama il mio fido compagno e la incita alla cerca. – Trova!- esclamo con decisione e a bassa voce, e cosi intravedo in quel batuffolo di pelo un’energia innata. Lo osservo correre sulle diagonali, alzare il naso verso l’alto muovendolo a destra e sinistra. Si ferma, assapora l’aria e quando scodinzola in poco tempo è in un angolino di terreno che ha individuato. Animale formidabile il cane, capace di percepire le particelle del fenolo a distanze ragguardevoli, con una facilità di individuazione e una cerca allegra e spensierata che lo porta con uno scatto rapido a scendere in un vallone.
Difficile seguirlo in quegli scatti d’orgoglio, eppure a distanza lo osservo con riverenza e mi appassiona vederlo fermarsi di colpo e restringere il campo, finchè il cuore batte a vedere la sua testa puntare il terreno e le sue zampe scavare.
Saltano le foglie, salta il terreno e comincio ad udire anche il rumore dei suoi denti su radici invadenti. Non posso avvicinarmi, rischierei di scivolare e in quell’attimo spero con tutto il cuore che cacci qualcosa dal terreno. E’l’istante più emozionante e un cavatore lo conosce bene.
Lo scavo è abbastanza profondo, sembra quasi che sotto terra non ci sia niente, eppure, quando ferma il suo lavoro, alza la testa e fra i suoi baffi spunta il tartufo, stretto fra i suoi denti. Il momento è magico, per le prime volte si teme che il cane possa divorare il tartufo, ma la sinergia tra il cavatore e il cane è pura, è forte. Con la preda nel suo muso si dirige con passo arzillo e cavalcante verso di me, io mi sposto in un luogo pianeggiante e al suo arrivo vedo cadere uno splendido esemplare di tuber mesentricum vitt, il tartufo nero di Bagnoli Irpino.
Continuando a seguire le imprese del cavatore a quattro zampe, mi accorgo che la montagna mi passa affianco con tutta la sua particolare bellezza e noto che in semplici escursioni mai avevo raggiunto questi luoghi e mai mi sarei soffermato su piccoli dettagli. Invece seguendo l’istinto dell’amico peloso,mi accorgo che oltre alla ricerca del tartufo riesco ad esplorare luoghi che probabilmente da solo non avrei mai cercato.
Allora diventa simbiosi perfetta con il mondo circostante e un agrifoglio, un acerno, un cerro, un nocciolo dimostrano la loro unicità che sembrava omologata a manuali e a indicazioni dottrinali.
Il ritorno è ormai alle porte, ho camminato tanto, mangiato al fresco di una roverella lungo il corso di una sorgente, la raccolta non è stata eccezionale…ma cos’è di più eccezionale della montagna epigea ed ipogea scoperta con l’ausilio di un fedele amico che rappresenta la guida più naturale e spontanea per la mia voglia di conoscenza!? La risposta è ovvia e scontata…”